Viviamo in un mondo molto complesso, che più progredisce e più diventa vulnerabile. Abbiamo creato un enorme castello di carte, dove basta toglierne una sola, per far crollare tutto quanto.
Nella giornata del Black Friday, una devastante epidemia colpisce la città di New York e in breve tempo tutti i servizi di base vengono progressivamente a mancare. Nel giro di pochissimi giorni, la carenza di cibo e acqua fa piombare la metropoli nel caos. Per risolvere l’emergenza, viene attivata un’unità segreta chiamata Division. Pur conducendo una vita in apparenza normale, i suoi agenti speciali sono altamente addestrati per salvare la società , operando in maniera completamente autonoma.
Questa è la premessa di Tom Clancy’s The Division, progetto molto ambizioso di Ubisoft che, dopo questo E3, ha finalmente una data d’uscita: l’8 Marzo 2016. Sullo showfloor della fiera losangelina, abbiamo avuto finalmente la possibilità di vederlo all’opera, toccandolo con mano. Abbiamo provato una sua modalità che vedeva il nostro team coinvolto nel recupero di oggetti chiave e di un’estrazione finale in un’area definita Dark Zone per la sua pericolosità .
Giunti nelle sue vicinanze abbiamo abbattuto nemici in continuazione, saccheggiandone i cadaveri in cerca di oggetti utili, come in ogni gdr che si rispetti.
Arrivati nella Dark Zone, gli sviluppatori presenti ci hanno avvertiti della possibile minaccia dovuta ad altri team, al momento neutrali, che avrebbero preso parte all’estrazione. Il succo è il seguente: il primo che arriva si assicura l’estrazione, gli altri devono combattere, decidendo se allearsi con altri team o rimanere sul filo del rasoio, con la consapevolezza di poter essere colpiti alle spalle in qualsiasi momento.  Ed è proprio intorno alla meccanica del tradimento e del gioco di squadra su cui si basa The Division. Sembra assurdo e paradossale dirlo, ma è cosi.
Quando si raggiunge la Dark Zone, il gioco ti pone di fronte a scelte non scritte e si è costretti a decidere se continuare sulle proprie o cercare il supporto in altri, fidandosi a vicenda e magari provando a comunicare, optando quindi per la diplomazia. Ci è sembrata una scelta di gameplay interessante e ben studiata, al momento. Passiamo al lato tecnico: downgrade who? Il gioco girava su una Xbox One e non ha singhiozzato neanche un secondo, nonostante si trattasse di una build piuttosto arretrata.
Graficamente il titolo è lodevole, con scorci notevoli e una qualità dei dettagli buona. Dal punto di vista del gameplay, le coperture funzionano sebbene abbiano bisogno di una limatura riguardo la precisione dell’input per mettersi al riparo. Infatti è successo una manciata di volte che il nostro personaggio sbagliasse copertura nonostante l’input fosse preciso; ci aspettiamo che nella build finale questi problemi siano acqua passata.
Tirando le somme di quanto visto e provato, siamo fiduciosi: considerando il tempo rimasto all’uscita siamo al cospetto di un prodotto con un gameplay solido, un buon feeling con le armi provate e siamo rimasti soddisfatti dell’evoluzione dell’ambiente circostante dopo i vari scontri a fuoco. Non ci resta che attendere la beta, prevista per dicembre e valutare i progressi fatti in questi mesi.
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