Castlevania Symphony of the Night: il padre dei Metroidvania

Dato che lo scorso mese vi abbiamo parlato di Super Metroid, oggi abbiamo deciso di trattare il secondo “pilastro” del genere metroidvania: Castlevania Symphony of the Night. Questo gioco è stato il primo capitolo della saga di cacciatori di vampiri di Konami ad approdare sulla PlayStation, e apportò sostanziali rivoluzioni alla formula classica del franchise sotto svariati aspetti. Proprio per le molteplici novità introdotte e un’atmosfera realizzata magistralmente, quando uscì nel 1997 l’opera di Toru Hagihara e Koji Igarashi conquistò il cuore di moltissimi giocatori, e la sua popolarità ha continuato a crescere negli anni.

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Castlevania: Symphony of the Night.

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Mentre nei capitoli precedenti della serie il giocatore veniva praticamente sempre messo nei panni di un esponente della famiglia Belmont, stavolta il protagonista è Alucard, il figlio del conte Dracula che si è alleato con gli umani per porre fine ai piani malvagi del padre. Il ritorno di Castlevania, una fortezza nata dal caos che si dice appaia ogni 100 anni in una forma diversa, ha fatto destare il “giovane” vampiro dai cappelli banchi dal suo lungo sonno, e ora dovrà esplorare il castello maledetto per scoprire la verità sulla sparizione di Richter Belmont, il protagonista del capitolo precedente. Per quanto la trama di per sé sia abbastanza banale, alcuni dei dialoghi di Symphony of the Night sono diventati memorabili, come l’iconico “What is a man? A miserable little pile of secrets”. Il distacco delle precedenti iterazioni della serie è visibile anche dal character design curato da Ayami Kojima: passiamo dagli eroi biondi e tutto muscoli alla figura affilata e tenebrosa di Alucard.

È proprio per quanto riguarda il gameplay però che si palesano le differenze più importanti con i predecessori: il focus viene spostato dal platforming al combattimento e all’esplorazione. Igarashi ha svelato di essersi ispirato a The Legend of Zelda, altra serie leggendaria di che abbiamo recentemente analizzato, per la realizzazione del Level Design di Symphony of the Night. Gli sprite del personaggio e dei nemici occupano molto più spazio rispetto allo standard dei giochi platform. Ciò perché lo sviluppatore ha voluto dare più importanza agli scontri: sia il player che i nemici hanno a disposizione un ampio numero di mosse. Nonostante inizialmente la strada percorribile sia una sola, molto presto è possibile scegliere in che direzione esplorare. Man mano che avanzeremo raccoglieremo oggetti che ci doneranno nuove abilità, che spesso ci permetteranno di avere accesso ad aree altrimenti irraggiungibili. Se sfruttate in modo intelligente queste reliquie, che per esempio consentiranno di trasformarci in pipistrello, spiccare salti altissimi o evocare dei famigli, non saranno utili solo nella fase esplorativa, ma anche nelle battaglie.

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Molte armi hanno una cadenza di attacco e raggio diversi, e in certi casi dispongono anche di attacchi speciali unici attivabili eseguendo determinate sequenze di comandi.

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La novità più dirompente introdotta da Igarashi sono le meccaniche GDR, completamente assenti nella serie prima d’allora. Infatti nel castello potremo trovare un enorme numero di equipaggiamenti, ciascuno con le sue statistiche e particolarità. Per esempio molte armi hanno una cadenza di attacco e raggio diversi, e in certi casi dispongono anche di mosse speciali uniche attivabili eseguendo determinate sequenze di comandi. Inoltre quando sconfiggiamo dei nemici c’è anche la possibilità che rilascino casualmente degli strumenti unici (a seconda del tipo di mostro) e ciò contribuisce a rendere unica ogni nuova partita. C’è da dire tuttavia che, probabilmente per inesperienza con il genere, è proprio sotto l’aspetto GDR che il titolo presenta alcune imperfezioni. Il sistema di level up è decisamente superfluo, e ottenendo determinati equipaggiamenti viene rimossa qualsiasi sfida dal gioco. Tuttavia, se non si utilizzano tali metodi (sia per scelta che per mancanza) il titolo è sicuramente in grado di offrire degli scontri impegnativi e interessanti. Inoltre, una volta terminato il gioco normalmente, potremo anche decidere di riviverlo nei panni di Richter, che avrà un gameplay molto più simile agli originali Castlevania grazie alla totale assenza di elementi RPG.

