Recensione The Umbrella Academy

Oramai di questi tempi le piattaforme streaming stanno dominando il mercato dell’intrattenimento. I vari device stanno acquisendo le più disparate licenze da ogni possibile medium per realizzare degli adattamenti sul piccolo schermo. Il fenomeno, anche se all’apparenza può sembrare positivo, ha di contro il fatto che si porta sui dispositivi troppa carne al fuoco, così tanta da avere nel catalogo dei prodotti scadenti. Raramente, infatti, si riescono a rintracciare serie che sappiano davvero cogliere nel segno ed eccellere in più campi. Una di queste mosche bianche è The Umbrella Academy, composta da 10 episodi e disponibile dal 15 febbraio su Netflix. L’opera, che è tratta dal fumetto omonimo scritto da Gerard Way, frontman dei My Chemical Romance, e disegnato da Gabriel Bá, all’apparenza sembra l’ennesima storia di supereroi, ma nasconde molto altro. Se volete scoprire realmente cosa si cela dietro lo show che sta spopolando in tutto il globo, vi invitiamo a leggere la recensione.

Le premesse sono già piuttosto interessanti: qualche anno prima della storia narrata, un miliardario ha adottato sette bambini molto particolari, in quanto provvisti di poteri speciali. Il suo obbiettivo è quello di addestrarli e di prepararli a combattere e risolvere ogni situazione che richiede il loro aiuto. Dopo anni di separazione, la famiglia si riunisce in occasione della morte del padre e si trova costretta a fronteggiare una minaccia incombente: l’Apocalisse. Fin dal primo episodio, che funge da presentazione per ogni membro del gruppo, si evince la cura e l’impegno dedicato alla caratterizzazione dei personaggi. Tutti i giovani protagonisti, infatti, hanno un background ben delineato, scopi precisi e una propria affascinante personalità. Non sarà necessario dovervi parlare di ognuno di essi, ma vi basti sapere che l’arco evolutivo di ognuno sarà perfettamente rintracciabile all’interno della storia. Nonostante ciò, si avrà l’impressione che le personalità più bizzarre e fuori dagli schemi oscureranno le altre. In realtà, questa sarà solo una sensazione iniziale e mano a mano che la sceneggiatura continua, ci si renderà conto che il bilanciamento delle figure su schermo è stato realizzato brillantemente.

Un altro punto di forza dello show è che, nonostante le abilità speciali dei personaggi siano al centro delle dinamiche, queste siano solo un pretesto per raccontare aspetti più profondi e psicologici.

Un discorso analogo si può ampliare agli antagonisti, che non risultano per nulla stereotipati, ma che invece sono stati pensati sapientemente, per non risultare mai banali e scontati. Tant’è vero che è difficile trovare effettivamente dei villain in quanto tali, visto che non ci sono dei veri e propri malvagi all’interno del racconto. Il merito di una tale costruzione narrativa, ovviamente, non è solamente degli sceneggiatori, ma anche del convincente cast alle spalle della realizzazione. Ellen Page (Vanya), Tom Hopper (Luther), Robert Sheehan (Klaus), Emmy-Raver Lampman (Allison), David Castañeda (Diego), Aidan Gallagher (Numero 5) e tutti gli altri attori coinvolti nel progetto sono riusciti a diventare un tutt’uno con le figure da loro interpretate, rendendo realistici tutti gli atteggiamenti, pensieri e dialoghi che appartengono a icone di fantasia. Un altro punto di forza dello show è che, nonostante le abilità speciali dei personaggi siano al centro delle dinamiche, queste siano solo un pretesto per raccontare aspetti più profondi e psicologici.

The Umbrella Academy
Cha-Cha (Mary J. Blige) e Hazel (Cameron Britton), i principali antagonisti della vicenda.

Tra i più evidenti figura la tematica dell’abbandono, che può essere associata ad ogni componente di questa famiglia disfunzionale. Gli eroi sono stati in qualche modo cresciuti in maniera fredda e superficiale, visti più come uno scopo che come un dono e lasciati soli in tutta la loro esistenza. Tra di loro c’è chi ha provato a dare un senso al tutto, ma anche chi invece ha rotto completamente i rapporti d’affetto e d’amore e si è allontanato. Dal ragionamento sopracitato deriva inoltre un altro elemento imprescindibile, che considerando il nostro presente, è estremamente attuale: la diversità. Quest’ultima è vissuta differentemente dai ragazzi, che hanno combattuto per tutta la loro vita per cercare di essere normali, ma che alla fine hanno capito che la soluzione è rimanere sé stessi e accettarsi. In un’epoca in cui dilaga il razzismo e l’omofobia, un messaggio positivo di tale portata, che invita a sviluppare il proprio io senza dover cambiare per gli altri, trova nei protagonisti una voluminosa cassa di risonanza che riecheggia in più scene di ogni puntata.

The Umbrella Academy è sicuramente uno dei migliori prodotti di questo inizio 2019 e l’anno seriale non poteva che cominciare con il botto.

 

Passando alla regia, non si notano picchi di estrema genialità, ma tutte le sequenze di combattimento sono ben coreografate, esprimendo al meglio la frenesia e la foga degli scontri. Il tutto è poi supportato da una colonna sonora entusiasmante. Oltre ad essere presenti delle strepitose cover dello stesso Gerard Way, le energiche tracce ci trascinano a tempi di musica per tutta la durata dello show, fornendo una perfetta descrizione sonora ad ogni sequenza. Vi confessiamo che la trascinante soundtrack ha contagiato più di un redattore all’interno di VMAG e la playlist si sta diffondendo prepotentemente nelle nostre orecchie a tutto volume.

The Umbrella Academy è sicuramente uno dei migliori prodotti di questo inizio 2019 e l’anno seriale non poteva che cominciare con il botto. L’invito alla visione è rivolto a tutti, dai neofiti che non conoscono per nulla il fumetto, ma anche a chi ha letto l’opera originaria. I puristi potrebbero però storcere il naso su alcuni cambiamenti importanti all’interno dell’opera, ma il linguaggio cinematografico impone degli stilemi differenti dalla controparte letteraria, quindi le trasformazioni erano inevitabili. Detto questo, la nostalgia ha già preso piede e la voglia di vedere una seconda stagione sta colpendo tutti quelli, che come me, sono rimasti rapiti dal prodotto. Per fortuna, in una recente intervista, Way (che comunque ha collaborato in parte al progetto) ha dichiarato che ha già fornito del materiale ai produttori per altre storie da raccontare. L’attesa ci distruggerà, ma se si manterranno su questo livello, ne varrà dannatamente la pena.