I film sui videogiochi sono croce e delizia degli appassionati dei più svariati brand da generazioni. Forse, in realtà, sarebbe meglio togliere “delizia”, dato che la maggior parte dei lungo/cortometraggi con protagonisti personaggi di opere multimediali interattive sono comodamente inseribili fra i film più votati di ogni Razzie Award. Che, per la cronaca, premia i peggiori film di ogni anno. Eppure continuano, imperterriti, a comparire sulle locandine dei cinema come se fosse ogni volta il più grande evento della storia. Coraggiosi? Scriteriati? Ad ogni modo, non si può più negare che, da qualche tempo a questa parte stiano imparando. Si stanno evolvendo, i furbetti, accorciando le distanze tra loro e tutta la restante filmografia, grazie alla decennale esperienza in sonori fallimenti. “Il fallimento, il più grande maestro è” ci ricorda Yoda ne “Gli Ultimi Jedi”. E se la strada da percorrere è ancora lunga, prima di poter dire che un film videoludico è “bello”, di certo, quella lasciata alle spalle qualcosa deve pure averlo insegnato! …giusto?
I film sui videogiochi, i pionieri: sangue e trash
Doom, Mortal Kombat Annihilation, Street Fighter. Uno dei tre ha addirittura ricevuto una versione videoludica tutta cucita sul film (Mortal Kombat). Tre indimenticabili perle datate rispettivamente 2005, 1994 e 1997. Fanno parte di quel periodo della storia filmoludica (termine inventato or ora, ma che rende l’idea credo) durante il quale si pensava, vai a capire perché, che i videogiochi fossero un fenomeno trash. Violento e per adulti per giunta. Pertanto, tali dovevano apparire le pellicole ispirate a essi. O forse chi li ha pensati e girati non li riteneva nemmeno trash, non tanto quanto poi, in effettivo, sono stati recepiti. Certo, la triade di titoli a cui sono ispirati si prestava, in effetti, a essere rappresentata da effetti speciali terribilmente cheap, sangue finto a fiumi con cui inondare attori dalle prestazioni discutibili, trame più scontate dei panettoni a gennaio. Che sia economica o di convenienza registica, senza effetti speciali computerizzati il cheap horror era la soluzione più abbordabile per film che non avevano chissà quale aspettativa di pubblico. Eppure no, non è possibile prescindere dal vederli. Non se volete capire davvero l’evoluzione cinematografica cui abbiamo accennato nell’introduzione. O anche solo se volete farvi due risate in compagnia di amici. Ma non provateci da soli, non funziona altrettanto bene. Tranne che per il film di Super Mario: quello è sempre “meraviglioso”.
I film sui videogiochi, i mezzani: licenze cinematografiche e originali (sempre trash)
Ad un certo punto poi, giacché prendere videogiochi dalla trama troppo basilare pareva non funzionare, si è passati a provare storie più complesse. Ma no, non con quelle che si potevano sperimentare giocando, bensì, con sceneggiature del tutto nuove, inventate al massimo sulla base dei titoli originali. Nemmeno a dirlo, però, fino a un certo momento i titoli prescelti continuavano a far parte di un filone per adulti, infarcito di splatter. L’impressione è che, piano piano, la consapevolezza di star facendo notizia tanto più il film risultava trash si insinuò nei registi e negli sceneggiatori. Ne è una dimostrazione la deriva incredibile e vaneggiante della saga ispirata a Resident Evil, che negli ultimi capitoli prende una piega a metà strada fra “Sharknado” e “Tremors”. Non ci stavano più nemmeno provando, è evidente, a girare un film che valesse la pena di essere visto per meriti cinematografici: doveva essere brutto. Anzi, il più brutto. Solo così avrebbe avuto la chance di fare il giro e diventare bello. O, per lo meno, di essere visto per dire a tutti quanto il film fosse brutto. Ci piace pensare che anche Warcraft, film del 2016 ispirato alle storie del celebre gioco Blizzard, faccia parte di questa categoria. Ma no, purtroppo è semplicemente un film brutto. Costato parecchio, aggiungerei.
