Quando fu annunciato durante l’ultimo Nindies Showcase in esclusiva Switch, Cadence of Hyrule – Crypt of the NecroDancer featuring The Legend of Zelda sorprese un po’ tutti, rappresentando il primo caso in cui una IP Nintendo tanto celebre fosse utilizzata da una realtà indipendente. Il titolo infatti è un crossover tra la serie creata da Shigeru Miyamoto e il rhythm game roguelike di Brace Yourself Games, team che si è quindi voluto cimentare in una prova piuttosto ardua, ovvero quella di unire due titoli apparentemente molto distanti. A tal proposito il rischio di far uscire qualcosa di non troppo riuscito poteva essere alto, ma il risultato racconta invece tutta un’altra storia, quella di un prodotto assolutamente bilanciato che lascia lo spazio di esprimersi all’una e all’altra serie. Andiamo a vedere perché.
Il titolo inizia con Cadence, la protagonista di Crypt of the NecroDancer, che dopo aver esplorato un breve dungeon che funge da tutorial, si ritrova ad Hyrule, in cui scopre che un mago di nome Octavo ha addormentato con i suoi incantesimi il Re presente nel castello, così come gli stessi Link e Zelda. In base alla scelta iniziale del giocatore, Cadence risveglierà uno dei due personaggi, che sarà dunque quello con cui cominceremo l’avventura. Doveroso sottolineare come, benché l’intero gioco in sé non abbia una struttura propria dei roguelike, ogniqualvolta si inizia una nuova partita il mondo di gioco non è mai lo stesso, con posizione di nemici, scrigni e altro che varia. L’opera infatti di base non è troppo longeva, però ha tra i suoi pregi una rigiocabilità elevatissima, e non solo per quello che abbiamo detto poc’anzi. È infatti possibile decidere di personalizzare la propria partita, impostando magari di fare una run utilizzando un unico personaggio, o di giocare con un ritmo un po’ più velocizzato, o ancora di abilitare addirittura il permadeath. Oppure si possono abilitare tutte queste opzioni insieme. Insomma le varianti sono tante e, sebbene la storia e altri elementi siano comunque fissi, ogni altro dettaglio può dar vita ad avventure leggermente differenti.
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Cadence of Hyrule riesce nell’impresa di mischiare al meglio le caratteristiche peculiari di The Legend of Zelda e le meccaniche da rhythm game di Crypt of the NecroDancer.
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Una volta immersi in questa nuova Hyrule si comprende pian piano che quella che si sta vivendo è una vera e propria avventura in stile Zelda. Il mondo di gioco è formato dalle varie aree che caratterizzavano le vecchie iterazioni della serie, come ad esempio A Link to the Past, e contiene villaggi, grotte, dungeon, scrigni, enigmi e segreti, elementi classici della creatura di Nintendo. A questo proposito la filosofia del gioco si ricollega abbastanza al primo capolavoro uscito su NES nel 1986. Anche se ovviamente in maniera differente, è infatti presente quel senso di scoperta un po’ casuale che consente di vivere situazioni in cui è possibile trovare, magari bruciando un cespuglio con la nostra fiamma, una scalinata che conduce ad un mini dungeon che, una volta completato (ovvero dopo aver sconfitto tutti i nemici presenti all’interno), dona un oggetto importante o addirittura uno strumento. Nemmeno la libertà di esplorazione manca, in quanto quasi tutte le location saranno visitabili fin dall’inizio e non esiste un ordine preciso in cui completare i labirinti principali. Strutturalmente è insomma uno Zelda in tutto e per tutto, ma al contempo il gameplay di Crypt of the NecroDancer ha la stessa rilevanza all’interno del titolo. Cadence of Hyrule riesce infatti nell’impresa di mischiare ed equilibrare al meglio le caratteristiche peculiari dei due giochi, tenendo conto dei loro maggiori punti di forza e creando un mix di generi perfetto.
