Intervista a Maciej Hofman della Direzione generale Educazione e Cultura della Commissione Europea

Qualche giorno fa al VIGAMUS – Museo del videogioco si è svolta la Labourgames Game Jam, evento europeo sbarcato anche in Italia che ha visto sfidarsi persone provenienti da tutto il continente: tra loro c’era anche il nostro team, che ha dato dimostrazione di cosa siamo capaci a livello nazionale. Nel corso della manifestazione abbiamo potuto intervistare Maciej Hofman, un funzionario responsabile dell’elaborazione delle politiche presso la Direzione generale Educazione e Cultura della Commissione Europea, che ha assistito alla Game Jam e che ci ha detto la sua per quel che riguarda il mondo del videogioco in generale. Ecco le sue dichiarazioni.

In Italia è socialmente accettato parlare di essere fan di cinema, di fumetti ma non di videogiochi, cosa ne pensa?

Credo che in generale anche in Europa si possa osservare questa dinamica, penso sia dato dal fatto che il videogioco è ancora giovane come medium in confronto ad altri, come il cinema, anche se i giochi AAA possono incassare più dei film di Hollywood. Quest’ultimo infatti è stato vittima della stessa condizione durante le sue fasi primordiali, accusato di essere un medium poco serio, corretto. Ma credo che sia qualcosa che si perde con l’età, un pregiudizio che viene meno. Penso che il videogioco arriverà a questo punto critico in cui riuscirà ad affermarsi come medium a tutti gli effetti, soprattutto per quanto riguarda il valore artistico e culturale, e per il ruolo che gioca il videogame all’interno della società, non solo dal punto di vista degli utenti ma anche per la maniera in cui le persone interagiscono con la cultura in generale.

Suggerimenti dagli altri stati in Europa al riguardo?

Generalmente in Europa grazie a dei fondi europei c’è un aiuto per lo sviluppo dei videogiochi che però fa parte di una sotto categoria che riguarda l’audiovisivo chiamato Europa Creativa, molto mirata al cinema ma da qualche anno indirizzata anche al videogioco. È quindi quasi paradossale che gli aiuti diretti ai videogiochi siano dati da un istituto interessato al cinema in primis. È un po’ come se il videogioco fosse il fratellino del cinema al momento. È comunque molto difficile trovare un paragone del videogioco in quanto l’interattività si trova a tutt’altro livello: personalmente sono affascinato dall’esperienza che propone il medium videoludico perché siamo i protagonisti ma anche i creatori, cosa che il mondo del cinema sta facendo adesso, ad esempio possiamo vedere Netflix con Black Mirror Bandersnatch che sperimenta questo aspetto. Quindi in realtà dovrebbero essere gli altri settori a prendere spunto dal videogioco, ma rimane il fatto che si collegano tra di loro indubbiamente come nel caso di Labour Games, un progetto alquanto interessante dove si mette in discussione il ruolo del videogioco nella società, come ad esempio nel mondo del lavoro in questo caso, oltre a esserci quindi un accostamento tra un board game e un videogioco tradizionale. Quindi alla fine c’è un passaggio di “savoir-faire” che permette di interconnettere diversi ambiti e apprendere reciprocamente. Penso quindi che il videogioco debba apprendere dagli altri, ma credo anche che il videogioco possa insegnare.

Qual è la situazione dell’Italia vista dall’estero? C’è qualche prodotto italiano che può essere preso d’esempio dagli altri italiani?

È abbastanza difficile rispondere a questo genere di domanda dato la loro soggettività, lavoro nella politica europea e ho lavorato nella politica nazionale ma sono comunque un videogiocatore. Ho avuto la possibilità di partecipare al Gamerome dell’anno scorso, un grande festival di esposizione dei videogiochi, e sono stato abbastanza impressionato da alcune produzioni presentate, anche se solamente dei prototipi. Sono certo che il settore italiano sia in forte espansione ma rimane sempre il fatto che manca il sostegno da parte della politica verso il medium. Questo aspetto varia da un Paese all’altro chiaramente. Tornando al dunque, alcuni titoli mi sono piaciuti molto ma ripeto è una cosa puramente soggettiva, non posso quindi prevedere se un titolo potrà avere successo o meno dato la quantità di fattori in gioco.

Quali opportunità ci sono per un sviluppatore europeo che vuole sviluppare un videogioco in europa?

In Europa abbiamo Europa Creativa che sostiene la produzione audiovisiva, e il videogioco è un piccola parte di questo programma al momento. È stato ideato per una durata di 7 anni dal 2014 e 2020, e bisogna vedere come evolverà il programma a partire dal 2021 fino al 2027. È chiaro che a livello nazionale sono presenti aiuti in ogni Paese, ovviamente in maniera differente. Addirittura esistono programmi a livello regionale per sostenere il videogioco. È normale che l’approccio sia differente in base al contesto, può essere culturale per lo più, oppure dal punto di vista della ricerca, anche a livello europeo, e dello sviluppo in altri casi, quindi sì, esistono possibilità.

Ringraziamo Maciej Hofman per la sua disponibilità e per aver risposto alle nostre domande. Per rimanere sempre aggiornati sul mondo del videogioco e non solo, rimanete sintonizzati su VMAG.

Intervista a cura di Alessio Di Pietro, Edoardo Di Savina, Daniele Cocchi e Matteo Ghiloni.