VoxBox, la Terapia dell’Urlo applicata alla VR

Oramai non è così insolito vedere la realtà virtuale applicata in svariati ambiti della nostra vita, tantomeno all’interno della sanità e dell’assistenzialismo. Tra gli utilizzi più notevoli, ricordiamo senz’altro quelli per la salute mentale: tra terapia del dolore, per aiutare pazienti chirurgici (e non) ad avere sollievo nelle proprie sofferenze, e cura di tossicodipendenza e fobie, alcune app VR sono riuscite a ottenere dei risultati davvero insperati. Così, un team di sviluppatori ucraini ha tentato di produrre un’applicazione, chiamata VoxBox, per aiutare a ridurre lo stress, uno dei mali più comuni del nostro tempo, che diviene, spesso e volentieri, parte integrante della vita di molte persone. Esso, infatti, come viene definito in medicina, è una sindrome generale di adattamento, ovvero una condizione che punta a ristabilire un equilibrio interno dell’individuo che ha subito fattori stressanti, le cui alterazioni si possono riscontrare a livello endocrino, umorale, organico e biologico. Lo stress ha una natura spesso fisiologica, ma non si escludono risvolti patologici cronici che ricadono nel campo della psicosomatica. Insomma, tale sindrome è un dato di fatto per molte persone, in particolare per coloro che rischiano giornalmente la propria vita (es. poliziotti, militari, ecc.) o per individui impegnati in lavori di alto profilo. Ovviamente esistono molti approcci per affrontare lo stress, e VoxBox vuole essere una delle soluzioni in grado di migliorare la vita delle persone grazie alla VR.

Non so se abbiate mai sentito parlare della Terapia dell’Urlo – o Terapia Primaria – quindi permettetemi una piccola digressione. Ideata da Arthur Janov, psicoterapeuta americano, la teoria vuole dimostrare come le urla di una persona possano aiutare la stessa a disperdere lo stress e migliorare il proprio stato mentale. Seguendo questo principio, i due sviluppatori, Yaroslav Ploshko e Alexander Smirnov, hanno concepito VoxBox; il progetto, come potete vedere dal video, coinvolge pazienti con trascorsi problematici di varia natura che, chiusi in una stanza insonorizzata, hanno a disposizione un visore che mostra loro un’immagine rilassante che viene, d’improvviso, ricoperta da una sorta di fumo scuro, che non è altro che una nuvola particellare che reagisce a diversi livelli di suono, cosicché più alta è la frequenza dell’urlo e maggiore è il numero di particelle che vengono distrutte, riportando, infine, la proiezione virtuale alla normalità: “Una persona urla, e lo spazio comincia a mutare: lo sfondo scuro lascia posto alla luce, e quando il paziente ha finito di gridare, ripulendo completamente l’immagine davanti a sé, si ritrova nuovamente sulla battigia a rimirare l’oceano”, afferma Smirnov. “Stiamo negoziando per testare VoxBox per la riabilitazioni di militari e rifugiati“, continua Ploshko “vediamo ottime prospettive per combattere il PTSD (disturbo da stress post-traumatico), e sappiamo bene quanto l’esercito stia lavorando in questa direzione sfruttando la realtà virtuale.