Se fino ad ora abbiamo parlato delle meccaniche familiari a chi conosce l’opera della casa di Kyoto, ma analizziamo più da vicino quelle che appartengono all’altra parte del crossover. Se già il roguelike di Brace Yourself Games era ottimo dal punto di vista della colonna sonora e dell’utilizzo che ne faceva, ora il tutto esplode in qualcosa di ancora più memorabile. Le musiche provenienti da The Legend of Zelda rappresentano sicuramente un valore aggiunto, grazie soprattutto ad un lavoro fantastico sul remix delle stesse. Temi come quello del mare in The Wind Waker, dei Gerudo, o ancora l’immancabile overworld, sono stati qui tutti resi adatti ad un rhythm game e compongono un’intera colonna sonora di altissima qualità. Questa è dunque la protagonista dell’avventura e accompagnerà sempre i nostri movimenti e le nostre azioni, almeno quando nell’area in cui ci troviamo sono presenti nemici. Quando ci libereremo di loro, la musica diverrà più calma e potremo esplorare quel riquadro senza dover rispettare il ritmo. Farlo durante le fasi concitate è invece fondamentale non solo perché gli spostamenti dei nemici seguono il tempo, ma anche perché meno si sbaglia e più sono i bonus che si ricevono una volta sconfitto uno di essi. Abituarsi a questo sistema di combattimento non richiede particolare impegno e se all’inizio è facile morire svariate volte, con il tempo, l’esperienza e con l’accumulo di cuori il tutto diventa quasi automatico, garantendo soddisfazione e divertimento.
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Non è solo l’uso delle armi principali a richiedere tempismo, ma anche quello di strumenti come l’arco o l’arpione, i quali seguono un numero di battiti differente.
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Ciò in cui un titolo di questo genere riesce benissimo è mantenere l’attenzione del giocatore costantemente alta. Non esistono momenti di noia e il gioco non risulta mai frustrante nemmeno nelle fasi iniziali, grazie ad un sistema che permette, quando si muore, di acquistare certi oggetti prima di tornare in vita e in seguito di respawnare nel riquadro desiderato, a condizione che sia presente un punto di teletrasporto. Per chi invece vuole vivere un’esperienza più semplice, è addirittura presente un’opzione che permette di disabilitare la parte ritmica del gioco e di poter quindi pensare più a fondo le mosse da compiere. Si tratta però di un’opzione che non consigliamo, snaturando essa la formula base su cui poggia la produzione. Non c’è cosa migliora infatti che agire a suon di musica, con tutti i rischi e gli errori che questo potrebbe comportare. Non è solo l’uso delle armi principali a richiedere tempismo, ma anche quello di strumenti come l’arco o l’arpione, con il primo che ad esempio comporta due battiti, che corrispondono alla pressione e al rilascio del tasto. Parlando proprio degli strumenti, essi sono quelli caratteristici di The Legend of Zelda e possono essere trovati nei dungeon o nell’overworld. C’è da dire che, seppur qualcuno di essi sia utilizzato intelligentemente anche nell’esplorazione e nella ricerca di tesori, non si può dire la stessa cosa per tutti e alcuni risultano poco sfruttati. Da sottolineare comunque la volontà del team di sviluppo di dare libertà al fruitore anche nella scelta degli oggetti, che appaiono infatti in maggior numero ogniqualvolta si arriva allo scrigno che li contiene all’interno dei dungeon.
Spostando l’attenzione proprio sui dungeon, elemento quasi imprescindibile di The Legend of Zelda, avvisiamo che non si tratta di veri e propri labirinti con enigmi come potrebbero aspettarsi i fan. Benché essi abbiano piccole parti in quello stile, le loro sezioni dominanti sono rappresentate da aree in stile roguelike, così come i sotterranei che si possono incontrare nell’esplorazione dell’overworld. Sono comunque strutturate in modo unico rispetto a qualsiasi altra zona e contengono un maggior numero di nemici. Non è presente insomma un vero e proprio lavoro di level design per quanto riguarda i dungeon, che sono quindi piuttosto corti e semplici da portare a termine. La loro fine è però segnata da alcune delle parti più belle del gioco, ovvero gli scontri con i boss. Essi possono creare qualche difficoltà e richiedono dunque maggior concentrazione, calcolando bene spostamenti e attacchi in base a ciò che il boss sta per fare e, allo stesso tempo, stando attenti ai compagni che potrebbe evocare. Anche i nemici comuni possono comunque essere ostici, e per fronteggiarli è bene prima imparare i loro pattern di attacco. Sono infatti abbastanza vari e ognuno ha proprie peculiarità. Infine, anche per quanto riguarda il design di ambientazioni e personaggi il titolo risulta gradevole, grazie ad un stile cartoonesco e colorato.