Oramai l’intrattenimento televisivo si è evoluto, con nuove forme di fruizione dei contenuti come lo streaming e le web tv. Anche i contenuti multimediali stessi subiscono una costante rielaborazione nell’ottica di conquistarsi nuovi consumatori. In questo senso, la narrazione tipica di prodotti televisivi e cinematografici sta andando in contro ad una fase esplorativa fatta di tentativi più o meno audaci, spinti per attirare l’attenzione dell’utenza. Per citarne qualcuno, Black Mirror è stato il primo ad inserire un’opera interattiva con Bandersnatch, franchise targato Netflix di grande successo. Dal 2018 a oggi è cambiato molto, ma le basi di quella volontà di ampliare gli impianti narrativi sono rimasti visibili non solo nel campo degli show, ma anche in quello videoludico. Questa voglia di offrire ai propri spettatori dei confini più ampi, si può individuare anche in Dark, serie televisiva tedesca del 2017 nota anche come I Segreti di Winden, nome del luogo dove si svolge la vicenda. Andiamo quindi a dare uno sguardo a questa saga, che ha riscosso un ottimo successo, entrando nell’ottica di individuare le coordinate e i canoni di questa azione riformatrice, che vediamo sempre più spesso nelle opere moderne.
Ottenuto il via libera da Netflix nel 2016, è stato avviato lo sviluppo dei primi dieci episodi della serie nello stesso anno, principalmente nei dintorni di Berlino. Con le operazioni di produzione continuate fino a marzo 2017, è stata poi la volta della prima esclusiva andata in onda sulla piattaforma del gigante dello streaming, con un ottimo feedback dal pubblico. Era naturale che la produzione sarebbe continuata anche in seguito, e così fu; nel 2018 sono cominciate le operazioni culminate l’anno successivo per la seconda stagione, seguita subito dopo da una terza e ultima in uscita quest’anno. Con un totale di 18 episodi attuali, il prodotto ha raggiunto ottimi traguardi, scatenando anche molte discussioni per i temi affrontati e la curiosa tecnica di intreccio della trama. I protagonisti sono il giovane Jonas Kahnwald (Louis Hofmann), lo sfortunato fratello minore Michael Kahnwald (Sebastian Rudolph), e tanti altri personaggi tra cui ricordiamo l’affabile Ulrich Nielsen (Oliver Masucci), il misterioso Noah (Mark Waschke) e la tormentata Claudia Tiedemann (Lisa Kreuzer). I destini di questi e di molti altri personaggi sono legati indissolubilmente nel loro passato, presente e futuro, in un apparentemente inarrestabile loop spazio-temporale ed ontologico che loro stessi hanno causato in tre cicli da trentatré anni ciascuno. Detto così suona in maniera piuttosto bislacca e curiosa, ma è la realtà dei fatti: in queste tre linee temporali parallele ed interconnesse, grazie ad un dispositivo ad anti-materia e una grotta fuori città (che passa curiosamente nel sottosuolo della vicina centrale nucleare), è possibile attraversare un varco spazio-temporale spontaneo che permette di spostarsi di 33 anni nel passato o nel futuro. In seguito alle azioni dei protagonisti, a volte volontarie, altre volte vittime del caso beffardo, la cittadina intera si trova ora intrappolata in questo loop. Si tratta di un vero e proprio “buco” nel tessuto del reale che dà luogo ad un ciclo infinito che non può essere interrotto.
Con Dark è lo spettatore che deve analizzare ed osservare, con cura, ogni fotogramma di ciascun episodio, dato che molto spesso questi sono colmi di riferimenti anche celati alle vicende successive. In questo senso, i contenuti thriller e drammatici contribuiscono ad arricchire una storia che prende ampi riferimenti anche dal mondo esoterico e fantascientifico, in modo da fornire al suo spettatore una storia colma di colpi di scena, teorie e verità nascoste. Gli attori sono tutti abili nel mostrare il loro stato d’animo, in un crescendo di tragedie e malumori, che si abbattono come in una tempesta nella quieta cittadina tedesca. Prima il giovane Michael, poi tanti altri scomparsi che lasciano nelle loro case un posto vuoto e i loro familiari preoccupati. Che succede a Winden? Questa è la domanda che tortura non solo i protagonisti, ma anche noi spettatori che tra un episodio e l’altro, ci ritroviamo con sempre più domande. Anche la colonna sonora ben studiata contribuisce a veicolare queste sensazioni di curiosità e dubbio, che sono la vera anima dell’impianto narrativo. Tuttavia, con spirito d’osservazione, intuito e tanta capacità di attenzione, è possibile cogliere i piccoli segnali che divengono verso la seconda parte della serie sempre più evidenti. Con il risveglio della coscienza dei protagonisti, avviene anche in noi un piccolo grande eureka, che fornisce la chiave di lettura dello show. Ed ecco che d’un tratto la narrazione diviene chiara e lampante, e tutte le domande che ci assalivano vengono placate… beh, quasi tutte. Perché Dark è quel tipo di contenuto che fa tesoro di un rewatch o di pause di riflessione tra un episodio e l’altro.
Insomma, con quest’opera siamo di fronte ad un impianto narrativo con pochi precedenti, che prendendo spunto da concetti legati alla fisica e ai paradossi. Ci mette di fronte ad un indistricabile matassa di persone, situazioni ed emozioni, che solo in un secondo momento ci è possibile scomporre e comprendere in modo lineare. Si tratta di un vero e proprio paradigma narrativo che in Dark non mette al centro la storia, ma il modo con cui questa viene consumata dal suo fruitore. Segno dei tempi che passano e del fatto che la creatività dell’animo umano è qualcosa in grado di trascendere anche il reale, vengono mostrate diverse linee temporali e realtà a contatto, in modo da dar luogo a qualcosa di nuovo e fresco. Ci sentiamo di consigliare questa serie a tutti quelli che se la sono persa, visto che quest’anno Netflix trasmetterà il gran finale, che darà una risposta a tutti gli interrogativi rimasti incompiuti.