Matteo Stronati, sound designer di Gigantic: “Il suono? È personalità”

I lavori su Gigantic, attesissimo titolo action sviluppato da Motiga, sono ormai prossimi al completamento e in giro c’è già chi vede il gioco come una delle prossime rivelazioni della galassia MOBA (e oltre). Non c’è troppo da stupirsi, considerato il fatto che alla guida del team c’è James Phinney, ex lead designer di Starcraft e Guild Wars.

Nel tentativo di scoprire maggiori dettagli a riguardo, abbiamo dunque intercettato l’italianissimo Matteo Stronati che, in qualità di composer, sound designer e audio lead, è stato ben lieto di fornire a VMAG in esclusiva assoluta un interessante feedback sulla produzione, svelandoci qualche singolare trucco del mestiere!

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Salve Matteo e benvenuto su VMAG!
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Ciao a tutti!
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Cominciamo subito con una domanda direttamente legata al lavoro che hai svolto su Gigantic: da quel che si evince sembra che tu abbia avuto l’onere e l’onore di occuparti di ogni singola sfaccettatura del comparto sonoro del gioco. Possibile che abbia fatto tutto da solo?
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Ebbene sì: mi occupo di ogni aspetto del sound design di Gigantic. E vi assicuro che si tratta davvero di un lavoro enorme!
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Non lo mettiamo affatto in dubbio! Ciò implica anche la realizzazione delle musiche, oppure per questo aspetto ti avvali dell’apporto di altri collaboratori?
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Compongo tutto io. Ho una doppia laurea al Berklee College of Music, dove conseguì una specializzazione in professional music composition, electronic production e sound design. Ho sempre usato entrambe le mie capacità: dai tempi in cui andavo al college sino al mio ultimo lavoro alla Tencent ho mantenuto questo doppio backgound.
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Pur essendo uno One-Man Army dovrai in ogni caso avere un dialogo diretto col resto del team. In questo senso, ti sono stati imposti vincoli creativi di qualche tipo oppure ti è stata lasciata carta bianca?
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Il dialogo col team è un aspetto fondamentale del mio lavoro, tanto che rappresenta un appuntamento quotidiano! Anzi, ti dirò che l’Audio Lead è la persona che interagisce di più con gli altri; innanzitutto sei l’ultimo della catena di montaggio, quindi tutte le cose devono prima passare attraverso le varie fasi di incubazione; io entro in gioco quando ci si avvicina alla parte dei visual effects. In quel momento inizio a pensare ai suoni che voglio abbinare a questo o quell’asset. Una volta stabilite le basi di partenza, mi confronto con i VFX artist, pongo loro delle domande specifiche, chiedo cosa intendono comunicare; spesso contatto anche gli animatori e infine consulto i designer per stabilire se la mia idea funziona. Chiaramente, se un animatore cambia un dato asset dall’oggi al domani, dovrò aggiornare il mio in modo da farli combaciare: in questo senso devo sempre monitorare ogni singola modifica apportata e valutare bene quando e come intervenire per non svolgere un lavoro inutile.
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Possiamo quindi dire che sei anche l’elemento che risente maggiormente dei cambiamenti da ultimo minuto…
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Si, esatto. Ma questa è solo una sfaccettatura del mio lavoro. Ve ne sono altre, di natura più tecnica: la mia specializzazione nella cura del suono mi rende anche una sorta di jolly operativo, il cui ausilio è spesso richiesto dalle più disparate divisioni del team.
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Nella nostra fase di testing, abbiamo notato che i suoni non sono prettamente realistici, ma leggermente “smussati”, ad esempio gli spari sono quasi orecchiabili. A cosa si deve questa particolare impostazione?
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La scelta di uno stile ben delineato costituisce uno degli aspetti più interessanti del sound design, e differenzia un vero artista da qualcuno che semplicemente implementa suoni.
Per prima cosa, l’audio che costruisco deve essere congruo a ciò che si vede su schermo e per rappresentare ciò che sta accadendo il realismo non è necessariamente la soluzione più efficace: talvolta si parte da qualcosa che non ha niente a che fare con le immagini. Potrei fare milioni di esempi: per i movimenti di un robot si può iniziare dal suono emesso da una macchina del caffè e così via. Ovviamente l’obbiettivo è che il risultato finale non permetta di riconoscere che quel suono proviene effettivamente da una macchina del caffè…
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A questo punto non possiamo fare a meno di menzionare quello che attualmente il nostro personaggio prediletto: Tripp, la silenziosa assassina fulminea. Quando entra in azione, i suoi suoni taglienti esprimono la personalità meglio di qualunque parola. A proposito, abbiamo  notato che i personaggi non parlano molto: si tratta di una soluzione provvisoria?
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Questo aspetto è legato ad un contesto un po’ più grande: il game developing è un processo ad iterazioni in cui si procede fase per fase; non è raro, come in questo caso, che il voice-over sia pertanto applicato molto tardi rispetto al resto del lavoro, perché se dovesse cambiare qualcosa nel personaggio sarebbe fatica sprecata. Diciamo che nei prossimi due mesi integreremo molti dettagli contestuali per garantire una maggiore resa della personalità; il gioco non punterà ovviamente su queste caratteristiche, ma potrete senz’altro aspettarvi più battute.
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Si ritiene che una parte importantissima dei giochi competitivi sia costituita dal coefficiente di priorità legato ai suoni. Quali sono gli elementi cui fate riferimento per capire a quale suono dare più risalto in dati momenti del gioco.
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Questo è uno degli aspetti più delicati del mio lavoro: da una parte c’è un discorso di pulizia del mix, ovvero che il giocatore deve sempre capire cosa sta succedendo, dall’altra, si tratta di porre adeguato risalto a elementi che possano dirottare l’attenzione del giocatore verso un dato aspetto del contesto. Ad esempio, quando i guardiani diventano vulnerabili, l’utente avverte il suono del battito cardiaco: questo suono emerge su tutti gli altri e fa sì che il team riceva questo precisa informazione durante il combattimento.
Un esempio ulteriore piò essere costituito dal momento in cui il cecchino entra in modalità prima persona: c’è un filtro che viene applicato a tutti i suoni tranne quelli emanati dal cecchino stesso, pertanto tutto il resto del mondo suona ovattato; è un modo di dare al giocatore la sensazione di essere concentrato per fare un colpo.
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Gigantic ha una sua personalità

