Darwin Project Recensione

Darwin Project Recensione | Se c’è un genere di opere multimediali interattive che è cresciuto molto nello scorso decennio da poco terminato, quello è sicuramente il battle royale. Chi non conosce PlayerUnknown’s Battlegrounds o Fortnite? Bisogna davvero aver vissuto sotto una roccia per molto tempo per non averli quanto meno sentiti nominare. Si tratta di una galassia molto variegata e competitiva, quella dei prodotti che si fregiano di questa etichetta; Darwin Project in questo senso è un nuovo concorrente fra i titoli che si contendono l’approvazione dei giocatori. Perché in questo periodo in cui i social sono sempre più prominenti, dove milioni di ore di contenuti vengono create e messe a disposizione gratuitamente sul web ogni giorno, i consumatori di tali sono divenuti una merce molto importante, difficile da fidelizzare e padrona indiscussa di un bene molto importante: la visibilità. Ecco come la necessità di smuovere le carte sul tavolo del mondo battle royale porta al bisogno di ripensare e rinnovare di continuo un meccanismo di gioco che, diciamocelo, nelle sue tante sfaccettature continua a cavalcare la cresta dell’onda; basta guardare i numeri di Fortnite o di altri prodotti simili per convincersi che questo genere videoludico funziona. Immediatezza dell’azione, rigiocabilità, strategie dinamiche e necessità di adattarsi alle condizioni dell’opera. Tutte caratteristiche stimolanti specialmente per i più giovani, in un fenomeno che non accenna a mitigare il suo potenziale dirompente. In questo senso, i ragazzi di Scavengers Studio tentano con Darwin Project, in uscita questo mese su PlayStation 4, di portare un nuovo elemento nella realtà del gameplay archetipico del genere, introducendo chi si interfaccia al titolo ad un contesto distopico-futuribile, con meccaniche survival e sociali. Sarà riuscito a portare una ventata di novità in platea? Scopriamolo subito.

La storia di Darwin Project ci parla di un tema che ultimamente fa molto discutere: il cambiamento climatico. Gli scienziati hanno individuato dei segnali chiari che lasciano presagire l’imminente avvio di una nuova Era Glaciale. Il mondo come lo conosciamo sta per precipitare in un sarcofago ghiacciato che non abbandonerà per molto, molto tempo. C’è poco da fare, o adattarsi o perire. Serve una soluzione, e gli scienziati la hanno. Si tratta dello stesso Darwin Project: un mix di esperimento scientifico e reality show ambientato da qualche parte nelle Montagne Rocciose Canadesi. I partecipanti a questo progetto sono dei prigionieri che vengono così istruiti e preparati all’azione, per poi venir paracadutati in un’arena assieme ad altri nove concorrenti. Sotto lo sguardo vigile del Direttore, che li tiene d’occhio attraverso dei droni, dovranno raccogliere le risorse necessarie a sopravvivere e battagliarsi ad oltranza finché non ne rimarrà solo uno. Questo dovrebbe permettere agli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale di calcolare il miglior modo per sopravvivere all’Era Glaciale, e così salvare l’umanità; insomma, bisogna sacrificare i pochi per salvare i molti. Una situazione che lascia spazio a molte riflessioni morali, su quanto sia più o meno giusto mandare letteralmente a morire degli esseri umani per permettere ad una macchina di salvarne degli altri. Ma c’è di più, perché questo esperimento non è solo quello, ma anche un reality show da non far per niente invidia ad Hunger Games. Non sono solo i concorrenti a ‘giocare’, ma ci sono anche gli spettatori da Twitch, quelli che seguono lo stream in live. Loro detengono un potere molto prominente all’interno dell’esperienza: infatti, con il potere della Democrazia, possono votare tutti assieme degli eventi speciali in gioco. Si passa da gesti benigni, come un lancio di scorte mediche o risorse, fino a armi terribili come una vera bomba atomica. Avete capito bene.

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“Ricordate: i primi a morire saranno i primi ad essere dimenticati…”

