Ogni mese noi di VMAG ripercorriamo la storia dei più influenti franchise del mondo dei videogiochi. Se la scorsa volta abbiamo trattato The Elder Scrolls, a maggio parleremo di un’altra serie ispirata ai classici GDR, ma stavolta di stampo orientale: Final Fantasy. Questi titoli, sviluppati da Square Soft (che in seguito divenne Square Enix) hanno emozionato i giocatori di svariate generazioni grazie a mondi suggestivi, storie profonde e personaggi realizzati ad arte, il tutto accompagnato da un comparto grafico spesso all’avanguardia e le memorabili composizioni musicali di Nobuo Uematsu. Inoltre Final Fantasy ha avuto il grande merito di sdoganare il genere dei JRPG (Japanese Role-Playing Game), che fino ad allora era praticamente rimasto confinato nella terra del Sol Levante, anche nel resto del mondo. Negli anni il brand ha spaziato tra numerose altre tipologie di gioco e media, ma noi ci concentreremo sui capitoli principali e gli spin-off più importanti, analizzando le novità introdotte da ogni successiva iterazione. Anche escludendo buona parte dei prodotti secondari però risulta comunque difficile spiegare estensivamente l’evoluzione di una serie con 30 anni di storia alle spalle in un singolo articolo, per questo abbiamo deciso di suddividere le produzioni di Square in tre macro-periodi da affrontare volta per volta: l’era NES/SNES o 2D (1-6), l’era dei classici (7-10) e infine l’era moderna (11 – 15). Iniziamo quindi il nostro viaggio, tornando indietro nel tempo fino a un lontano (considerando quanto è giovane l’industria videoludica) 1987, quando Square Soft era ancora solo un ramo di un’azienda di costruzioni di linee elettriche prossima alla bancarotta. Nessuno si sarebbe potuto aspettare che da lì a poco sarebbe nata una leggenda.
In quel periodo un giovane impiegato della compagnia, Hironobu Sakaguchi, che aveva già partecipato e in alcuni casi diretto la produzione di giochi dallo scarso successo per Nintendo Famicom, chiese ai piani alti dei fondi per la realizzazione di un RPG: tuttavia questa richiesta venne inizialmente rifiutata poiché troppo rischiosa economicamente (soprattutto considerando la situazione precaria della società ). Fu necessario il successo di un altro titolo del genere, Dragon Quest (1986), che sarebbe poi divenuto il capostipite di un’altra saga amatissima, per far cambiare idea ai datori di lavoro di Sakaguchi. Final Fantasy, questo il nome dell’opera, venne sviluppato da un gruppo di 7 persone, tra cui anche due figure il cui contributo sarà essenziale per caratterizzare il titolo e che parteciperanno a buona parte dei progetti successivi: Yoshitaka Amano, Character Designer dallo stile inconfondibile, e Nobuo Uematsu, senza ombra di dubbio uno dei più grandi compositori di sempre dell’industria videoludica. Non è un’esagerazione dire che parte del successo del franchise è dovuto proprio alle creazioni di quest’ultimo, che sono riuscite in ogni occasione a immergerci nei mondi di Square e farcene innamorare. Per questo abbiamo deciso di inserire nell’articolo uno dei brani più iconici di ogni capitolo trattato.
Per le meccaniche di Final Fantasy, Sakaguchi si ispirò principalmente a Dungeons & Dragons e a due RPG per computer: Wizardry (1980) e Ultima (1981) di Richard Garriott. È proprio da queste opere che vengono ripresi il combat system a turni, la mappa del mondo completamente esplorabile e il sistema di debolezza/resistenza elementale, fino ad allora assente nei titoli nipponici. Il giocatore controlla un gruppo composto da 4 personaggi, di cui è possibile scegliere liberamente la classe iniziale tra le sei disponibili. Lo scopo dei “Guerrieri della Luce” è sconfiggere i demoni che hanno indebolito il potere dei cristalli, pietre magiche che mantengono l’equilibrio tra le forze della natura, per salvare il mondo dalla distruzione. Questo semplice incipit narrativo verrà riproposto, in maniera via via sempre più articolata, in praticamente tutti gli altri giochi dell’era 2D e spesso anche in quelli più moderni. In realtà però nella versione originale dell’opera questi oggetti non erano chiamati cristalli, bensì sfere (per questo ce n’è una sulla copertina del gioco). Nel primo capitolo fanno il loro debutto anche il Preludio e il tema principale di Final Fantasy, che da allora in poi diventeranno una sorta di marchio di fabbrica della serie. Ci sono diverse teorie riguardo la scelta del nome dell’opera: tra queste la più famosa (e in parte confermata) è quella che sostiene che Sakaguchi fosse intenzionato ad abbandonare lo sviluppo di videogiochi nel caso che la sua creazione, la sua “Fantasia Finale”, non avesse riscosso successo. Fortunatamente però le cose andarono meglio del previsto: Final Fantasy vendette centinaia di migliaia (più di 500.000 dopo qualche anno) di copie in Giappone, il che aprì la strada per la produzione di un seguito.
