Stanford: la ricerca per un avatar virtuale con tre braccia!

A volte, le ricerche più fruttuose partono da idee che apparentemente non sembrano le più utili nell’immediato, come nel caso di quest’ultima, arrivata direttamente da Stanford: un avatar virtuale con tre braccia. Sembra infatti che alcuni ricercatori, stanchi di tutti questi limiti fisici quali, ad esempio, il possedere appena due braccia scarse, siano convinti che avere un terzo braccio in VR possa renderci più efficienti all’interno del mondo virtuale. Chissà in quante occasioni un braccio extra ci avrebbe fatto comodo, ma sorge, ovviamente, il problema che tutti quanti si pongono: come è possibile controllarlo se noi esseri umani sottoevoluti ne abbiamo effettivamente solo due? I cervelloni della Stanford’s Virtual Human Interaction Lab si sono quindi messi a lavoro per realizzare un sistema di controlli che permettesse a questo delirante sogno di prendere vita. Al di là di tutta l’ironia, questo esperimento solleva quesiti interessanti: come fare a realizzare una protesi virtuale extra che sia intuitiva e facile da usare quanti gli altri due arti reali? I ricercatori hanno tirato fuori tre idee principali, accomunate tutte dalla condizione che tale braccio ci esca direttamente dal petto. Come nel vecchio in Doom, per intenderci! Il primo metodo, il più intuitivo, prevede l’uso della testa dell’utente. Muovendo lo sguardo in un dato punto, l’arto si sarebbe mosso di conseguenza per seguirlo. Il secondo viene definito bimanuale, e sfrutta l’asse verticale di un controller e quello orizzontale dell’altro per fornire indicazioni sul movimento. Il terzo, l’unimanuale, è molto simile al precedente, ma sfrutta gli assi di un solo controller.

Al fine di testare i tre sistemi, è stato realizzato un software in cui l’utente si trova di fronte a due griglie composte da nove cubi, una blu per la sinistra e una rossa per la destra. Dietro queste, una terza griglia verde, più grande e più lontana, che servirà a testare l’abilità del nostro terzo arto. L’obiettivo è quello di posizionare tutte e tre le mani su altrettanti cubi bianchi che vengono scelti randomicamente. I risultati di questi test dimostrano che gli utenti sono in grado di riconoscere come proprio e imparare ad usare questa protesi virtuale, e che di tutti questi sistemi, quello che sfrutta la testa e l’unimanuale risultano i più efficienti. In nessun caso è stato sperimentato motion sickness o fastidi in generale. Molti potranno osservare, giustamente, che il sistema head-motion non è altro che un altro modo di chiamare il sistema di puntamento con lo sguardo, quindi non rappresenta davvero una scoperta così sensazionale. Ciò che più interessa in tutto ciò non è tanto il fatto di aver scoperto l’acqua calda, quanto la curiosità scientifica di scoprire nuovi sistemi di interazione per l’essere umano nei confronti del mondo virtuale. Per quanto al momento possa sembrarci difficile da immaginare, avere due braccia non significa che in futuro saremo limitati al solo uso di queste ultime: continuamente l’uomo ha ricercato sistemi di controlli innovativi per risolvere problemi pratici. Questo potrebbe essere solo il primo passo verso la loro scoperta.

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