The Elder Scrolls: cronache di una saga leggendaria

The Elder Scrolls ha ormai la venerabile età di un quarto di secolo. La saga di Bethesda può vantarsi di aver spento questo mese le sue venticinque candeline, di una torta formata di avventure, storie, razze, regioni e una community incredibilmente forte. Ma a distanza di così tanti anni dal primo capitolo, Arena, e il più recente Skyrim e TES Online, la serie continua a far innamorare giocatori di tutto il mondo, in attesa dell’anticipatissimo sesto capitolo. Oggi cogliamo l’occasione per parlarvi dell’evoluzione della saga, così come di Tamriel stessa, per festeggiare il venticinquesimo anniversario di The Elder Scrolls.

Il primo capitolo della serie trasportava i giocatori in una Tamriel smisurata.

The Elder Scrolls: Arena (1994)

Come tutto ebbe inizio

Siamo nell’Anno 399 della terza era: l’imperatore Uriel Septim VII è stato imprigionato nell’Oblivion, e il suo trono è stato usurpato dall’uomo a lui più vicino, il consigliere Jagar Tharn. Per riportare l’ordine nel regno, il giocatore sarà chiamato a cercare e riunire gli otto pezzi del Bastone del Caos, sparsi per l’intera mappa di Tamriel. Insomma, abbiamo davanti un’interessante incipit che porta gli utenti ad esplorare una porzione di mappa pressoché enorme, dato che si tratta dell’intera regione in cui è ambientata la serie. Va da sé che il fattore esplorazione, che all’epoca non era particolarmente sviluppato, così come il concetto di “open-world”, veniva avvalorato da una storia efficace e un gameplay a tratti innovativo. Si tratta ovviamente di un gioco di ruolo con visuale in prima persona, in cui ogni cosa che faceva l’utente era parte integrante della trama. Potevamo scoprire locande, città, fattorie e dungeon che divenivano sempre più difficili da superare man mano che ci addentravamo al loro interno. Insomma, The Elder Scrolls: Arena era un must su PC per gli amanti del fantasy, ma il secondo capitolo si mostrò più che capace di superare il predecessore.

Daggerfall migliorava il predecessore in ogni aspetto.

The Elder Scrolls II: Daggerfall (1996)

Il seguito che tutti aspettavano

Ad appena due anni dal rilascio del primo capitolo, Bethesda Softworks lanciò sul mercato una nuova avventura ambientata nello stesso continente. Daggerfall era “tutto di più”, un amplificazione di quanto visto in precedenza ma con la differenza che possiamo esplorare ben 47 aree di High Rock e Hammerfell. L’innovazione, secondo la critica specializzata, risiedeva nella sceneggiatura decisamente più complessa di prima, con risultato l’introduzione di 15 mila nuove località, tra cui città, villaggi, locande e dungeon inediti. Si tratta di un titolo tutt’oggi enorme, dato che l’estensione di Tamriel è di ben 161.600 chilometri quadrati, circa la metà dell’Italia intera. Il giocatore potrà anche interagire con 750 mila NPC, unirsi a una delle tante gilde, acquistare case o navi, diventare un vampiro o un lupo mannaro, e indossare una miriade di capi d’abbigliamento. Insomma, The Elder Scrolls II era davvero immenso e gli appassionati impazzirono per l’opera di Bethesda. Tuttavia, le critiche della stampa vennero mosse principalmente verso gli eccessivi bug e la qualità grafica arretrata rispetto i titoli dell’epoca. Quest’ultimo problema, però, è stato l’elemento su cui Bethesda ha voluto puntare maggiormente nel prossimo capitolo.

Nel terzo capitolo le interazioni con gli NPC e la libertà esplorativa erano allora unici.

The Elder Scrolls III: Morrowind (2002)

Alla scoperta di Morrowind

Siamo a Morrowind, sull’isola di Vvardenfell: l’eroe deve trovare il modo di fronteggiare una misteriosa profezia che riguarda la località e scoprire di più sulla reincarnazione di Indoril Nerevar. Per la prima volta, quindi, non c’è una storia che riguarda Tamriel nella sua interezza, ma più una regione specifica, cosa che accadrà anche nei successivi titoli della serie. L’innovazione stavolta risiedeva nella maggiore libertà concessa al giocatore, che per la prima volta ha la possibilità di esplorare il mondo in prima o terza persona e di poter esplorare l’isola di Vvardenfell con più agilità. Anche le interazioni con i tanti personaggi sono state migliorate e ampliate esponenzialmente, portando The Elder Scrolls III ad essere uno dei preferiti dai fan della serie. Ciononostante, per alcune meccaniche questo titolo cominciava a dare segni di un progressivo allontanamento dai canoni di Arena e Daggerfall, cui molti si erano innamorati. La capacità di Bethesda di voler continuare a innovare sfociò con il quarto capitolo, ora più cupo che mai.

Nella capitale di Cyrodill saremo chiamati a combattere un nemico apparentemente invincibile.