Final Fantasy 2, uscito nel 1988 sempre su Famicom, è sicuramente uno dei capitoli più atipici della serie. Infatti, soprattutto per quanto riguardava il gameplay, Square decise di esplorare una via decisamente diversa da quella del predecessore. La differenza più lampante è nel level up, che fu rimosso in favore di un sistema simile a quello dei The Elder Scrolls: più un personaggio usa una certa tipologia di magie o equipaggiamenti più questi diventano efficaci. Per esempio il danno di un incantesimo aumenterà più volte questo viene lanciato. Anche se all’epoca ciò risultò piuttosto originale, bisogna dire che questa meccanica è invecchiata male negli anni, poiché comporta una certa ripetitività e limita la varietà delle strategie applicabili. Non a caso questo sistema non verrà mai più riproposto nelle successive iterazioni della serie. Se siete intenzionati a recuperare Final Fantasy II vi suggeriamo di farlo attraverso le versioni più recenti (come quella per PSP), in cui diversi fattori sono stati bilanciati per rendere l’esperienza più godibile. In ogni caso il titolo introdusse anche svolte importanti per il franchise, come la presenza di protagonisti definiti, con un proprio nome e personalità , e una storyline più complessa. Una caratteristica peculiare che abbiamo notato della prima “era” dei Final Fantasy è proprio l’alternanza tra titoli più incentrati sul gameplay (1-3-5), che spesso lasciano ampia libertà di personalizzazione al giocatore, e altri che invece ripongono maggiore cura nei personaggi e nella trama(2-4-6). In Final Fantasy II fanno anche la loro prima apparizione i chocobo, dei simpatici pennuti che diventeranno uno dei mezzi di trasporto più diffusi nei capitoli successivi della serie.
Final Fantasy III, l’ultimo esponente della serie ad uscire su Nintendo Entertainment System, riprende il gameplay del primo, evolvendolo però profondamente e introducendo una meccanica importantissima: il Job System. Questo consiste nella possibilità di cambiare liberamente, anche se con delle penalità , la classe di ognuno dei quattro protagonisti dell’avventura. Ovviamente questo sistema era ancora piuttosto rudimentale, ma aumentava comunque notevolmente la varietà del gioco grazie al grande numero di combinazioni possibili, e ha posto le basi da cui sono partiti numerosi altri giochi, tra i quali Final Fantasy V e Tactics o il più recente Bravely Default. Inoltre per la prima volta le diverse professioni hanno comandi unici che possono essere sfruttati in battaglia, come per esempio quello di rubare oggetti al nemico del ladro o quella di spiccare poderosi salti del dragone, e talvolta anche durante l’esplorazione per raggiungere aree nascoste. Fanno la loro prima apparizione le evocazioni, potentissime creature magiche che possono essere richiamate dalla classe relativa, che saranno l’elemento portante di alcuni dei successivi capitoli della saga. Nonostante le buone vendite in Giappone, i giocatori occidentali dovettero aspettare per ben 16 anni il remake in 3D per Nintendo DS per poter finalmente giocare a Final Fantasy III. Questa nuova versione, oltre a bilanciare alcuni aspetti del gameplay e aggiungere alcuni contenuti, espande notevolmente la componente narrativa, caratterizzando più a fondo i quattro protagonisti.
