Days Gone Recensione: la filosofia del morior invictus

Dal 2016, Days Gone si è mostrato al mondo come una delle esclusive PlayStation più tormentate degli ultimi anni, ma anche tra le più attese. Il misterioso progetto di Bend Studio aveva incuriosito tutto il mondo sin dal suo annuncio, ma lasciando qualche perplessità col rinvio. Se da un lato ci si poteva aspettare che un’esclusiva avesse bisogno di una meticolosa pianificazione, l’opera giunge a noi in un clima di dubbi e incertezze, in parte confermate dallo strapotere di Rockstar nell’universo open world. Il carisma del protagonista Deacon St. John, marchio dell’opera stessa, ha dato addirittura i natali a una linea di abbigliamento, ispirata alla natura libera e senza regole dell’ex motociclista fuorilegge. Parliamo di un prodotto nuovo sul mercato, che aveva incuriosito per i video ora gonfi di pura adrenalina, tra corse sulle moto e guerre contro ruggenti orde, ora ritraenti delicati momenti della sfera privata dell’eroe. Abbiamo impiegato giorni per cogliere tutti i retroscena e assaporare ogni spiraglio del decadente mondo di gioco rappresentato in Days Gone e non ne abbiamo mai avuto abbastanza: ma cosa lo rende un prodotto irrinunciabile?

Oltre le terre morte e le paludi fetide di quel che rimane dell’Oregon, un motociclista lotta contro la propria ineluttabilità. Deacon St. John, amichevolmente Deek, è ben lontano dal tipico eroe che siamo abituati a vedere, ma non è assolutamente qualcosa di negativo. Ci troviamo difatti al cospetto di un protagonista incerto, frammentato e in eterno conflitto con sé stesso, che però resta disperatamente aggrappato ai propri ricordi. Mentre il mondo sprofondava nel caos e nel terrore, decise di rimanere solo con il suo migliore amico Boozer, abbandonando la moglie Sarah in fin di vita a bordo di un elicottero di soccorso. Il disperato bisogno di ricongiungersi con la sua amata gli permetterà di trovare la forza necessaria per sopravvivere; una speranza vana che si dissolve dopo due anni alla vista del campo dove avrebbe dovuto trovarsi la moglie, ora completamente distrutto. Prigioniero del suo passato e schiavo dei propri ricordi, Deacon riesce comunque a emergere spalla a spalla con il suo migliore amico, divenendo, a tutti gli effetti, il perfetto sopravvissuto post apocalittico. Il motociclista senza regole riesce a brillare comunque per tutta la durata della vicenda, lottando con il proprio passato, temprato da una vita che non sempre lo ha graziato, anche prima dell’epidemia. Tra sbalzi d’umore e una sottile ironia a tratti malinconica, Bend Studio riesce a forgiare uno dei personaggi più umani ed efficaci mai apparsi nel mondo videoludico, che difficilmente troverà rivali. Da elogiare comunque il doppiaggio italiano di spessore, che ha impreziosito in modo impeccabile le psiche tormentata del protagonista e ne ha mantenuto la costante evoluzione.

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Deacon è la reincarnazione di un mondo tormentato e in eterno conflitto con sé stesso: il messaggero di una drammatica ironia.

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La trama che sottende il maestoso mondo open world rappresentato non è propriamente una novità, e riesuma tematiche già blasonate. Un virus sconosciuto ha piegato il mondo, trasformando oltre metà della popolazione mondiale in mostri urlanti assetati di sangue, chiamati Furiosi. Nel caos generale, le carceri hanno riversato come fiumi in piena i più pericolosi malviventi tra le strade, i quali hanno ben presto imposto la crudele legge del più forte. Il mondo è lasciato al proprio destino e sulla terra regna un clima di follia e paura, ora dovuta alla presenza di spietate bande criminali, ora sommersa da orde di terrificanti esseri mutanti. Pochi accampamenti sono in grado di offrire luoghi sicuri, mentre la Terra ora non è altro che la grottesca rappresentazione dell’Era più buia dell’umanità: un palcoscenico freddo e spietato dove a esibirsi è una smodata follia morale. Gli accampamenti eretti sono quindi gli ultimi baluardi a difesa dei sopravvissuti, che ora considerano tutto ciò che li circonda con il solo nome di Incubo“: lunghe distese di terra che un tempo erano il mondo che oggi conosciamo, ora in mano all’entropia. La morale è pertanto chiamata in causa nelle situazioni più scomode, mentre i luoghi familiari al protagonista sono orrendi lasciti del vecchio mondo, covi delle mostruosità dell’Incubo. Alcuni uomini e donne si sono posti alla guida dei superstiti e, portando avanti le proprie ideologie, hanno arricchito Days Gone di una diegesi ramificata e ben articolata, macchiata da sanguinosi conflitti per la conquista del territorio. Deacon ha paura di legarsi ancora a qualcuno o a qualcosa, e si rivestirà di una corazza di egoismo difficile da scalfire: è l’apice della filosofia del morior invictus, morire mai sconfitti, tanto decantata nella letteratura classica.

