Il GameRome 2018 è stato un’opportunità per toccare con mano il mondo videoludico da un punto di vista molto più tecnico, rivolto soprattutto a developer o, più in generale, alla parte business. Tra una conferenza e l’altra siamo riusciti a intervistare Agostino Melillo, Communication Manager di Intel, che ci ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni per quel che riguarda gli esports e Women in Games, ma ci ha anche dato un’idea di quello che dovremo aspettarci in futuro dal punto di vista tecnologico.
Impressioni di questo GameRome da parte di Intel?
È il primo anno che siamo presenti qui al GameRome e ha molto incuriosito questo respiro internazionale che si è dato all’evento, perché fiere molto più orientate ai consumatori e agli appassionati di videogiochi ce ne sono in Italia, ce ne sono di grande successo: siamo stati alla Milan Games Week, o recentemente anche a un evento molto più sui generis, che è quello di Lucca, quindi non possiamo definirlo un “evento gaming”, ma che investe molto più aree. Però un evento dedicato ai developer, al business del gaming e a capire tutto ciò che c’è dietro questo mondo, è la prima volta in Italia, ed è bello vedere questo coinvolgimento da parte della comunità internazionale, da parte degli studenti, quindi anche un potenziale sviluppo di questo ambiente, che è molto importante.
A questo proposito, cosa differisce questo evento secondo voi da quelli all’estero?
Il mio focus è in Italia ma ho avuto modo di partecipare a eventi gaming internazionali e, ovviamente, numericamente, il coinvolgimento è molto maggiore perché partono magari da anni di storia in più rispetto a un movimento come quello italiano, che è in crescita adesso. Le finali degli Intel Extreme Masters di Katowice è un evento straordinario, uno dei più longevi, se non il più longevo torneo internazionale di esports. C’è un clima incredibile, con persone che vengono da ogni parte del Paese e che convergono lì in quei giorni. Sono due fine settimana in cui si registrano circa 370 mila ingressi di spettatori, con il record di 46 milioni di views online: pensiamo anche a quanta audience facciano gli eventi sportivi tradizionali più importanti. C’è un margine incredibile, e lì a Katowice si respira un clima molto bello. Ho fatto il viaggio Milano-Varsavia e poi Varsavia-Katowice con un piccolo ex bombardiere, con quelle eliche, un’esperienza stupenda, con tutte persone che andavano lì per gli Intel Extreme Masters. C’è un interesse pazzesco. In Italia ovviamente non siamo a quei livelli, ed è difficile avere un evento standalone, isolato. Alla Milan Games Week c’era un padiglione legato agli esports, ed è stato un passo importante. In Italia c’è un movimento che si sta creando, e lo stiamo creando adesso.
Quanto ci vorrà , e riusciremo a ricucire questo gap con gli altri?
Quanto ci vorrà è difficile dirlo, ma ce la mettiamo tutta. Noi come intel ci muoviamo in due direzioni: da una parte creiamo la tecnologia per poter accedere a determinati contenuti, perché gli esports si praticano, e serve una base tecnologica, un PC che non ti dà cali di prestazioni e che ti consente di essere competitivo da un lato, una connettività che non ti dà lag dall’altro e la possibilità di guardarli i match. Già il connettersi, ti consente di entrare nel clima, perché la community non è fatta soltanto da chi pratica ma anche dall’audience interessata. Da un lato facciamo questo, dall’altro supportiamo le iniziative, quindi i tornei di esports, finanziando anche i developer, e tutto ciò che serve per le piattaforme in cui la community può crescere, con esperienze sempre nuove a livello professionale. Quindi Intel supporta in queste due maniere. In Italia ci stiamo muovendo, e vediamo quanto tempo ci vorrà . Sentivo dire, giustamente, che molto spesso c’è un doppio movimento: uno dall’alto, con l’interesse nel creare queste piattaforme, dall’altro anche dal basso, cioè la community che crea le situazione e le occasioni di sviluppo degli esports. Quindi deve esserci questa doppia convergenza, e ce la mettiamo tutta per farlo crescere.
Impressioni sugli esports?
A Lucca ci sono stati tornei organizzato da ESL con noi e Vodafone. Abbiamo avuto Quake il primo giorno, League of Legends il secondo, poi c’è stato Destiny 2, che però era un community event, e poi c’è stato Clash Royale. E devo dire che quando c’è stato LOL abbiamo avuto il pienone, perché era in una cattedrale sconsacrata, riallestita per gli esports: unica nel mondo. Veramente c’era la gente fuori che faceva la fila per assistere.
Quanto è difficile organizzare eventi esports di questo tipo in Italia?