The Elder Scrolls IV: Oblivion

Persi nell’oscurità dell’Oblivion

Catapultati nella provincia imperiale di Cyrodiil, Oblivion ci trasporta nell’anno 433 della terza era. Uriel Septim viene assassinato da membri della Mitica Alba, una setta che venera il principe Mehrunes Dagon, che ha l’intento di invadere le terre di Tamriel con le sue truppe daedriche. Il protagonista, con l’aiuto delle Blade, dovrà trovare il modo di impedire l’avanzata dell’esercito del malefico Dagon. La grande innovazione risiedeva nell’interazione tra il giocatore e i personaggi del regno di Cyrodiil, dato che possiamo dialogare quasi con tutti di loro. Inoltre, gli abitanti reagiranno differentemente in base alle nostre azioni, in modo molto simile a quanto accade in Fallout: se uccideremo qualcuno di importante, se ne parlerà nei villaggi, oppure se diverremo dei campioni dell’Arena, avremo dei fan che ci seguiranno. Al contrario, al compimento di azioni negative verremo perseguitati e talvolta anche attaccati. Anche il compimento di alcune missioni era determinato dall’interazione con alcuni specifici NPC, magari corrompendoli per ottenere alcune informazioni. Ad alimentare il successo di Oblivion ci furono anche le ottime recensioni da parte della stampa specializzata, che ha considerato quello di Bethesda come uno dei migliori RPG di tutti i tempi. Tuttavia, il capitolo successivo avrebbe migliorato l’opera magna della compagnia sotto ogni aspetto, nonché segnato indissolubilmente il settore del videogioco.

Skyrim portava la serie su un livello mai raggiunto prima.

The Elder Scrolls V: Skyrim (2011)

La leggenda del Dovahkiin

Rilasciato l’11 novembre 2011, Skyrim è la storia del Dovahkiin, il Sangue di Drago che ha il dovere di cacciare i draghi dalla regione, e con essi il malefico Alduin. Inoltre, le terre di Skyrim sono il campo di battaglia di numerose guerre civili tra l’Impero e i Manto della Tempesta, che vogliono ottenere il dominio dell’area più a nord di Tamriel per poterne affermare l’indipendenza. Senza dimenticare le vicende che porteranno il giocatore a lottare contro il malefico Miraak o i Vampiri. Insomma, il quinto capitolo della serie è certamente uno dei più diversificati per quanto riguarda i tanti filoni narrativi, ma non era solo questo l’elemento che ha convinto la critica specializzata quanto la qualità grafica allora incredibile, la colonna sonora perfettamente consona all’ambientazione e al sistema di combattimento rivisitato e più accessibile. Skyrim è riuscito a vendere 3.4 milioni di copie nei primi due giorni dal lancio, mentre Bethesda ha affermato di averne vendute ben 20 milioni nel giugno 2013 e 30 milioni nel novembre 2016. Il successo del gioco ha dilagato, tanto che ad oggi è stato rilasciato su ben sei piattaforme diverse, la cui ultima è stata proprio Nintendo Switch nel novembre 2017.

The Elder Scrolls Online DLC Wrathstone
Da RPG, la serie diventava un MMORPG. Purtroppo, la scelta non è piaciuta ai giocatori.

The Elder Scrolls Online (2014/2015)

All’esplorazione di Tamriel, con i nostri amici

Mille anni prima degli eventi che ci mettevano nei panni del Sangue di Drago, nel 582 della seconda era, scopriamo una Tamriel pacifica che viene profondamente devastata da un incidente. Varen Aquilaros, Imperatore cyrodilico, vuole ottenere il potere del Dovahkiin per imporre ulteriormente il suo predominio sul Trono di Rubino, ma viene ingannato dalle promesse dello stregone Mannimarco. Questo aprì un portale che portava all’Oblivion, causando enormi squilibri nel regno, portando anche a una sanguinosa guerra civile per contendersi il predominio nella capitale imperiale. Con il nuovo gioco della serie, Bethesda ha deciso di prendere una decisione che avrebbe portato il titolo ad allontanarsi molto dai canoni della serie come RPG, rendendolo in tutto e per tutto un MMORPG. Questa decisione ha lasciato perplessi gli appassionati del brand, che si aspettavano un gioco di ruolo puro, come il predecessore. Tuttavia, la stampa ha apprezzato The Elder Scrolls Online, tanto da considerarlo come uno dei migliori giochi del 2015. Peraltro, inizialmente la software house aveva proposto un abbonamento mensile per giocare, al costo di poco più di 12 euro, mentre oggi è acquistabile su PlayStation 4, Xbox One e PC a un prezzo singolo. Gli utenti potranno esplorare quasi l’intera mappa di Tamriel, per la prima volta dopo i primissimi capitoli per PC, con moltissime altre regioni che saranno aggiunte con i prossimi aggiornamenti ed espansioni.

Negli anni, The Elder Scrolls ha rappresentato per milioni di utenti di tutte le età un modo per sfuggire alla realtà e di immergersi all’interno di un continente immenso e variegato, con la possibilità di vestire i panni di tantissime razze diverse. Tamriel è sempre pronta ad affascinare con storie accattivanti e che riescono a tenere i giocatori incollati allo schermo. Va da sé che l’attesa per il prossimo capitolo della serie è alle stelle, motivo per cui anche noi non vediamo l’ora di scoprire di più a riguardo. Restate connessi su VMAG per non perdere novità sulla saga leggendaria di Bethesda, soprattutto ora che The Elder Scrolls: Blades è in fase di accesso anticipato.

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