Al di là del titolo volutamente provocatorio, siamo certi che la fine di Google Stadia sia ben lontana. A meno che non siate fra gli entusiasti supporter del progetto di Mountain View, vi sarete accorti che non c’è esattamente la fila davanti alle porte scorrevoli (virtuali) dello shop Google. Eppure farsi recapitare un controller e un Chromecast al costo di circa 130 euro non è esattamente un brutto affare; se poi ci aggiungiamo i mesi di abbonamento alla versione pro, con streaming in 4K dei videogame disponibili su Stadia al momento, risulta chiaro che il problema non è certo di convenienza economica “spicciola”. Nemmeno, però, può dirsi che il servizio non funzioni: “it works”. Certo, qualche piccola incertezza qua e là non mancheranno, il 4K non è proprio proprio “4K”, dato che con Destiny 2 (per citare un titolo, ma non è il solo) è stato dimostrato che ci si limita ad Upscalare, piuttosto che a renderizzare; in barba ai supercomputer giganti che immaginiamo essere il cervello e il cuore pulsante di Google Stadia, la realtà parrebbe essere decisamente più standard e meno favolistica. Almeno… per ora.
Molte delle promesse di Google Stadia sono ancora lungi dall’essere mantenute, come molti avevano sospettato già dai tempi dell’annuncio. Il pacchetto era fin troppo bello per essere vero, almeno fin da subito, data anche l’unicità dello stesso: una rivoluzione totale del concetto di “console”, nonché ultima e definitiva sublimazione del “gioco in digitale”. “La morte del mercato fisico” si era detto, seppur incrociando le dita, un po’ sottovoce, sapendo che in fondo l’erba cattiva non muore mai. Non possiamo ancora avviare o acquistare un gioco direttamente da un video su YouTube, né abbiamo la facoltà di giocare con rete mobile al servizio: solo wifi. Un wifi non necessariamente stellare, questo sì, che a patto di risultare stabile non tradisce le specifiche in termini di velocità richiesta e dati consumati durante la fruizione. 10Mbps corrispondono a 720p, 20Mbps a 1080p e 35Mbps a una definizione 4K, giusto per farvelo sapere; una connessione ethernet, però, è ancora cosa buona e giusta se rimaniamo in campo “streaming”: vi capita mai che addirittura Netflix lagghi sulle vostre fiammanti Smart TV? Ecco, appunto. Ma parlando di TV Smart, torna prepotente il dettaglio già citato poc’anzi: Stadia, per ora, è limitata alla fruizione su PC e Chromecast. Oh, e sui cellulari Google Pixel, almeno per ora. Un limite prepotente, che rimette sul piatto la necessità di un hardware specifico per fruire appieno del servizio e delle sue possibilità. Solo che ora non si tratta più di una console, ma di uno smartphone…
Poi ci sono loro, i giochi, veri protagonisti della vita di ogni giocatore e di ogni console. Riusciranno le esclusive del 2020 a far venire voglia di Stadia? O anche, riformulando, basteranno le esclusive del 2020 a far venire voglia di Stadia? Se analizziamo il target del prodotto/servizio in fondo, ci accorgiamo subito dell’evidente controsenso rappresentato dal fornire un servizio in streaming che ti fa, però, acquistare giochi completi in digitale, a prezzo pieno, senza promozioni di sorta o vantaggi evidenti al di fuori di un ancora limitato, ne abbiamo già parlato poco sopra, gioco in mobilità. Indubbiamente farebbe e farà bene (siamo certi che arriverà prima o poi) un abbonamento attraverso il quale unire la versione pro del servizio ad una libreria di titoli sempre disponibili, senza bisogno di acquistarli singolarmente, “come la Game Pass”, o se preferite, come Netflix. Certo è che anche la libreria a disposizione avrebbe bisogno di una rinfrescata, una ventata di varietà potremmo dire, garantita ai giocatori vogliosi di passare al lato oscuro (o luminoso, dipende dai punti di vista) del “videogame digitale”.
Ora come ora, infatti, la sensazione è che il servizio sia stato lanciato troppo presto, per paura di perdere l’onda emotiva generata dall’evidente desiderio dei videogiocatori di “salire di livello”, e assaggiare il futuro del loro media preferito. Nessuno può veramente esimersi dal confermare che Stadia, quella che abbiamo visto in azione in trailer e promesse di Google sia il passo successivo dell’evoluzione del media, una porta di accesso di facile avvio e senza astronomiche pretese sotto nessun aspetto, che conduca direttamente nei pixelosi mondi incantati che tanto desideriamo visitare, ovunque ci dovessimo trovare. Per non parlare del discorso ecologico, del risparmio sulle confezioni in plastica, della condivisibilità di una piattaforma che ci segue fluidamente adattandosi al recipiente nella quale la versiamo, sia essa un PC, uno smartphone, o una Smart TV. Altrettanto evidente, almeno stando a quel che Stadia è stata fino ad oggi, è che forse serve ancora un altro po’ di lavoro, non solo sul servizio in sé, ma anche sulla mentalità fin troppo ristretta di una parte del pubblico. Serve un altro po’ di Switch, forse, o di simili ibridazioni a fare da anello di congiunzione fra lo spietato e meraviglioso (lo dichiaro da collezionista n.d.r) bisogno di “copie fisiche”, di possesso, di toccare con mano; e l’utopistica, ma ormai visibile con il cannocchiale della mente, necessità di cambiare le modalità, di stravolgere le regole. Ci siamo quasi. Ci sono Microsoft con il succitato GamePass e ProjectXCloud, uno Stadia in salsa verde Xbox, ma con la possibilità di avere le console casalinghe di ciascuno di noi a fare da Hub, al posto di più distanti e meno tangibili server in U.S.A. C’è Nintendo, con Switch, diversa nella sostanza, ma uguale nell’essenza e persino Apple, con un servizio di abbonamento più casual, forse, ma anche per questo pericoloso come concorrente. Che fine farà, dunque, Google Stadia? La risposta, solo sui migliori dispositivi Pixel (?), sarà di certo disponibile a breve. Ma solo in streaming, è ovvio.