Questo 2018 è stato pieno di tantissimi titoli e una moltitudine di novità che potrebbero portare cambiamenti epocali per quel che riguarda l’industria videoludica. Se da una parte abbiamo potuto gustarci i vari Red Dead Redemption 2, Detroit: Become Human o God of War, al contempo abbiamo assistito a Epic Games che ha aperto il proprio store digitale, andando a competere con Steam, ma anche all’acquisizione da parte di Microsoft di tantissimi studi e l’annuncio da parte di PlayStation riguardo all’E3, che nel 2019 non la vedrà presente. Ma il 2018 è stato anche l’anno delle polemiche, che ci hanno intrattenuto praticamente in tutti e 12 i mesi: iniziamo con la carrellata!
Red Dead Redemption 2 è stato uno dei giochi più attesi del 2018: a dimostrarlo c’è stata anche l’enorme mole di premi che si è portato a casa, anche se l’ambito premio Game of the Year agli scorsi awards se lo è accaparrato God of War. Poco importa, dal momento che l’utenza e la critica hanno attestato la qualità del titolo di Rockstar Games. Sulle riviste di settore e non solo, però, non si è parlato solamente della qualità di Red Dead Redemption 2 ma anche dell’enorme sforzo dal punto di vista umano che è stato necessario per svilupparlo. Con un tempo di lavorazione di otto anni, nessuno si aspettava che fosse qualcosa di semplice, ma Rockstar Games è finita sulle pagine dei giornali come l’azienda che ha letteralmente sequestrato i propri impiegati per lavorare da mattina a sera, senza la possibilità di tornare a casa e rivedere i propri familiari per mesi. La compagnia si è difesa dicendo che l’impegno settimanale era poco più di 40 ore con qualche extra, regolarmente retribuito, ma ex-dipendenti hanno raccontato che rimanere in ufficio per 70-80 ore, 7 giorni su 7, fosse la norma.
Bethesda ha fatto infuriare milioni di giocatori con Fallout 76, un prodotto che dai fan dello studio è stato giudicato qualitativamente insufficiente. Se quindi già molti utenti erano insoddisfatti di questo primo capitolo online dello storico franchise, a peggiorare ulteriormente la situazione è stata la stessa azienda, a causa dei borsoni presenti nelle Power Armor Edition. Mentre sul sito era scritto chiaramente che sarebbero state incluse delle borse di tela, i fan si sono visti recapitare a casa delle semplici sacche di nylon, totalmente diverse da quanto promesso e pubblicizzato online, oltre a essere di qualità inferiori. La risposta che Bethesda ha dato a un utente è stata che si sono resi conto solo dopo che il costo di produzione era troppo elevato e che quindi, per rientrare nelle spese, hanno dovuto modificare in corso d’opera le loro strategie, distribuendo un prodotto lontano dalle aspettative di chi aveva acquistato l’edizione speciale. Se poi a questo pasticcio vengono affiancati anche tutti i problemi tecnici di Fallout 76, e l’impossibilità per l’utente di chiedere il rimborso, la frittata è fatta e nel 2019 per Bethesda sarà necessario dimostrare e ribadire di essere ancora una delle aziende top del settore e che quanto successo quest’anno è solo una piccola parentesi isolata.
Fortnite è uno dei prodotti che, già dal 2017, sta entrando a far parte in maniera abbastanza prepotente della nostra vita quotidiana. Se sta piano piano diventando cultura pop, è perché siamo letteralmente bombardati dall’opera di Epic Games, che è arrivata anche nel mondo milionario del calcio professionistico: Antoine Griezmann ha sfoggiato più volte uno dei balletti tipici, ma anche Zlatan Ibrahimovic ha dimostrato il suo apprezzamento. Si mormora anche che la nazionale tedesca di calcio abbia avuto problemi di questo genere e che l’allenatore abbia letteralmente tagliato la linea internet per evitare che i suoi ragazzi facessero le ore piccole durante il mondiale in Russia. Successo a parte, ultimamente Epic Games sta ricevendo tante denunce: se prima PUBG Corp. parlava di violazioni del copyright in relazione al gameplay, adesso i problemi legali arrivano da persone (anche famose) che accusano i creatori di Fortnite di essersi appropriati delle loro movenze senza aver ricevuto il giusto compenso. Dovremo aspettarci ulteriori novità da questo punto di vista? Probabilmente sì, dal momento che molte delle emote presenti hanno similitudini con balletti già visti in rete.