https://www.youtube.com/watch?v=nKnd8qyX5wk
Final Fantasy IV fu il primo capitolo della serie a uscire su Super Famicom, per questo Square cercò di racchiudervi tutti i migliori elementi dei primi tre giochi, come le numerose classi del 3 e la narrativa del 2. A differenza del predecessore però ogni personaggio ha un ruolo ben definito che non è possibile cambiare, per questo spesso la componente strategica si limita alla composizione del party. Tuttavia non mancano scontri memorabili, come quelli contro i quattro demoni elementali, chiaro rimando al primo capitolo della serie. In Final Fantasy IV venne introdotto per la prima volta l’Active Time Battle, un innovativo sistema di gestione dei turni. I nemici possono attaccare i protagonisti in qualsiasi momento, anche mentre il giocatore sta navigando i menu per impartire un comando o utilizzare un oggetto, per questo diventa molto importante ragionare e prendere decisioni tempestivamente, cercando quando possibile di prevedere l’offensiva dell’avversario. Final Fantasy IV presentava una storia ricca di colpi di scena e notevolmente articolata per l’epoca, motivo per cui è ancora uno dei capitoli più amati dell’era 2D.
https://www.youtube.com/watch?v=l0JnXdfoYpY
A distanza di poco più di un anno fa il suo debutto Final Fantasy V. La trama ruota ancora una volta attorno ai cristalli, che uno ad uno stanno venendo distrutti dalle forze del male. È proprio dai frammenti delle pietre magiche che i protagonisti ottengono l’accesso a differenti classi, ben 22 nella versione originale dell’opera. Infatti nel quinto capitolo ritorna il Job System del 3, estremamente evoluto per fornire una libertà di personalizzazione ancora maggiore al giocatore. Una delle novità più importanti è proprio la possibilità di poter utilizzare delle abilità già apprese con classi diverse da quella da cui proviene la tecnica, il che permette di creare un numero tremendamente elevato di combinazioni. Per la prima volta potremo creare un cavaliere che usa magie nere, un mago bianco armato di katane o qualsiasi bizzarra fusione ci passi per la testa. Proprio per questo motivo, nonostante purtroppo sia relativamente poco conosciuto in Occidente, Final Fantasy V è a nostro parere uno dei capitoli più solidi della serie sotto l’aspetto del gameplay, soprattutto per quanto riguarda la rigiocabilità . Un’altra introduzione che più avanti diventerà uno standard della serie sono i super-boss, dei nemici opzionali estremamente pericolosi che richiedono livelli alti, equipaggiamenti leggendari e una preparazione minuziosa per essere abbattuti. In Final Fantasy V fa anche la sua prima apparizione Gilgamesh, uno dei personaggi ricorrenti del franchise più amati dai fan.
https://www.youtube.com/watch?v=jjgwVSDAmP4
Concludiamo la prima parte di questo viaggio nella storia della serie JRPG di Square Soft con Final Fantasy VI, una vera e propria pietra miliare del genere. Questo titolo, uscito nel 1996 su SNES, segnò la piena maturità dello studio di sviluppo. Anche grazie al fatto che uscì verso il termine dell’era 2D, sotto l’aspetto grafico il prodotto è di qualità pregevole, e, a differenza di alcuni dei capitoli successivi, negli anni è invecchiato molto bene. Per la prima volta lo studio sfruttò la mode 7 della console Nintendo per dare una sensazione di tridimensionalità alla mappa del mondo e ad alcune scene come per esempio il viaggio sott’acqua. Il sistema di crescita degli eroi è basato sulle magiciti, delle pietre che racchiudono il potere degli Esper (le classiche evocazioni dei capitoli precedenti) che permettono di apprendere diverse tipologia di magia. Ma l’aspetto in cui Final Fantasy VI brilla maggiormente sono proprio i personaggi: praticamente ognuno (a parte un paio di eccezioni) dei membri del party è caratterizzato ad arte, sia stilisticamente che per quanta riguarda l’aspetto psicologico. Ognuno di essi ha un obiettivo o una causa per cui lottare e un passato con cui confrontarsi, e nel corso dell’avventura evolve in modo sostanziale. Il team di sviluppo non ha avuto paura di inserire anche scene molto forti che fino ad allora non ci si sarebbe mai potuto aspettare di vedere in un videogioco. L’esempio più lampante è quello di un personaggio che, non per compiere un estremo atto eroico, ma per la pura disperazione di aver perso tutto, prova a suicidarsi buttandosi da una rupe. Insomma, Final Fantasy VI non fu un punto di svolta solo per la serie, ma per un intero media, contribuendo al processo di maturazione di quest’ultimo.
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