I film d’animazione
Warcraft aveva così tanti effetti speciali che praticamente era un film di animazione fatto e finito, ma stiamo parlando di un altro genere di film. Intendiamo lungometraggi alla Ralph Spaccatutto, che prendeva in prestito il linguaggio videoludico e i suoi attori per costruire una storia originale che con i videogiochi di partenza non aveva nulla da spartire, se non la popolarità da essi portata in dote. Perché un conto è una nuova IP di animazione con un grosso gigante che è protagonista di un videogioco arcade, un conto è se nel suo film, dal niente, appaiono Sonic, Pacman, Bowser e via discorrendo. Mario no, doveva essere ancora in riabilitazione dopo il film live action, è evidente. Per arrivare a esempi illustri, perché sì, entrambi i Ralph Spaccatutto sono decisamente dei bei film, si è dovuto però passare per esperimenti decisamente meno efficienti. Final Fantasy Advent Children funzionava, certo, e i fan di Cloud e Sephirot hanno ancora i capelli sulla nuca dritti al solo pensarci. Decidete voi se in bene o in male. Comunque, non sarebbe esistito nessun Advent Children senza precursori come… il primo film di Final Fantasy: The Spirit Within. Cosa aveva a che fare quel film con Final Fantasy? Gli studiosi stanno ancora cercando di capirlo. Giusto il nome, e basta. Di certo, non la qualità che contraddistingueva la saga quando la pellicola fu resa disponibile. C’è chi ha pagato per vederlo, sapete?
I contemporanei: un nuovo pubblico (volutamente trash)
Così è stato che, infine, ai giorni nostri i videogiochi hanno trovato il loro punto di equilibrio nel mondo del cinema. Anzi, i loro punti di equilibrio, menzionati già nei paragrafi precedenti di questa breve disamina sul genere filmoludico: il “volutamente trash” e il “citazionismo”. Con tutto quello che c’è nel mezzo, vero Pixel? Citazionismo volutamente trash, con Adam Sandler. E ho detto tutto. Un equilibrio precario, però, che vive ancora di occhi stretti e fronti corrucciate ogni volta che “sai che esce il film live action sui Pokèmon?” e la paura si insinua lungo i nervi tesissimi dei poké-fanatici. Che poi, a dirla tutta, sono stati in verità i veri miracolati di questa stagione, dato che Detective Pikachu è tutto fuorché brutto. Rimane però un velato trash di sottofondo, come una radiazione cosmica residua (che non ci dispiace troppo): ci siamo abituati ormai. Chi altri citare per questa nuova era dei film ludici? Senza dubbio Tomb Raider 2018, che al netto della perdita di Angelina Jolie e delle sue curve mozzafiato guadagna una trama più strutturata e rispondente alla controparte giocabile. E infatti, è in sviluppo un sequel della pellicola. A me (non linciatemi per favore) è piaciuto anche il nuovo Jumanji sapete? Sarà che ho una passione segreta per The Rock, sarà che è, ancora una volta, abbastanza trash da risultare entertaining. Sarà che, è probabile anche questo, i film videoludici di questa generazione funzionano semplicemente perchè… lo vogliamo noi. Li confrontiamo inconsciamente con il passato, li analizziamo, li destrutturiamo frame per frame, ed il risultato qual è? Che su Metacritic il film tratto dai videogiochi con il voto più alto di tutti è Angry Birds The Movie.
Un’epifania mi ha travolto, e vorrei travolgesse anche voi, perciò ripetiamolo insieme: i film tratti dai videogiochi di oggi, non sono poi tanto meglio di quelli di un tempo. Ci hanno preso per sfinimento, braccati rimpinzandoci con film trash finché non abbiamo scoperto che il trash ci piace. Certo, non avevamo altra alternativa! Hanno studiato quali generi avrebbero risuonato meglio con l’audience per un po’, ed alla fine hanno scoperto che avrebbero fatto prima a modificare i desideri dell’audience per renderli coerenti con i film che volevano realizzare. E ci sono riusciti, diamine. Sonic – Il Film non ha molto più peso di un qualunque film trasmesso la domenica su Italia 1. Ma eccoli là i fan urlanti: ad accapigliarsi su un redesign palesemente studiato per attirare attenzione, a discutere sulla prestazione di Jim Carrey, a dire che “beh il target sono i bambini, quindi il film è leggero per quello”. Sicuri? Sicuri, sicuri? Guardate che è un attimo: si inizia difendendo il film di Sonic, e si finisce che “in fondo Emoji Movie non era così male”. Insomma, non proprio.