Horse Girl Recensione

Horse Girl Recensione | Esiste una linea sottile tra illusione e realtà che, seppur uguale per tutti, varia a seconda della nostra percezione e sensibilità. Ognuno di noi ha in mente una propria “verità”, unica ed indissolubile. Perciò, una volta iniziata una comunicazione con un’altra persona, è facile trovare dei punti in comune, ma anche delle idee contrastanti, opposte. Sarah è una giovane donna indipendente, lavora in un negozio di tessuti, vive in affitto con la propria coinquilina ed ancora non ha trovato il proprio posto nel mondo. Tra allucinazioni ed eventi sconnessi, tenta di andare avanti, ritagliandosi – proprio come al lavoro – uno spazio che le appartenga realmente. Ma questo sembra sfuggirle man mano che sogna. Rapimenti alieni, dimensioni parallele, viaggi nel tempo o semplice disturbo mentale? Questo è ciò che si dovrà scoprire in questo bizzarro e purtroppo maldestro film Netflix.

Le doti attoriali di Alison Brie risplendono di luce propria, vere ed uniche basi solide su cui poter fare affidamento durante la visione. Fantastica protagonista dalle mille maschere che non le impediranno mai di esprimere al meglio il proprio ruolo. Altra grande interpretazione va attribuita a Molly Shannon, una vera ancora di salvezza non solo per Sarah, ma anche per lo spettatore stesso. Infatti, quando tutto verrà messo in discussione ed ogni certezza sarà privata, un unico personaggio riuscirà a rassicurarci. Il crollo psicologico viene rispecchiato al meglio non solo dagli attori stessi, che giocano con la mente di chi, passivo ascoltatore, si ritrova a porsi svariati quesiti, ma anche dall’ambiente circostante, un altro aspetto che riesce a suggestionare ed alimentare quella sensazione di non appartenenza e di continuo disagio. I momenti di quiete violentati dagli attimi di feroce instabilità risulteranno quasi sempre azzeccati, così come il comparto sonoro non riesce a restare semplice sfondo e domina gran parte delle scene, specialmente quelle dove si dovrebbe riflettere di più. Questa scelta vincente impedisce un pensiero fluente durante la visione e porta lo spettatore a soffrire insieme a Sarah. Ma, proprio come le fantomatiche forbici da sarta, sono una lama a doppio taglio. Se da un lato garantiscono un’immedesimazione tale da simpatizzare immediatamente con la protagonista, dall’altro limitano la comprensione della trama. Si avrà sempre l’amara sensazione di non star andando avanti e che in realtà non si arriverà da nessuna parte una volta finito il viaggio.

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Rapimenti alieni o disturbo mentale?

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Sebbene le premesse intriganti ed eccellenti con cui si veniva trasportati nella vita di Sarah, la pellicola porta con sé un costante velo di confusione. Volontaria o meno, questa porta ad un vero e proprio squilibrio che, con l’escalation finale, va a scemare più che a salire. In alcuni punti si sentirà la necessità di conoscere meglio dei personaggi che si allacciano alle origini della protagonista, accantonati come la sua salute mentale. Troppe volte ci si troverà a domandare se quello che si sta vedendo è un film introspettivo o fantascientifico e sembra che questa risposta manchi ad arrivare persino durante gli ultimi minuti della pellicola, dove generalmente i nodi dovrebbero venire al pettine. Partendo dalla certezza che si tratti di una patologia in inarrestabile crescita, ci si ritroverà a credere davvero più alla parte paranormale che scientifica. Questo però non è per forza un punto a sfavore: infatti, avere la possibilità di credere in ciò che si è percepito è uno dei punti fondamentali in Horse Girl, ma l’indecisione e l’azzardo della sceneggiatura possono solo che portare fuori strada anche chi avrebbe davvero voluto trovare risposte per se stesso.

L’espressività di Alison Brie è sempre toccante ed adatta ad ogni situazione, riuscendo a trasmettere più con i gesti che con le parole.

Il cambio feroce delle scene, in continua evoluzione, non è legato da un filo logico. Ovviamente, se fosse semplice intuire dove la trama si stia dirigendo si andrebbe a perdere quella sensazione di smarrimento e di intrigo, indispensabili sia al regista per far funzionare il film, sia allo spettatore per non annoiarsi. Il problema nasce quando il sottile intreccio che si stava andando a creare, fragile e geniale, viene sopraffatto da sequenze aggiuntive e sconnesse alla paradossale armonia con cui si era stati abituati in precedenza. È come se ad un certo punto, svelando troppo in fretta la direzione e l’ideologia della storia, la narrazione cessi il proprio flusso e riparta altrove, lasciando lo spettatore a bocca aperta, non in modo positivo.

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Vuoti di memoria e telefonate dal futuro impediscono a Sarah di riprendere le redini della propria vita.

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Horse Girl è un film che andrebbe visionato più e più volte per riuscire a trovare un vero e proprio significato che resti. Ma una volta conosciuto il finale, esageratamente troppo sopra le righe persino per la pellicola stessa, non si avrà di certo voglia di rivederlo. Questo è un grande problema perché titoli del genere necessitano di non essere scartati dopo la prima visione. Avrebbe avuto tutte le carte in regola per stupire positivamente chi davvero voleva assaporare l’incapacità di una persona affetta da una malattia psicologica, ignara della sua provenienza e indecisa su come combatterla. L’osservazione pseudoscientifica di Sarah della realtà che la circonda, e le decisioni che la porteranno verso azioni ambigue, intratterranno più durante l’inizio perché, seppur ancora sobrie, sembreranno le più plausibili data la sua condizione. Sfortunatamente, nonostante l’impegno del cast e dei tecnici nel creare un ambiente ostile e caotico, non resterà molto altro di cui discutere una volta terminata la visione.