Days Gone
La natura si riversa in tutta la sua potenza in un mondo ormai sull’orlo del collasso.

Tra strade desolate che falciano la natura selvaggia, maestosi accampamenti e montagne glaciali, la mappa di gioco è una delle più convincenti e vibranti dell’universo open world. I paesaggi sono oltremodo sontuosi e carichi di vita, ma anche spettatori passivi della barbarie che li deturpa. Alzare lo sguardo e rimanere incantati da un poetico cielo stellato o sentirsi avvolti dal rassicurante chiarore dei raggi di luna sono solo alcune delle bellezze naturali che ospita Days Gone. Sebbene sia lontano dal perfezionismo realistico che negli ultimi mesi ci ha fatto rimanere a bocca aperta, la semplicità e l’amore riposto nella direzione artistica del gioco si fanno subito strada nel cuore di chi le assapora. La spettacolarità scenica intrisa nei vasti paesaggi dell’opera trova la sua massima espressione nel duetto armonioso tra flora e clima. Neve e pioggia accompagnano in modo diligente l’esplorazione e ne influenzano talvolta il gameplay, ora contaminando delle tracce, ora rendendoci visibili ai Furiosi. Ammirare il terreno intorno a noi tingersi di bianco è sempre un’emozione, certo, ma anche l’interazione tra gli esseri viventi gioca un ruolo fondamentale nell’immedesimazione, lasciando di stucco lo spettatore. Non sarà affatto raro incrociare animali in lotta per la sopravvivenza o Furiosi che si scagliano contro altri sopravvissuti: ciascun essere vivente ha bisogni unici, e scontrarsi con gli altri provoca reazioni del tutto plausibili, spesso utili per far decimare gruppi di nemici opposti.

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Potenza artistica e spettacolarità scenica si riversano in un mondo lacerato dalla follia umana.

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Sfuggire ai pericolosi ostacoli disseminati nell’Incubo non sarà affatto un’impresa facile e non è certamente adatta a mezzi di trasporto troppo vistosi o poco affidabili. Fortunatamente prima del disastro che cambiò il mondo, Deacon era un abile motociclista: una sorta di Biker Boy appartenente a una gang di nomadi con legge propria e vessilli caratteristici. Le sue abilità su strada, insieme ad un’accurata attenzione ai dettagli, rendono il protagonista l’uomo adatto alle missioni di soccorso e recupero. Doti del genere non passano di certo inosservate nei territori reclamati nell’Incubo: infatti, il protagonista sarà contattato dai leader degli accampamenti per svolgere alcune mansioni, spesso scomode, per guadagnare dei crediti. La valenza di quest’ultimi è di vitale importanza per la sopravvivenza nel mondo che resta, dato che sono considerati una sorta di moneta di scambio per beneficiare di vari servizi nei singoli accampamenti. La nostra fedele moto è l’assoluta priorità, sia per spostarsi, ma anche come ultima risorsa in casi disperati, quindi tenerla in funzione e potenziarla a dovere sarà sempre cosa buona e giusta. Spostandoci nelle travagliate regioni della mappa di gioco, sarà molto facile rimanere a secco di carburante o sbattere contro ostacoli (talvolta anche animati), che possono minare pesantemente la nostra esplorazione. Prendere confidenza sin da subito con le risorse primarie è oltremodo necessario. Occhio quindi a tutte le taniche di benzina lasciate indietro: rimanere a secco potrebbe essere uno spiacevole inconveniente. Se invece avete abbastanza energia, potrete utilizzare il viaggio rapido verso una località vicina e fare il pieno dal vostro meccanico di fiducia.

La moto è la compagna più fedele in assoluto nei nostri viaggi, quindi occorrerà tenerla sempre in perfetta forma.

