Recensione Thronebreaker: The Witcher Tales

C’è voluto molto tempo per staccarsi dal fascino inebriante di Thronebreaker: The Witcher Tales. CD Projekt Red è riuscita a oltrepassare il tanto agognato bisogno di libertà espresso magistralmente nella saga di The Witcher, librando al di sopra dell’arte espressa in Gwent. Quando sembrava che la casa polacca avesse rintoccato l’ultima campana, una nuova profonda storia nasce dagli abissi intellettuali del mondo fantasy. La consapevolezza di esser ancora capace di sfornare prodotti di qualità eccelsa ha reso possibile la nascita di una storia che emana nostalgia, ma anche aria di sfida. Il titolo non è altro che questo: un profondo legame armonioso tra tutto ciò che è stato ideato dagli sviluppatori in questi anni, un groviglio dorato di narrativa e strategia ludica. Noi abbiamo avuto il piacere di analizzare la versione PC e questo è ciò che ci ha lasciato il segno.

Il crescendo di tensioni ha fatto piombare l’Impero di Nilfgaard, e tutte le regioni limitrofe soggette al suo controllo, in un’entropia senza fine. Nel regno imperversano mostri dediti a nefandezze di ogni genere, che stanno distruggendo la pace eretta dalla sovrana Meve: l’affascinante regina guerriera della Lyria e della Rivia. Ella è la protagonista di Thronebreaker : The Witcher Tales, l’unico vero personaggio capace di far pendere la bilancia del proprio paese verso il caos o la serenità. La gloriosa regina è affiancata da una schiera di nobili guerrieri che compongono il suo temibile esercito. Oltre che esser i suoi fidi consiglieri, ognuno di essi è raffigurato in una carta con poteri specifici e potrà essere utilizzato durante gli scontri, se opportunamente riposti nel proprio mazzo. La storyline non è altro che una folle spedizione in nome della giustizia, una crociata dedita a sradicare il male insediatosi tra gli anfratti del regno.

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Il titolo ha il sapore di un racconto leggendario, appartenente ad epoche perdute: un bivio tra le imprese eroiche raccontate dai bardi e una fiaba per bambini.

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Il titolo ha il sapore di un racconto leggendario delle epoche perdute: un bivio tra le imprese eroiche raccontate dai bardi e una fiaba per bambini. CD Projekt Red riesce bene nel suo intento, attraverso l’uso di personaggi dal passato glorioso, ma che nascondono veli di profonda inquietudine. Proprio da questa base di incertezza Thronebreaker: The Witcher Tales calca un po’ la mano, permettendoci di temprare noi stessi il carattere della battagliera Meve. Ella sarà una regnante severa, dedita alla disciplina e dal pugno di ferro o una profonda e magnanima idealista? In questa domanda vi è la prova che non serve un pomposo inizio di trama per renderla spessa e ricca di sorprese. Vi invitiamo caldamente a gustarvela per bene, perché ogni dialogo e cambio di marcia inaspettato è uno schiaffo morale, verso gli scettici che vedevano nell’ultimo capitolo di The Witcher, la nascita e la chiusura di un’idea irripetibile.

La resa grafica emana un alone di nostalgia pura, colpa dei tratti somatici e del raffinato stile di The Witcher.

Bisogna dire però che, per quanto riguarda la resa italiana, sia doveroso abbassare il cappello in segno di rispetto. I dialoghi e il doppiaggio sono i veri attimi ruggenti dell’opera: galvanizzano l’attenzione nei momenti salienti e sanno essere sinceri e profondi nei momenti più toccanti. Durante l’esplorazione delle terre, spesso il nostro sguardo verrà rapito da scene, dove stupore e mistero si mescolano per creare l’atmosfera perfetta. Sbalorditivo è che Thronebreaker: The Witcher Tales offre una limitata esplorazione di visuale 2D. Uno smacco a chi, pur adottando la terza dimensione, non riesce ad assumere un valore tecnico di pari eccellenza. Sappiano quanto sia ampolloso e frustrante dilungarsi sugli elementi grafici, specialmente in un’era videoludica come questa, ma qui abbiamo la dimostrazione che non serve arrivare all’eccesso per evocare il realismo. Il mondo di Meve sembra quasi dipinto, un’arte perpetua che tocca l’animo dello spettatore con un tratto raffinato e pulito.

