Se dovessimo rispondere alla domanda “cos’è che amiamo di Metro?”, quale sarebbe la nostra risposta? Magari le ambientazioni, il setting, la narrazione o più banalmente il gameplay stesso. Si tratta, infatti, di un quesito le cui sentenze variano in base alle esigenze dei singoli utenti, o lettori. Chi è appassionato al brand, infatti, saprà bene come l’intera serie sia ispirata ai romanzi dell’autore russo Dmitry Glukhovsky, che ritraggono uno scenario post-apocalittico lontanamente verosimile al nostro. A distanza da quasi nove anni dal rilascio del primo capitolo, Deep Silver e 4A Games tornano a raccontarci le avventure di Artyom all’interno della Russia desolata che ha fatto innamorare milioni di giocatori. Scopriamo assieme se Metro Exodus riesce ad essere il sequel che tutti noi aspettavamo.
Veniamo catapultati così nella metropolitana di Mosca, subito dopo gli eventi del D6 di Metro: Last Light. Artyom è ora considerato un eroe, ma non riesce più a convincersi che la vita all’interno della metro sia quella cui lui dovrebbe appartenere. Lui sa di non essere nato per vivere sotto un pavimento e, di conseguenza, non può sopportare l’idea di invecchiare tra i binari. Proprio questa è la motivazione che lo spinge a esplorare le rovine radioattive della soprassuolo alla ricerca non tanto di munizioni ma di risposte. Sebbene sua moglie Anna e il Sergente Miller lo costringano a dimenticare il mondo in cui egli è nato, decide comunque di credere che ci siano persone ancora vive all’infuori della Russia, ma è proprio questa curiosità che lo porterà a scoprire delle tristi verità. Metro Exodus, quindi, si pone l’obiettivo di rispondere a dei quesiti che non sono mai stati realmente posti nei precedenti capitoli. Mentre in Metro 2033 e Last Light giocavamo consapevoli che i fatti stessero in un certo modo, Exodus parte col presupposto che dobbiamo chiedere di più dal mondo che ci circonda, essere curiosi e non aver paura di conoscere ciò che è, di fatto, sconosciuto. Ma mentre queste potrebbero essere le basi della narrazione stessa dell’opera, 4A Games e Deep Silver sono stati capaci di tradurre questi concetti in vere e proprie meccaniche di gameplay. La progressione “binaria” e lineare della storia non è di certo abbandonata ma, anzi, viene ampliata in modo magistrale grazie alla presenza delle tante enormi aree che potremo esplorare come fossero dei puri sandbox. Durante tutto il viaggio dell’Aurora, la locomotiva a vapore dei Rangers, faremo diverse tappe in enormi zone che potremo esplorare in ogni angolo, in cerca di munizioni, materiali o semplicemente per completare quest secondarie e soprattutto primarie. Per raggiungere un determinato punto della mappa, quindi, non dovremo più spostarci dal treno all’obiettivo, ma potremo fare deviazioni, scegliere percorsi meno pericolosi o più adatti alle nostre capacità.
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Miller è severo e risoluto, Sam sarà un compagno perfetto e Idiota sarà… l’idiota di turno.
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Ancora una volta saremo chiamati a razionare saggiamente i filtri della maschera antigas oppure a decidere quando è il momento di combattere e quando di farsi da parte. Nonostante non abbiamo riscontrato la carenza di risorse che nei precedenti capitoli era maggiormente accentuata, più volte siamo stati costretti a evitare avamposti dei soldati o branchi di mutanti. Per farlo, peraltro, possiamo semplicemente raggirare i gruppi di nemici o anche dormire fino a tarda notte, per evitare che troppe sentinelle siano di pattuglia e per agire al buio. Ma proprio quando nelle fasi più stealth venivamo individuati abbiamo scoperto la più grande debolezza di Metro Exodus: l’intelligenza artificiale degli NPC, che è rimasta invariata rispetto al passato. Nonostante ci abbia sorpresi la precisione con cui i soldati segnalano ai loro compagni la nostra posizione, ci ha delusi molto il modo in cui questi tenteranno di ucciderci. Li vedremo correre davanti ai nostri occhi senza spararci, nascondersi in posti dove possiamo colpirli o anche arrendersi facilmente. Gli scontri contro di loro, quindi, non sono mai soddisfacenti né tanto meno impegnative al punto da costringerci a razionare le munizioni. Discorso analogo va fatto con le animazioni e le espressioni facciali dei personaggi della storia, che non sempre riescono a rappresentare le emozioni che vorrebbero trasparire. Un peccato, dato che la caratterizzazione dei nostri alleati è comunque riuscitissima. Ognuno mostrerà di avere ognuno un’indole diversa dall’altro: Miller è severo e risoluto, Sam sarà un compagno perfetto e Idiota sarà… l’idiota di turno. Non possiamo nascondere che spesso alcune battute, talvolta anche molto adulte, ci hanno davvero fatto scappare una risata.