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[su_pullquote align=”right”]Ho usato anche strumenti atipici, come xilofoni, ottoni e sassofoni.[/su_pullquote]

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Se dovessi definire con un’unica parola l’imperativo che hai seguito sviluppando il suono di Gigantic, quale sarebbe?
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Beh, una parola sola è difficile. Diciamo che al di là dei principi base del sound design, un concetto importante è la personalità: ogni suono non deve solo rappresentare quello che sta succedendo, ma anche contribuire a rendere il carattere. Riprendendo l’esempio di Tripp, lei ha suoni molto taglienti, ma anche l’aspetto elettrico e la sua velocità sono resi per contribuire alla personalità tanto quanto gli effetti visivi. Spesso ci si dimentica di queste sfumature: tutti i dipartimenti vogliono contribuire a rappresentare qualcosa, e poi l’audio è messo lì, mentre svolge un ruolo altrettanto importante.
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[su_pullquote align=”left”]Da batterista ho avuto modo di suonare molto progressive rock.[/su_pullquote]

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Dovendo azzardare una stima, lo sviluppo di un gioco come Gigantic è più influenzato dalla sfera artistica o da quella tecnica?
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Ti direi che abbiamo raggiunto un equilibrio quasi perfetto tra le due cose: in passato, ho lavorato a progetti in più sbilanciati, ma qui abbiamo dedicato tanto impegno sull’aspetto visivo quanto al design, ovvero bilanciare i personaggi e creare nuove abilità; ogni eroe ha una personalità diversa, gioca in maniera diversa, ma loro sono al contempo complementari e funzionano tra di loro nonostante le differenze…
La parte visiva è non solo affascinante, ma anche inusuale: comunica qualcosa, non si tratta solo di cosmesi estetica; Gigantic ha una sua personalità.
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Hai registrato qualche picco di difficoltà critico durante lo sviluppo del gioco?
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Difficoltà non è la parola che utilizzerei, ma c’è stato un aspetto che ha richiesto più lavoro di tutti gli altri: i suoni per il Naga. Do una spiegazione artistica ed una tecnica; quella artistica è che chi lo interpreta deve avvertirne la potenza, mentre chi lo affronta deve temerlo: in questo senso è stato complesso trovare un equilibrio tra questi due aspetti.
Un’ altra sfida era costituita dal fatto che i guardiani ripetono spesso i medesimi pattern d’animazione: avere quattro o cinque variazioni per ogni animazine in questo caso non era sufficiente. Per spiegarla in maniera semplice, ogni volta che il Naga si muove ci sono tantissimi suoni che vengono ricombinati in tempo reale non solo orizzontalmente, ma anche verticalmente – come più note in un pianoforte – per far sì che non suoni mai uguale. Il risultato è che anche se passi 20 minuti a fianco ad esso non si sentirà niente di ripetitivo.
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Prima di lasciarci, vorremmo chiederti quali sono le tue principali fonti di ispirazione…
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Dal punto di vista musicale non c’è un nome specifico, ma piuttosto diverse influenze. Ci fu una conversazione col team in cui abbiamo chiarito che l’obiettivo era dare a Gigantic una personalità anche dal punto di vista sonoro, quindi iniziai a sperimentare, e il risultato è che da una parte senti un grande aspetto orchestrale, ma dall’altra questo non è utilizzato come nella stragrande maggioranza dei videogame, cioè in maniera epica, solenne.
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Insomma c’è un tocco di classico, ma avendo sentito diverse volte il materiale rilasciato possiamo dire che ci sia anche una sfumatura tribale.
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Si, tribale, ma anche divertente, nella maniera in cui Gigantic lo è; ho usato anche strumenti atipici, come xilofoni, ottoni, sassofoni. Dal punto di vista compositivo, invece, ci sono tanti tempi dispari. Da batterista, ho avuto modo di suonare anche molto progressive rock; pertanto mi viene facile scrivere, ad esempio, in sette ottavi.
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Beh, è una fortuna per la Motiga avere audio lead del genere, non se ne troveranno molti in giro!
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Si, infatti è una cosa un po’ peculiare. In definitiva, ho mescolato l’aspetto orchestrale a quello di strumenti non tipicamente occidentali, utilizzando appunto tempi particolari. Aggiungerei che, sebbene la maggior parte dell’ispirazione arrivi dagli altri dipartimenti, una figura che mi ha sempre stimolato è stata Ben Burtt, un sound designer che ha lavorato ad opere come Star Wars e Wall-E, tutti film dove il sound design è un capolavoro.
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Molto bene, Matteo, a questo punto non ci resta che attendere la release definitiva di Gigantic e goderci con attenzione tutto ciò che hai preparato per noi… Magari, nell’attesa, faremo anche una visitina a YouTube per ascoltare qualche anteprima!
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Ma certo! Vi ringrazio per avermi ospitato: trovo sia molto bello che vi dedichiate ad esplorare anche questi aspetti del game design!
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VMAG continuerà ovviamente a seguire con estremo interesse lo sviluppo di Gigantic: aspettatevi dunque ulteriori approfondimenti a riguardo!

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