Dopo l’E3 2019, il mondo di CD Projekt Red non è più stato lo stesso. Il grande ingresso in scena di Keanu Reeves ha portato con sé una lunga serie di succulenti aspettative, oltre che a un potente marchio per il brand. L’universo di Cyberpunk 2077 non può che ammaliare, ora per l’atmosfera gradevolmente distopica, ora merito di un ruggente pattern di colori e luci da non sottovalutare. Il crescendo di emozioni ed inevitabile sensazionalismo ha lasciato comunque un alone di mistero intorno alla una anima RPG che, almeno fino ad oggi, grida vendetta per essere passata leggermente in secondo piano. Il team di sviluppo, già maturo in questo genere videoludico con la forte esperienza con i successi passati come The Witcher, ha ora cercato il balzo in avanti, modellando il proprio gameplay sulla duttilità di interazioni e la teatralità scenica. Al di là delle piacevolissime doti artistiche già palesate nei trailer ed edizioni precedenti, il pubblico è ora alla ricerca delle risposte tanto agognate sulla profondità ludica, avrà la Gamescom 2019 risolto qualche enigma?
Nei quaranta minuti di gameplay mostrati a porte chiuse sono emersi dettagli più che interessanti. Un breve ma decisivo excursus sulla possibilità di personalizzare ad hoc il nostro eroe V e la necessità di bilanciarne le statistiche per adatttarlo al proprio stile di gioco è solo la punta dell’iceberg delle potenzialità che il personaggio potrebbe a sprigionare. Nella colorata metropoli, vera protagonista di quanto abbiamo visto, il mondo rappresentato emana una vivacità unica: ogni NPC ha le proprie abitudini e la sua collocazione non è affidata al caso, garantendo un’armoniosità scenica decisamente variopinta. Laddove la città brilla di forti luci al neon, l’essere umano subisce un controverso processo di deumanizzazione: ora gli abitanti possono osare e sfruttare in prima persona i successi della biotecnologia. Ciò che traspare è comunque un’orgogliosa frammentarietà dei dialetti e del modo di vivere della popolazione, il tutto non è infatti altro che un baldacchino ben curato ed artisticamente esagerato dove far esibire il delirio futuristico. La nostra doppia anima di umano-cyber ha ovviamente un vertiginoso numero di privilegi, dalla semplice capacità di tradurre ogni tipologia di lingua, ad un più articolato sistema di combattimento, che finalmente (e possiamo dirlo con certezza) riesce a mettere a frutto il 100% delle potenzialità e i limiti della nostra fisionomia. Non meno importante lo spettacolare duello di cromatismi ed ombre che si infrangono sullo schermo, ove un tramonto o una banale luce ad intermittenza da bar, forniscono un grintoso realismo alla struttura fantascientifica dell’opera.
Le componenti ruolistiche si mostrano ora alla loro massima potenza, promettendo un larga godibilità ludica a lungo termine. Ogni volta che salveremo dai livelli, difatti, potremmo sfruttare dei specifici punti per riempire l’albero delle abilità strettamente legato al personaggio, che possiamo garantirvi essere fitto di poteri interessanti e apparentemente arduo da completare. Da elementi di puro classicismo ludico si prova ad osare spingendo l’acceleratore sulla flessibilità di gameplay che ci offre l’essere un agguerrito cyborg. La notizia bomba è infatti che in Cyberpunk 2077 puoi finire il gioco senza uccidere nessuno, ora merito di un dosato organo di scelte e decisioni che vi spiegheremo in seguito, ora merito di un fresco sistema stealth, che sfrutta le nostre doti da macchina per prendere il controllo di meccanismi di difesa o, ancor più significativo, eludere ogni forma di minaccia dalle armi ai dispositivi di sorveglianza. Usare estensioni del nostro corpo, hackerare minacce e sfruttare gli strumenti ambientali sono nozioni da apprendere il prima possibile se non si vuole rimanere intrappolati in un vortice di proiettili e metallo.
Quando è l’ora del dunque però, V non si tira indietro. Oltre ai vari equipaggiamenti che possiamo scovare nella mappa di gioco, la natura cibernetica del protagonista racchiude una vasta gamma di soluzioni belliche portentose. Da ciò che ho potuto analizzare anche il gunplay di Cyberpunk 2077 sembra essere apprezzabile, anche se non si toccano le vette del realismo a cui siamo abituati: il divertimento c’è anche se con qualche scontata sbavatura. L’intelligenza artificiale nemica appare ora significativamente più elaborata, merito dei riflessi da robot che li rendono difficili da sottovalutare. Sembra infatti che anche i nemici più comuni e apparentemente meno minacciosi nascondano delle armi segrete e questo non può che rendere il tutto variegato e stimolante. La stessa boss fight che ho visto nella sua intera sequenza non sembrava monotona o poco incisiva, ma suggeriva un plateale utilizzo della fantascienza per garantire un pizzico di brio in più. Non mi ha convinto, almeno per ora, la manovrabilità del personaggio a bordo delle vetture, talvolta legnose e non propriamente esaltanti, ma confido sia ancora in fase di collaudo. Ultimo ma non per importanza un sistema di scelta multipla dei dialoghi, la quale risposta avrà reali ripercussioni sulla nostra esperienza di gioco e, udite udite, verranno inserite nuove interazioni in base alla nostra abilità passiva. La natura del nostro personaggio infatti non influenzerà solo i poteri che saremo in grado di acquisire, ma aggiungerà nuove linee di dialogo in seguito alle decisioni, stratificando ulteriormente il gameplay.
L’attesa ha colmato le nostre lacune e i dubbi, mostrando un lato appena intravisto di Cyberpunk 2077. Sebbene la magnetica direzione artistica sia ancora saldamente alle redini dell’originalità e del successo del marchio, ora siamo riusciti a vedere oltre la patina dorata di CD Projekt Red. I ragazzi del team di sviluppo hanno dato prova di forza e di indiscutibile maturità nel campo degli RPG, riuscendo ad impreziosire il gameplay con l’elemento cyberpunk e non tenendolo come pretesto. Le svariate strade che sarà possibile percorre nell’opera, grazie sia ad una saggia rivisitazione delle scelte di dialogo, che merito di un calibrato parco di meccaniche chiave, offrono all’utente un’apparente libertà ludica e un eterogeneo studio dell’ambiente di gioco, ora più vivo che mai. L’ambientazione e il design dei singoli elementi mostrati convince oltremodo e vi lascerà addosso uno strano senso di appartenga, complicità di una straordinaria vitalità in eterno conflitto su schermo.
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