L’esplorazione, come abbiamo visto, non fa solo da contorno alla narrazione, ma ci permette di sopravvivere a situazioni in cui potremo trovarci in difficoltà, dato che spulciando i corpi dei più sfortunati o nei cassetti troveremo proiettili, medikit oppure oggetti per il crafting. Perché si, una delle più grandi novità del terzo capitolo della serie è proprio il sistema che ci permette di creare da un tavolo di lavoro, o più limitatamente dallo zaino di Artyom, moltissimi oggetti. Questi vanno dalle munizioni ai medikit, fino ad arrivare alla personalizzazione delle armi. Ma quest’ultimo è sicuramente uno degli aspetti che più ci ha convinto, dato che l’unico limite per il crafting è la nostra immaginazione: da una revolver potremo creare un fucile da cecchino e smontarlo in qualsiasi momento per renderlo, ad esempio, un fucile a pompa. Peraltro, non si tratta assolutamente di un sistema complesso o macchinoso, come potrebbe sembrare a prima vista, dato che bastano alcuni minuti per comprendere immediatamente come produrre munizioni o sistemare il nostro equipaggiamento in pochi secondi, anche durante uno scontro.
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Il comparto narrativo è il cuore di Metro Exodus, su cui il gameplay, i personaggi e le ambientazioni sono profondamente radicate.
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Ma l’aspetto su cui Deep Silver e 4A Games hanno voluto davvero puntare è la storia stessa, dato che il gioco, come viene ricordato all’avvio, è ispirato al libro Metro 2035 dell’autore originale. Proprio per questo motivo, il comparto narrativo è il cuore di Metro Exodus, su cui il gameplay, i personaggi e le ambientazioni sono profondamente radicate. Si tratta, come abbiamo visto, di un’avventura on-the-road che ci mostra continuamente setting diversi, realtà opposte a quella della buia e stretta metropolitana di Mosca. Quello di Artyom è un viaggio in continua evoluzione, arricchito da missioni primarie e secondarie sempre differenti, che offrono punti di vista altrettanto vari. Scopriamo così che la guerra atomica ha portato alla nascita di sette, all’unione di mercenari, allo svilupparsi di creature ancora più spaventose. Non possiamo non citare, però, l’incredibile impatto visivo che 4A Games è riuscita a ottenere con il loro motore. Tra effetti luminosi, ombre riprodotte alla perfezione e texture di altissima qualità, anche la pelle dei personaggi sembra essere reale, come pochissimi titoli sono riusciti a mostrare negli ultimi anni. A lasciare senza fiato, però, sono principalmente i panorami post-apocalittici, specialmente quando siamo in barca e osserviamo l’orizzonte, il cui sole riflette magistralmente la sua luce sui fiumi.
Metro Exodus è, quindi, il capitolo che i fan della serie aspettavano da ormai troppo tempo. Arricchisce nel migliore dei modi le formule di gameplay che avevano funzionato nei precedenti capitoli e le mescola con un comparto narrativo che funziona e che riesce sempre a coesistere con l’esplorazione da parte del giocatore. Escludendo alcuni bug visivi minori, caricamenti talvolta lenti e un IA che non convince mai, Exodus ci ha fatto capire che non sempre è necessario stravolgere i dogmi fondamentali di una saga per realizzarne un titolo inedito e moderno. A volte basta solo capire in cosa si è riusciti in passato e prendere spunto dai successi e dai fallimenti, per riuscire a creare qualcosa di più grande. Ricordiamo ai lettori che Metro Exodus è ora disponibile su PlayStation 4, Xbox One e su PC tramite Epic Games Store.