i fondali sono ricchi di dettagli

Come vi abbiamo detto la trama di Symphony of the Night non è nulla di eccezionale, tuttavia questo gioco contiene uno dei colpi di scena a nostro parere più impattanti del medium. Ovviamente il resto del paragrafo conterrà degli spoiler, quindi se volete recuperarvi questo Castlevania senza rovinarvi la sorpresa vi consigliamo di saltarlo. In relativamente poco tempo è possibile raggiungere il boss finale del gioco, ovvero Richter (che a quanto pare è diventato malvagio), e una volta che lo si uccide si assiste al finale. Fino a qua è tutto nella norma. Tuttavia, ricaricando il salvataggio e finendo di esplorare a fondo il castello è possibile ottenere un oggetto che ci permetterà di vedere che in realtà il cacciatore di vampiri è controllato dal prete oscuro Shaft. Dopo essere stato smascherato il demone scappa, evocando dal cielo un secondo castello, questa volta al contrario, in cui si rifugia per ultimare il ritorno del suo padrone. A questo punto il giocatore, che credeva di aver già terminato l’opera, scopre di essere in realtà solo a metà. Infatti questa fortezza invertita, che richiederà l’utilizzo di tutte le abilità apprese in precedenza per poter essere esplorata, contiene equipaggiamenti, mostri e boss completamente inediti e molto più potenti di quelli a terra.

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La grafica 3D è stata sfruttata per diversi fondali del gioco, dando un senso di profondità raro per il genere.

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Anche dal punto di vista estetico Castlevania: Symphony of the Night è un titolo di altissima qualità. Dopotutto il prodotto è uscito proprio nel periodo di transizione tra grafica 2D, che aveva raggiunto livelli molto elevati, a quella 3D, e per questo gli sprite sono molto dettagliati e le animazioni fluide. Dei modelli tridimensionali sono stati invece sfruttati, oltre che per l’intro (che è invecchiata abbastanza male), per diversi fondali del gioco, dando un senso di profondità molto raro per il genere. L’eccellente colonna sonora, realizzata da Michiru Yamane, spazia tra musica classica barocca, techno e rock gotico, accompagnando alla perfezione la nostra esplorazione del castello pieno di misteri e pericoli.

Uno dei più grandi valori di Symphony of the Night rimane indubbiamente la rigiocabilità: mentre la prima volta che si vive l’esperienza è affascinate esplorare i meandri della fortezza e affrontare le sue bizzarre mostruosità, una volta che si conosce bene il posizionamento dei potenziamenti il divertimento diventa proprio cercare di raccoglierli nel modo più efficiente possibile, o provare a completare il gioco con armi differenti. Purtroppo negli ultimi anni Konami ha praticamente abbandonato la produzione di questo genere dei giochi, a seguito del contestato reboot in 3D della serie. Tuttavia il rilascio della collection Castlevania: Requiem (contenente Symphony of the Night e Rondo of Blood) ci fa sperare bene per il futuro. In ogni caso, l’eredità dell’opera è ancora viva nel panorama indie, dove il genere metroidvania è tutt’oggi molto popolare. Inoltre lo stesso Igarashi insieme a numerosi dei suoi fidati collaboratori si sono separati dalla compagnia nipponica e, a seguito di una campagna Kickstarter, hanno iniziato lo sviluppo di Bloodstained: Ritual of the Night, che dovrebbe uscire nel corso del 2019.

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