Un vento caldo che accarezza il cuore. Questo è quello che si prova ad ogni visione di un film appartenente allo Studio Ghibli. Sarà perché il nome proviene proprio da questa descrizione – vento di Libia – o perché Hayao Miyazaki e Isao Takahata hanno impiegato la loro parte più importante per scrivere e disegnare quelle storie che noi ancora oggi ricordiamo come fantasie lontane. Sarà per lo stile essenziale, le poche ombreggiature sulle vesti dei protagonisti semplici e vivi. Sarà per le ambientazioni dipinte con colori vivaci, dettagliati fino allo sfinimento ma mai esagerati. Sarà per tutte queste piccole accortezze che si riconosce lontano un miglio quando qualcosa appartiene a questa famiglia giapponese. Per festeggiare l’arrivo di questi fantastici racconti sulla piattaforma digitale Netflix, ripercorriamone alcuni insieme.
L’amore per la natura è sempre stato uno dei temi fondamentali, caro ad entrambi gli autori. Con matita e penna hanno dato vita ad un universo fiabesco che, seppur popolato in maggioranza da mostri, creature fantastiche e spiritelli, ci ricorda comunque il nostro. Nonostante vanti di ben 21 perle, ognuna è unica e tutte racchiudono un messaggio positivo, mai scontato, né inutile. Sin dalla prima diffusione, quando ancora stavano sperimentando stile di disegno e di narrazione, già venivano raccontate storie semplici, alla portata anche dei più piccoli, ma con un significato costante. Nausicaä della Valle del Vento è stata la pietra miliare che ha trasmesso da subito questi principi, e difatti fu accolta dal pubblico ed acclamata dalla critica. Vero e proprio porto di partenza per quel lungo viaggio iniziato nel 1984 ed ancora non terminato. La lotta di una giovane ragazza per un mondo che non le appartiene ma che ama e vuole proteggere, ha ispirato gli anni ‘80 a credere di più nelle opere giapponesi. Adesso anche gli anime potevano trattare temi così seri, sensibilizzare gli spettatori e raccontare, tramite dei disegni in movimento, qualcosa di nuovo, maturo. L’antimilitarismo ed il pacifismo fanno da sfondo alla storia, gettando le solide basi su cui poi cammineremo durante la visione. Il femminismo puro di Miyazaki fa capolino per l’ennesima volta e servirà da spunto per le successive creazioni. Ragazze forti, scortate da compagni sensibili, divertenti e paradossalmente più “umani” dei terrestri stessi. Un’epica avventura che si ergerà come un faro attraverso il quale tutte le altre navi, salpate negli anni successivi, potranno guardare come riferimento.
Uno dei punti principali di ogni trama è che non esiste il male assoluto: gli antagonisti non sono cattivi per antonomasia. Spesso sono i personaggi più costruiti e dettagliati che ci restano maggiormente impressi e che ci fanno riflettere. Hanno molti punti in comune con i protagonisti e, se non fosse stato per alcune azioni estreme, la storia avrebbe potuto seguire le loro vicende. La cupidigia, il rancore, l’odio e la vendetta li spingono a comportarsi in modi alquanto discutibili e ad essere giudicati per i loro errori che, solitamente, sono uguali ai nostri. La ricchezza stessa può portare ad un’avarizia incontrollata che distrugge tutto quello che ci circonda. Ricordando vagamente un’Alice sperduta in un Paese di Orrori, Chihiro farà un viaggio all’interno della Città Incantata, trovando l’amore ed una purezza perduta dai suoi stessi genitori, adulti trasformati in maiali che mangiano per pura ingordigia. Una bambina che dovrà sopravvivere in mezzo a mostri, kami (dei) e creature tipiche del folklore shinto-buddista giapponese. Riscoprendo entità dimenticate dalla propria generazione e capendone l’importanza, la nostra eroina dovrà cercare di tornare a casa nonostante si trovi al di fuori dei confini della realtà. La simbologia della perdita del proprio nome, la crisi del bambino che deve crescere e la società impersonata da Yubaba che ruba la libertà di Chihiro chiamandola Sen (mille) come nulla tranne che un numero, riflette l’effetto del capitalismo sulla cultura tradizionale giapponese.
Miyazaki non giudica mai lo spettatore, non lo schiaffeggia con mondi troppo vicini al nostro. A volte è più facile far arrivare il proprio messaggio tramite opere di finzione. Ogni sua critica è guidata da pura e fragile poesia che, solo con la mente libera ed il cuore leggero, si può cogliere appieno. Uno dei maggiori esempi fu il Castello errante di Howl dove l’autore, disgustato dagli avvenimenti della guerra in Iraq del 2003, scrisse un vero e proprio messaggio molto pesante e conciso “La guerra è cattiva”. Ma senza veri campioni né rivali, quel che resta sono solo persone reali, umane e quindi in continua evoluzione. I personaggi ci vengono mostrati in un modo all’inizio e cambiano durante la narrazione, crescono insieme alla storia. Ne vengono influenzati nello stesso modo in cui le loro azioni modificano la trama. È un circolo virtuoso o vizioso – dipende dai punti di vista – che spiega come si possa essere sia artefici che succubi della propria vita, senza nemmeno saperlo. Anche la persona più gentile del mondo, con sani principi ed idee geniali si può trasformare in un mostro quando cerca di fermarne un altro. È l’inevitabile e straziante verità.
Quando C’era Marnie è stato l’ultimo prezioso gioiello dello Studio, nell’ormai passato 2014 che ha segnato un punto di arrivo ancora non ufficiale. Forse non assisteremo più ad una nuova opera di Miyazaki, anche perché questo film è stato scritto e diretto da Hiromasa Yonebayashi, seguendo i passi del romanzo di Joan G. Robinson del 1967. Altre notizie invece affermano che lo si stia già lavorando ad un nuovo progetto, oltre al museo ed al parco a tema in Giappone. Seppur si basi su una storia già scritta, questa pellicola viene parecchio influenzata dal pensiero Ghibli. Un’incantevole racconto, immersivo e dolce come un sogno. Il cambiamento, la fiducia e la scoperta della propria identità ritornano ancora una volta come temi principali ed accarezzano Anna durante il proprio viaggio. Entrando finalmente nel Cerchio Magico da cui lei era sempre scappata, riuscirà a trovare nuovi amici ed a conoscere meglio Marnie, la ragazzina misteriosa incontrata al chiaro di luna. Riflessa nelle acque azzurre della palude, c’è un’intera vita da scoprire e, quando si alza la marea, riemergono memorie influenzate da un incantesimo perduto nel fondale. Le luci della grande e misteriosa abitazione, lontana dal villaggio di Kissakibetsu, si accendono magicamente illuminando l’altra sponda. Traghettata in quella realtà, apparentemente concreta ed illusoria al contempo, sarà proprio Anna ad influenzarla e viverla in prima persona. Un magico percorso che la obbligherà a fronteggiare i fantasmi del passato ed a guardare al futuro.