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Il gameplay di una tipica run su Darwin Project si sviluppa in questo modo: creando o unendosi ad una sessione o da soli o in team, si viene rimandati alla “dress room”; in pratica si tratta di una tipica lobby di attesa in cui i giocatori hanno modo di far pratica con i comandi mentre attendono che si connettano abbastanza persone per cominciare la lotta. Non appena la partita è pronta, si viene subito catapultati in azione. Le fredde mappe montagnose sono composte da sette esagoni che compongono altrettanti settori. Man mano che la partita progredisce, questi settori verranno man mano chiusi per restringere il terreno di gioco e spingere tutti i concorrenti a combattersi per concludere la partita. Si tratta di un’arena con risorse limitate. Quelle di cui hanno bisogno i partecipanti a questo scontro sono due: il legno e il darwinium. Il primo serve come combustibile, l’altro come power-up. Premendo un pulsante si accede ad un rapido menu di crafting che permette sia di costruire elementi che di migliorare i propri vantaggi. Si combatte con solo due armi: un arco e un’ascia. Una selezione davvero misera anche per un gioco così rapido ed immediato. Fra le varie opzioni, è possibile costruire un fuoco da campo per riscaldarsi, delle frecce da usare come munizioni a distanza, uno scudo di legno con cui difendersi da un singolo colpo e alcune trappole, oltre alla possibilità di lanciare palle di neve. In questo ambiente infatti non sono solo gli altri giocatori ad essere il nemico, bisogna temere anche il freddo che ridurrà una barra al lato sinistro dello schermo, quella del calore corporeo. La sfida di sopravvivenza è messa in atto principalmente da questa meccanica legata all’ipotermia, che darà luogo alla progressiva diminuzione della barra della vita fino al momento della morte del nostro personaggio. In questo senso, le meccaniche di sopravvivenza sono davvero scarne, escludendo la barra del calore corporeo. Non è possibile mantene quest’ultimo stabile se non quando ci si trova accanto ad un fuoco da campo, ecco la necessità di pianificare i propri spostamenti e le proprie azioni così da non depletare troppo rapidamente la resistenza fisica. In questa luce, si potrebbe decidere di adottare una strategia diversa, ovvero piazzarsi accanto al proprio fuoco e scagliare le palle di neve a tutti i nemici che tentano di avvicinarsi, così da velocizzare il loro processo di ipotermia e facilitarsi la sopravvivenza. O ancora, si potrebbe decidere di adottare un approccio di movimento costante fatto di piccole tappe ai vari fuochi sulla mappa, muovendosi costantemente in modo da non farsi individuare, e attendere pazientemente lo scontro finale con i propri nemici. Pianificare la propria strategia in relazione alle condizioni del terreno del campo di battaglia è divertente e rende l’esperienza sempre coinvolgente e dinamica.

Darwin Project
Muoversi sul terreno non è sempre immediato, serve pianificare con cura i propri spostamenti gestendo anche il proprio calore corporeo.

Attualmente all’interno del titolo sono presenti tre classi, rappresentate principalmente da tre strumenti: il jet pack che permette di spostarsi più agevolmente per la mappa ed eseguire facilmente degli attacchi ad aria davvero devastanti; il rampino che aiuta a muoversi in velocità e dona la capacità di afferrare i nemici in fuga per trascinarli di nuovo a noi; infine c’è il drone, che consente al suo operatore di individuare facilmente gli altri giocatori e interagire agilmente con l’ambiente del campo di battaglia, anche a distanza. Ciascuna classe si adatta ad uno stile di combattimento differente, fatto di strategie ben precise e un modo di vivere la partita diverso. Difatti, chi preferisce attaccare dalla distanza e mantenere sempre un vantaggio tattico potrà scegliere il jet pack per muoversi con rapidità e raggiungere i punti di vantaggio, da cui ferire a colpi di frecce acuminate i nemici. Chi è più portato per il corpo a corpo potrebbe preferire la classe rampino per i danni maggiorati nel melee e l’abilità di aggrappare gli avversari. Infine, chi preferisce una strategia più versatile e plastica punterebbe al drone per la sua capacità di tenere sempre d’occhio gli altri prigionieri e la chance di interagire più facilmente con l’ambiente. In questo senso c’è un po’ di tutto per ciascun tipo di giocatore, con la possibilità di potenziare e sbloccare nuovi modi di utilizzare il proprio accessorio man mano che si prosegue nelle partite.

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Con il suo stile rapido e adrenalinico, Darwin Project si presta al consumatore abituale di prodotti di foggia simile, offrendogli una freschezza tattica che cominciava a mancare nel panorama dei battle royale.

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Lo stile grafico disimpegnato e l’immediatezza dell’azione dell’opera contribuiscono ad accentuare il mood scanzonato del prodotto. L’ambientazione ghiacciata riflette l’idea della necessità di sopravvivere; si ha dinnanzi un ambiente ostile, dove ogni secondo ci si avvicina inesorabilmente alla fine della partita. In questo stato di natura Hobbesiano, tocca al fruitore districarsi all’interno dell’ambiente videoludico, apprendere la conformazione della mappa, riconoscere i suoni dei passi degli avversari, individuare rapidamente eventuali ripari e vie di fuga, fino alla fine della battaglia, colmi di adrenalina e pronti allo scontro finale con il nemico. Strutturalmente le mappe seguono uno schema e un aspetto sempre simile: spesso avremo a che fare infatti con ripetitive aree scoscese e montagnose, con la presenza di ponti e salite per permettere la navigazione. Altre volte ci si trova ad aver a che fare con vere e proprie faglie e burroni senza nemmeno un tronco abbattuto da utilizzare per superare l’ostacolo. Ecco che imparare la conformazione delle mappe può tornare utile, per evitarsi l’impossibilità della fuga dai nemici o da dei settori in fase di chiusura. Con elementi visivi e particellari ben riusciti, forse è il comparto sonoro a brillare di meno. Di conseguenza, in fase di azione non c’è molta varietà musicale, bensì viene lasciato spazio agli effetti sonori della tormenta e degli effetti ambience che contribuiscono a dare l’idea di un mondo freddo e duro, dove ogni secondo può fare la differenza tra vita e morte.

 

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