Come ogni mese, eccoci tornati a parlare di alcuni tra i lungometraggi più influenti del mondo della settima arte. Se febbraio è stato caratterizzato dalle inquietanti atmosfere di Psycho del noto Alfred Hitchcock, questa volta facciamo un salto temporale notevole e arriviamo negli anni ’90, quando uscì un film d’esordio molto potente e sperimentale: Reservoir Dogs, conosciuto comunemente come Le iene. Il regista dietro la macchina presa, ma anche coinvolto nella sceneggiatura, è il celebre Quentin Tarantino, filmaker che da sempre ha diviso gli spettatori in due: tra questi c’è chi lo ritiene un genio del cinema, altri invece trovano il suo linguaggio filmico fin troppo sopravvalutato. Al di là di queste discussioni sterili, ci occuperemo di valutare in maniera oggettiva il prodotto e far capire come mai è così importante per la carriera di questo artista, e per il mondo dell’intrattenimento in generale. Iniziamo quindi a dare un breve sguardo alla storia, per poi analizzare alcuni dettagli significativi.
Il film racconta le vicende di un gruppo di criminali che sono coinvolti in una rapina. L’esito del colpo è purtroppo negativo e da questa tragica conclusione si snodano tutte le sequenze dell’opera. Già da questa descrizione è abbastanza chiaro che il copione non è presentato al pubblico in maniera lineare, ma ha una struttura totalmente caotica che non rispetta cronologicamente gli eventi che accadono. Inoltre, per rendere ancora più interessante il tutto e per garantire un migliore approfondimento dei personaggi in campo, viene omessa la parte del furto e le uniche cose che vedremmo saranno la sua preparazione e la fuga che segue il colpo vero e proprio. L’aspetto sicuramente geniale di uno schema narrativo così atipico è che si rompono le convenzioni di un ordine prestabilito e si realizza qualcosa di frammentato, senza però creare confusione ai fruitori, ma anzi incuriosendoli sempre di più, tenendo alta la tensione. La particolare organizzazione delle scene ha anche un’importanza nello stile del autore stesso, che utilizzerà spesso la tecnica nei suoi lungometraggi successivi, come in Kill Bill, e può essere etichettata come un suo marchio di fabbrica.
Ogni membro della banda, che viene chiamato con un colore differente per evitare di rivelare la propria identità, viene analizzato nella sua interezza, dal background di riferimento, fino ad arrivare ad elementi più caratteristici.
La valorizzazione delle figure presenti all’interno del film è un altro importante punto da sviscerare. Saranno infatti i vari delinquenti i protagonisti dei sotto-capitoli che divideranno l’intero racconto nelle disorganiche sezioni di cui stavamo parlando prima. Ogni membro della banda, che viene chiamato con un colore differente (che esprime perfettamente l’indole di ciascuno) per evitare di rivelare la propria identità, viene analizzato nella sua interezza, dal background di riferimento, fino ad arrivare ad elementi più caratteristici. Il valore aggiunto è dato ovviamente dal cast di attori coinvolti, tutti grandi nomi dello star system, che contribuiscono a rendere ancora più iconici i loro alter ego su schermo. Si passa dalla sobrietà e sensibilità di Mr. White (Harvey Keitel) alla volgare irriverenza di Mr. Brown (lo stesso Quentin Tarantino), dal taciturno Mr. Blue (Edward Bunker) allo sfrontato sadismo di Mr. Blonde (Michael Madsen). Chiudono il cerchio Mr. Pink (Steve Buscemi), cinico ed egoista e Mr. Orange (Tim Roth), segretamente un poliziotto sotto copertura. Dal veloce sguardo ai personaggi si può intendere il perfetto equilibrio che ha voluto creare il filmaker, realizzato contrapponendo temperamenti simili con alcuni differenti, in maniera tale da non avere delle personalità che emergono rispetto ad altre.
Tornando a descrivere quelle particolarità che sono tipiche di Tarantino e che saranno riprese in molti altri film del regista, è doveroso aprire un capitolo a parte sulla colonna sonora. La musica nei lavori del maestro del pulp è sempre stata una componente fondamentale della sua poetica e già in Reservoir Dogs si può benissimo comprendere come la scelta delle tracce è sintomo del mood che vuole esprimere il prodotto. La realtà fittizia della radio è un ottimo stratagemma per poter inserire pezzi prevalentemente degli anni ’70 che, oltre a far parte della cultura dell’autore stesso, si integrano nelle varie sequenze, dando un taglio nostalgico ed epico all’intera vicenda. Non è un caso, infatti, che la nota scena della tortura di Mr. Blonde con Stuck in The Middle With You in sottofondo e l’introduzione iniziale dei personaggi sulle note di Little Green Bag, sono rimaste scolpite nell’immaginario collettivo.
Se volete addentrarvi nella testa di questo incredibile esponente dell’intrattenimento su pellicola, vedere Reservoir Dogs è l’antipasto giusto da potervi gustare, prima di buttarvi nel resto del menu.
Per concludere gli elementi che fanno parte del linguaggio del maestro del pulp, non si può non menzionare la complessità dei dialoghi, permeati di ironia e di humor nero. Anche lo stile registico è un elemento riconoscibile e sottolinea delle inquadrature molto specifiche: ne sono degli esempi l’uso del piano sequenza e lo storico mexican stand off (stallo alla messicana), dove più personaggi si tengono sotto tiro. Le iene è l’inizio perfetto della filmografia di Quentin Tarantino: in quest’opera emergono già tantissime caratteristiche che sono oramai considerate dei colpi di stile del regista americano e che hanno condizionato moltissimo il cinema negli ultimi anni. Se volete addentrarvi nella testa di questo incredibile esponente dell’intrattenimento su pellicola, vedere Reservoir Dogs è l’antipasto giusto da potervi gustare, prima di buttarvi nel resto del menu. Dissacrante, violento, geniale, coinvolgente, si potrebbero usare infiniti termini per descrivere il prodotto in questione, totalmente fuori dagli schemi per l’epoca e perfetta preparazione per tutte le gemme che ci ha regalato negli anni il folle autore di Knoxville.
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