Il 2018 è stato un anno terribile per Telltale Games, fallita pochi mesi fa, che a causa di investimenti non ponderati bene, ha dovuto licenziare praticamente tutti i dipendenti e dichiarare bancarotta. Si tratta di un epilogo triste per quel che riguarda la software house che ha creato opere come The Walking Dead, Batman o The Wolf Among us, che però non hanno portato guadagni sufficienti da dare garanzie economiche. Anche l’ultima serie della saga sugli zombie, ispirata al fumetto di Kirkman, ha rischiato di fermarsi dopo il primo episodio ma, seppur con tantissimi problemi, siamo arrivati al terzo capitolo, che vedrà la luce a gennaio. Non è fallito, per fortuna, ma anche Gamestop sta affrontando un periodo molto duro: colpa delle politiche sull’usato che attuano gli store? Probabilmente no. La causa dei problemi del retailer più famoso (e criticato) del mondo, in materia di videogiochi, è da ricercarsi nel mercato digitale in continua crescita. Se il negozio può vendere solo il fisico, e gli utenti acquistano sempre più online, è inevitabile che il modello di business vada in crisi e abbia bisogno di essere modificato. Quando facciamo il confronto fra i Gamestop di ieri e quelli di oggi, che vendono molto merchandise, notiamo il cambiamento della catena che strizza sempre più l’occhio al “mondo nerd” in generale, con l’obiettivo di attrarre non solo il pubblico strettamente legato ai videogiochi ma anche la fetta di utenti che compra i Funko Pop! o le ricariche Netflix.
Se i problemi economici hanno portato Telltale Games alla chiusura e creato problemi a Gamestop, Blizzard pare essersi totalmente affidata a chi controlla i conti: sembrerebbe infatti che tutti i titoli in sviluppo siano controllati completamente dal reparto marketing, che dunque deciderebbe esclusivamente in base alle opportunità finanziarie. Non che si tratti di un concetto sbagliato, se equilibrato e ponderato, dal momento che anche i publisher sono aziende e hanno bisogno di rientrare nelle spese, ma questa pratica di lasciare in mano a chi non lavora sulla creazione dei videogiochi tutto questo potere decisionale rischia di compromettere la qualità del prodotto stesso, dal momento che ci limitiamo a parlare di numeri e basta. Un esempio recente può essere Diablo Immortal per mobile, che magari, considerando i trend di mercato, potrà dare frutti dal punto di vista economico, ma che i fan della serie hanno bollato già come un flop e “tradimento” da parte di Blizzard.
Quest’anno abbiamo assistito alla lotta alle lootbox e alle microtransazioni, che hanno creato un dibattito inerente a quanto sia sbagliato (e pericoloso) lasciare agli utenti la libertà di poter fare acquisti in-game. Non si tratta di quote esorbitanti, ma è inutile negare che alcune persone non riescono a porsi un limite, spendendo anche migliaia di euro ogni mese. Anche se già se ne parlava nel 2017, con l’uscita di Star Wars: Battlefront II, quest’anno siamo entrati nel vivo della faccenda, con Fortnite e FIFA che sono finite nel vortice. La suddetta pratica è stata equiparata alle dinamiche del gioco d’azzardo, dal momento che non è raro assistere a storie di persone che inizialmente puntano poco, ma che poi, a forza di scommettere, restano senza nulla e sono costrette a indebitarsi: si tratta di ludopatia, ovvero il bisogno compulsivo di giocare e, inevitabilmente, rovinarsi. Anche se se n’è discusso parecchio di queste pratiche, vogliamo sottolineare che questo problema non è nato adesso e non è nemmeno colpa della game industry, ma bisogna ammettere che, visti gli ampi margini di guadagno, il nostro settore ha inglobato queste abitudini comuni al gioco d’azzardo e ci ha costruito sopra un business.
Ci sarebbe tanto da dire sulle polemiche nate nel nostro Paese, ma cercheremo di essere il più oggettivi possibili anche in questo caso. In Italia è largamente diffusa l’opinione che il videogame sia qualcosa che rende ignoranti o violenti: se giochi, o sei incapace di fare ragionamenti, o hai inspiegabilmente voglia di prendere una pistola e fare una strage. Alcune di queste parole sono state riferite anche da persone che hanno coperto importanti cariche istituzionali, che dovrebbero sapere che al momento l’industria fattura circa 2 miliardi di euro e che può contare su guadagni maggiori rispetto al cinema. In un programma televisivo è stato anche detto che Fortnite è un “titolo violento dove bisogna eliminare tutti gli altri utenti e rimanere l’unico vivo” o che “giocare alla guerra può essere rischioso per le menti più giovani” . Più che le critiche in sé, sarebbe opportuno diffondere la cultura videoludica, e far capire a tutti che si tratta di un medium come un altro, che può anche essere ricco di emozioni: sempre di più i videogiochi condividono tecniche e risorse proprie della realizzazione dei film, con la differenza che non è una fruizione passiva ma attiva.
In questo articolo abbiamo voluto ripercorrere gli avvenimenti caldi di questo 2018, limitandoci a riportare i fatti senza entrare troppo nel dettaglio e senza dare troppi giudizi, dal momento che ognuna di queste vicende potrebbe essere approfondita abbastanza da meritarsi un commento a parte. Il 2019, almeno dal punto di vista delle polemiche, si prospetta come un anno pieno di discussioni, anche perché di carne al fuoco ce ne sta veramente tanta: attendiamoci il contrattacco di Steam dopo l’arrivo dell’Epic Games Store e la mossa successiva PlayStation dopo aver annunciato l’assenza al prossimo E3.
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