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La melodia perfetta intonata da CD Projekt Red stona durante i combattimenti contro l’intelligenza artificiale

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L’intreccio narrativo, che ci ha così dannatamente rapido, subisce purtroppo delle sonore battute d’arresto nella fase di gameplay. La melodia perfetta intonata da CD Projekt Red stona durante i combattimenti contro l’intelligenza artificiale. Sebbene siano stati ripresi i tratti sublimi di Gwent, tra cui carte abilmente animate e regole facili da apprendere, pecca un po’ sulla creatività d’ingegno. Badate bene: non stiamo denigrando la convivenza tra il genere RPG e quello strategico, i due elementi funzionano, specialmente sul lato artistico. Il punto è che, pur mettendo la difficoltà per esperti, alla lunga ci siamo imbattuti in scontri tediosi e monotoni, spesso colpevoli di spezzare il perfetto ritmo narrativo. Come se, ad un tratto, l’opera rallentasse, campando di rendita sull’inizio scoppiettante. Le sfide tuttavia risultano stimolanti, almeno all’inizio, e ci mettono alla prova con quesiti sempre azzeccati, rispetto alla situazione che stiamo vivendo, o con soddisfacenti rompicapi “vinci in un turno”.

Durante gli scontri il terreno di gioco pullula di animazioni eccezionali: trabocca di emozioni e trasuda magia narrativa.

Laddove fallisce (in parte) il comparto ludico, la genialità di CD Projekt Red riesce ad equilibrare il tutto, facendo brillare il titolo con animazioni di qualità superlativa e un comparto tecnico con davvero pochissime imperfezioni. La storia è coinvolgente e affascinante, un ingarbugliato intreccio di mistero e antico codice cavalleresco. Proprio per questo lasciarsi perdere in qualche scontro non proprio esaltante vale la pena, se possiamo essere ricompensati con oggetti molto utili, carte e tasselli importanti per la trama. La perseveranza negli scontri e la prontezza nello scovare materiali utili sulla mappa sono i buoni propositi da tenere a mente, qualora voleste entrare in Thronebreaker: The Witcher Tales. Se siete spaventati dall’elevato numero di nozioni da apprendere non disperate: la prima oretta di gioco vi illustrerà passo dopo passo tutti i modi per non lasciarsi abbattere in questo regno sull’orlo del baratro. Domate il carattere della regina Meve e fate ciò che ritenete giusto per il vostro popolo, ma armate bene il vostro mazzo in vista di orripilanti creature.

Se siete già esperti delle opere di casa CD Projekt Red, questo titolo non può mancare alla vostra collezione. Esso incarna, a tutti gli effetti, tutta la magia della casa polacca, urlando al mondo di essere ancora capace di plasmare storie fuori dall’ordinario. L’opera profuma di romanzo storico e ricorda le pagine antiche scritte dagli amanuensi, strizzando l’occhio al mito e ai leggendari racconti dell’epoca medievale. Unire elementi classici del gioco di ruolo alle impetuose strategie di Gwent ha reso il prodotto completo e polivalente, consentendo così di abbracciare tutte le esigenze videoludiche. Siamo consapevoli che sia un titolo per gli intenditori e non un mero spasso commerciale, ma sarebbe da sciocchi denigrare un’opera così ben curata e rifinita. Non fosse stata così altalenante dal punto di vista ludico, avrebbe potuto toccare il paradiso dei titolo immortali. Ma alla lunga non si rimane ancorati emotivamente alla protagonista Meve, ora per il dispersivo gameplay, ora per il mancato progressivo livello d’astuzia richiesto. Rimane una bella favola da vivere, una di quelle che narra le imprese di eroi perduti, un mondo che spaventerebbe il più impavido tra di noi.

 

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