Ogni paese ha le sue sfide. In Italia sappiamo quali sono e le gestiamo, ma comunque gli organizzatori si muovono egregiamente. Noi abbiamo lavorato a Lucca con ESL, alla Milan Games Week con PG: sono questi due i principali organizzatori di tornei in Italia, e lavorano molto bene. Ovviamente i margini di crescita sono tanti, ci sono le sfide culturali da superare per creare la scena, e questo è parte del lavoro. Quello che facciamo noi di Intel è sostenerli economicamente da un lato, anche perché creare montepremi è molto importante per alzare il livello delle competizioni e attrarre un contesto sempre più professionale: facendo professionismo, attrai di più e invogli le persone. Dall’altro lato forniamo la tecnologia per poter giocare: parlavo a Lucca con dei progamer e mi dicevano “noi anche 5 fps in meno in game li notiamo, e ci danneggia, perché se non ci concentriamo sul gioco ma iniziamo a pensare al computer che non sta andando come dovrebbe andare, noi ci distraiamo”. Il nostro obiettivo è garantire il massimo della tecnologia in questi tornei: una volta che garantiamo questo tipo di prestazioni e professionalità , credo potemmo attrarre sempre più persone.
Parliamo di premi milionari, quindi c’è un risvolto economico anche molto importante.
È uno step per creare il professionalismo. Molti non sanno che dietro una prestazione e un torneo c’è una preparazione quotidiana: ogni giorno sei impegnato a fare training, segui un certo tipo di alimentazione e sei organizzato per avere determinate performance. Se non c’è dietro un apparato professionalizzante, il modo di sostenere questa professionalità poi diventa difficile arrivare a certi livelli. Non c’è tutto questo movimento fisico, ma c’è talento, concentrazione, orientamento al risultato e riflessi. Mi raccontavano che si dimagrisce anche. Ci sono tutte queste caratteristiche che rendono gli esports molto interessanti da fare, da vedere, da vivere. Se posso farvi una domanda, in uno scenario tecnologico, che possa creare nuove esperienze in-game, cosa attendete?
Francesco – La realtà virtuale sicuramente è interessante, e bisogna vedere in futuro come si sviluppa, dal momento che adesso è ancora agli inizi ed è poco supportata. Sicuramente si evolverà e si diffonderà anche di più. Vedo la realtà virtuale come qualcosa di importante: ci punto.
Alessio – Io penso una cosa più contorta, ovvero che più andremo avanti più a livello tecnologico ci saranno cose alla quale ancora non pensiamo. Sempre più si fonderà il gioco con l’insegnamento e con il puro divertimento. Credo che tutto verrà fuso nell’interattività a prescindere: una serie di prodotti mischiati in qualcosa che nemmeno possiamo immaginare. Vent’anni fa non pensavamo ai social network, e magari fra altri vent’anni avremo qualcosa che oggi nemmeno ci passa per la testa.
Come hardware, e come tecnologia, abbiamo la potenza necessarie per supportare esperienze in realtà virtuale. Per creare piattaforme VR collaborative, in remoto e real time, il 5G darà un boost pazzesco. Oggi abbiamo creato, Intel in primis, l’hardware per riuscire a supportare questo tipo di esperienze. È bello constatare come l’evoluzione della tecnologia porti con sé anche altre possibilità di sviluppo: a volte la creatività è l’unico limite a ciò che puoi fare, e da parte nostra questo ci fa molto piacere.
La VR in futuro potrà collegarsi agli esports?
La realtà virtuale è uno degli aspetti su cui puntiamo. Agli Intel Extreme Masters abbiamo creato un torneo VR: abbiamo giocato a Echo Arena, che tra l’altro è un gioco molto bello sviluppato da un italiano in America. Si sta a gravità zero, divisi in squadre, in cui bisogna portare un disco nel rettangolo dell’avversario: una sorta di hockey. I personaggi sono abbastanza realistici, ti vedi, ed è molto bello giocarci. Abbiamo fatto un torneo con giornalisti, influencer e rapper: era la prima volta che lo portava in Italia e ci siamo voluti divertire, il feedback è stato pazzesco. A Katowice poco prima avevano fatto dei tornei competitivi in realtà virtuale, quindi è qualcosa che già stiamo provando adesso. Tecnologicamente abbiamo dei processori con il badge “VR Ready”, che indica che supportano esperienze in realtà virtuale. Stiamo dando oggi la tecnologia per supportare la realtà virtuale anche in contesti competitivi. Le esigenze cambiano, quindi se prima ce n’erano di determinate, ora bisogna risponderne ad altre. Attualmente ad esempio il processore suggerito per un gamer è un Intel Core i7 a salire.
Ultima questione riguardo Women in Games…
Quello che è emerso dal panel è che gli esports hanno l’occasione di far entrare tutti alla pari e, a differenza degli sport tradizionali, c’è maggiore parità tra chi può accedere. Il nostro lavoro in essere con ESL e Intel Extreme Masters è una splendida occasione per incrementare l’impegno per l’inclusività degli esports e continueremo ad offrirla: ai campionati mondiali di Katowice si è tenuta la quarta Intel Challenge per i migliori team femminili in Europa e Nord America, in una partnership fra Intel, ESL e AnyKey, un’organizzazione che si dedica al supporto della partecipazione dei gruppi sociali sottorappresentati negli esports.
Ringraziamo Agostino Melillo per la disponibilità : attendiamo fiduciosi tutte le novità che Intel presenterà , sia dal lato esports che da quello tecnologico, con l’augurio di avere nuovamente l’occasione di parlare di quelli che possono essere gli scenari futuri.
Intervista a cura di Alessio Di Pietro e Francesco Lancia.
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