Mentre parlavo con un collega, ho avuto una strana sensazione nel comparare la vita reale e la VR. Ho capito che la demo era finita, ma era come se una parte del mio cervello non ne fosse sicura. Mi ha dato una strana paura esistenziale, risolta soltanto camminando per il locale e toccando oggetti reali.
Questo problema, poco noto in confronto alla motion sickness, risulta abbastanza inquietante. Molti utenti, sempre su reddit, parlano di una sorta di crescita di gambe VR, ovvero un’assuefazione ai problemi che può causare, così da non trovare contrasto nel momento in cui il gioco inizia a richiedere spostamenti fastidiosi. Uno studio del 2006 fatto da Frederick Aardema, ricercatore in psicologia clinica, sottolinea come questo distaccamento dalla realtà sia accentuato subito dopo aver usato la VR, e soprattutto più facilmente attuabile su chi già soffre di dissociazione.
Parlando personalmente, non ho mai provato nulla del genere dopo le varie sessioni VR che ho sostenuto (con tutti e tre i visori più famosi), ma la sensazione di vivere un sogno, e svegliarsi solo alla rimozione del casco, ogni tanto c’è stata. Effettivamente, la distanza che separa un sogno dalla realtà , alcune volte, è così sottile da costringerci a riempirci di pizzicotti per distinguere dove siamo: l’esempio non si discosta molto da questa dissociazione VR. Naturalmente tutte le aziende stanno lavorando alla risoluzione di questo problema, causato anche dall’alta tecnologia che viene utilizzata nei vari giochi: grafica curata e fluidità sono elementi chiave per rendere un gioco VR decente, ma dal lato opposto, la somiglianza con la realtà non aiuta a scindere i due mondi. Insomma, vuoi per meccaniche cerebrali sconosciute a noi esseri umani, vuoi per il condizionamento che film come Matrix ci hanno dato, non sempre la vita reale e la realtà virtuale sono distinguibili: d’altronde, chi non vorrebbe vivere su una nuvola, esente da tutti i problemi che la realtà ci rifila?