Come ogni open world che si rispetti, il sistema di looting è sacrosanto, ancor di più in Days Gone, che fa della sopravvivenza il proprio cavallo di battaglia. Sono rimasto piacevolmente colpito dall’assoluta assenza di oggetti realmente inutili, ma anzi, ogni risorsa ha trovato il suo degno spazio nell’inventario. Tra i beni più comuni, dei quali non potrete mai fare a meno, vi sono sicuramente gli ingredienti per fare le molotov, bende e i rottami. Gli ordigni incendiari sono tra le armi più versatili di tutto l’armamentario di Deacon, non solo perché da sole possono decimare orde di Furiosi indemoniati, ma anche perché sono in grado di sradicare alle origini i nidi degli infetti. Bende e oggetti curativi sono per antonomasia oggetti inscindibili dalla propria borsa, la quale si apre sullo schermo a ventaglio e ci permette di usare e creare con facilità gli oggetti necessari. La gestione dello spazio è uno dei punti di forza durante l’azione in Days Gone, specialmente perché ci permette di controllare rapidamente le nostre scorte e creare nuovi ordigni artigianali. Non sarà raro aprire il menù per cambiare arma o creare una benda, mentre il mondo di gioco rallenta intorno a noi, lasciandoci solo qualche secondo per valutare la prossima mossa. Per quanto concerne i rottami la situazione è lievemente più complessa: essi sono il materiale primario per riparare la nostra moto danneggiata, qualora non fossimo in prossimità di un’officina, ma sono anche estremamente utili per riparare letali armi da mischia. L’efficientissimo sistema di creazione rende ora l’esplorazione più vivace e coinvolgente, ora il gameplay variopinto e creativo: pura estasi per chi ama gli attacchi ben pianificati, traendo giovamento nello sfruttare elementi ambientali.

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Creatività e pianificazione sono gli strumenti necessari per la sopravvivenza in Days Gone.

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Le semplicità e l’immediatezza sono padroni indiscussi nel gameplay di Days Gone che, senza troppi fronzoli, riesce a rapire il giocatore. La massima espressione ludica dell’opera avviene durante gli adrenalinici scontri con umani e altre creature, che regalano ore di puro godimento per chi adora lasciarsi guidare dalla frenesia. La vasta gamma di armi da fuoco e da mischia che potremmo impiegare in battaglia è seconda solo al folto albero di abilità che Deacon potrà apprendere, ciascuna di esse dall’immediata valenza sul campo. Bend Studio riesce difatti a folgorarci per varietà e spensieratezza, garantendo uno squisito numero di interazioni in battaglia, a partire dalle sempre azzeccate caratteristiche stealth, fino a un vetusto sistema di shooting. Il titolo diverte e ingolosisce: in gran parte è merito di un sempreverde sistema open world, ora portato ai massimi livelli, che trova nella libertà la chiave di lettura vincente. D’altro canto però, bisogna dire che, fatta eccezione per imponenti orde e colossali nemici, raramente ci siamo imbattuti in un’intelligenza artificiale in grado di metterci in seria crisi. Non per tutti sarà necessariamente un male, eppure raramente negli scontri si avverte quel brio di imprevedibilità che possa metterci a dura prova. Ciò che concerne invece gli agguati nemici ci ha lasciato piacevolmente sorpresi: essi si fingeranno morti, useranno altri sopravvissuti come esche o semineranno trappole lungo il loro perimetro per ostacolarci: insomma un vero e proprio scontro psicologico.

Days Gone
Mostruosità di ogni genere e crudeli criminali ci sbarreranno la strada più volte nelle missioni: meglio essere ben equipaggiati.

Lo stile unico degli accampamenti offre a Days Gone la possibilità di riscattarsi da qualche prestazione leggermente ripetitiva: oltre a essere un vero piacere per gli occhi, la struttura e la verticalizzazione dei rifugi di fortuna sono regolamentate ad opera d’arte. Magari nell’Incubo l’opera pecca un po’ di profondità, ma il tutto è compensato da un’intrigante lista di missioni secondarie, condite da altrettanti obiettivi sempre stimolanti. L’atmosfera è sempre appesa a un filo, poiché ogni anfratto e rifugio, sebbene apparentemente abbandonato, può celare ospiti indesiderati. Le melodie scelte sono sempre azzeccate e dall’aspra tensione, capaci sia di provocare attimi di nudo terrore, sia struggenti ricordi di un mondo ormai divenuto il lascito di sé stesso. Il titolo non inventa nulla di encomiabile a livello di meccaniche, e un po’ ce ne dispiace, ma il modo in cui riesce a tessere una trama apparentemente così semplice, per poi trovare una epica conclusione, non è da molti. Coccolati da un gameplay così alla mano, decine e decine di ore sono volate come se fossero nulla: tra un tuffo nei misteri dell’Oregon e la drammatica ironia di Deacon, l’opera sboccia per sensibilità ed eleganza.

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