Quando ci troviamo di fronte a una serie tv che basa la sua trama su fatti realmente accaduti, dovremmo elogiare la realizzazione dell’opera solo perché questa si fa carico di raccontare una storia vera, ma in realtà spesso accade tutto il contrario. Il pubblico vuole molto di più di una semplice trasposizione cinematografica, che non si limita a raccontare il fatto così com’è, poiché trasmetterebbe emozioni scontate allo spettatore. Dall’altra parte però, animare troppo la faccenda può risultare un gesto irrispettoso e sconsiderato: come raggiungere il perfetto equilibrio? Delhi Crime è la risposta. L’opera, interamente made in India, racconta dell’incresciosa vicenda che sconvolse la popolazione mondiale nel 2012, quando una giovane studentessa fu brutalmente torturata e violentata da un gruppo di sei uomini. La notizia rimbalzò in tutto il mondo e la gente, non solo in India, iniziò a scendere in piazza a chiedere giustizia e maggiore sicurezza per le donne.
La nostra storia comincia la mattina di quello stesso giorno, quando il vice commissario Vartika Chaturvedi, interpretato da Shefali Shah, si trova a far desistere la figlia Chandin dall’andare a studiare a Toronto. Nello stesso istante vengono ritrovati due innamorati nudi sul bordo di una strada: mentre il giovane, Akash, mostra solo qualche livido, per la sua fidanzata Dipika la situazione è critica. Il ragazzo racconta a Vartika dell’aggressione e delle atrocità che Dipika ha subito. Non è il primo caso di stupro, ma la violenza inaudita e quella voglia desiderosa di dimostrare alla figlia di poter avere un radioso futuro nella città natale, spingono il vice commissario a occuparsi della vicenda, aiutata da i suoi fidati colleghi Bhupendra, Jairaj e dalla nuova arrivata Neeti. La situazione si fa ancora più complessa quando la notizia dell’aggressione finisce nelle mani dei media locali che la usano per alimentare l’odio delle persone verso le forze dell’ordine. Tutto questo, unito a questioni politche, mettono Vartika e il suo distretto in una situazione spinosa, incastrati in una morsa la cui unica via di uscita è risolvere il caso.Â
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La cultura del Paese viene fatta vivere allo spettatore senza banali riprese panoramiche o ambientali, ma mostrando il comportamento, le relazioni e la psicologia dei personaggi.
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La regia dà il giusto spazio a ogni personaggio della serie, che ha una propria storia e i propri desideri: non c’è solo il caso al centro dell’attenzione, ma tutti gli aspetti sociali, politici, e personali che ne conseguono. Non ci troveremo a fianco solo di Vertika, determinata a far luce sulla tragedia, ma entreremo proprio nella situazione socio-politica-economica dell’India. La cultura del Paese viene fatta vivere allo spettatore senza riprese panoramiche o ambientali, ma mostrando il comportamento, le relazioni e la psicologia dei personaggi. La regia per i primi episodi sarà serrata, seguendo il ritmo frenetico del team dell’indagine, ma quando la verità comincia a venire a galla, ecco che le scene cominciano a essere più aperte e tranquille. La camera, tranne qualche sporadica volta, non pone un filtro tra lo spettatore e non sottolinea i momenti più drammatici o eroici, così come la musica d’accompagnamento. Ciò non è negativo, perché il risultato è che la cruda realtà viene trasmessa senza troppi tecnicismi, con naturalezza quasi, evidenziando ancora una volta la situazione della criminalità a Delhi. Questa regia, che non si focalizza troppo sui dettagli o su un personaggio, permette allo spettatore di cogliere la moltitudine di aspetti di quest’opera.
La videointervista presente nell’opera fu inserita in un docufilm che sarebbe dovuto uscire in India, ma il governo lo vietò, a causa delle dichiarazioni troppo offensive verso il genere femminile. Nella serie tv non viene posta alcuna censura e la scena viene messa in atto in modo crudo e talmente diretto che è impensabile credere che quelle parole siano state pronunciate veramente. Altro momento simbolo dell’opera è quando Vertika fa notare come quello sia solo uno dei tanti casi di stupro registrati e che sia diventato importante solo per puro caso, sottolineando come ce ne siano stati tanti altri prima, altrettanto orribili e irrisolti, che sono stati ignorati dalla gente. Quello che traspare è che non bisogna mai smettere di lottare e che quella che sembra una vittoria significativa per l’India, che ha portato ha riscrivere le leggi sulle violenze sessuali, in realtà è solo una battaglia all’interno di una guerra non ancora finita. Un messaggio che travalica i confini del Paese, fecondando tutto il mondo.
Chi ha realizzato il progetto ha compreso appieno la situazione, perché non si è limitato a raccontare la drammaticità di un orrendo crimine ma di trasmettere molto di più. Possiamo tranquillamente attribuire più chiavi di lettura alla serie tv Delhi Crime, che grazie alla sua regia passiva concede allo spettatore la possibilità di dare più peso all’aspetto che più l’ha colpito: la promessa di una madre alla figlia, la situazione socio-economica dell’India, le autorità di amministrazione del Paese, la povertà , la violenza sulle donne, la corruzione, i media o l’educazione. Sono incredibilmente tanti gli elementi mostrati al fruitore, ed è per questo che l’opera racchiude un potente messaggio universale.