“Tic tac… mezzanotte, è ora di dormire”. Con queste parole si apre Here They Lie, titolo indipendente rilasciato sotto l’etichetta Tangentlemen, con alle spalle diversi nomi altisonanti all’interno del panorama videoludico, tra cui i designer di titoli come Tomb Raider e Spec Ops: The Line. Il team è stato assemblato proprio per sviluppare il gioco, avventura a tinte horror sbarcata su PlayStation VR fin dal momento del lancio del visore. Noi di VR Gamer abbiamo già avuto modo di provarlo in occasione della passata Gamescom di Colonia: anche in quell’occasione fui io ad indossare i panni del protagonista e a calarmi in un mondo a distorto e surreale che, all’epoca, mi restituì impressioni piuttosto positive. Difesi anche, come se ce ne fosse la necessità , il diritto del gioco di esistere e di essere pubblicato, in un periodo storico in cui i videogiochi poco interattivi venivano (e vengono) sempre più attaccati. Ma, ed è quel che poi davvero conta, va capito una volta per tutte se Here They Lie sia infine riuscito a distinguersi nella più che buona line-up di lancio di PlayStation VR. Dopo averlo giocato più a fondo, ho trovato risposta: scopriamola insieme.
Come in una sorta di sogno distorto, nei primi istanti di gioco ci si ritrova in una cupa e vuota stazione, ambientazione peraltro ricorrente, immersi in un’atmosfera ovattata ma al contempo macabra e sinistra. Il primo capitolo è perlopiù un preambolo introduttivo, ma rende ben chiaro fin dai primi minuti il tema principale del titolo: la fuga. In Here They Lie, infatti, non si fa altro che continuare a scappare, e cercare di eludere misteriose creature che ci danno costantemente la caccia. Nonostante ciò, stiamo pur sempre parlando di un horror psicologico: gli incontri con i nemici, spesso anche piuttosto ravvicinati, non causano quasi mai spaventi veri e propri o improvvisi, ma suscitano un timore inconscio e irrazionale, persino difficile da esprimere a parole. Se la maggior parte di essi sono scriptati e quindi impossibili da evitare, talvolta si renderà necessario passare indenni oltre interi gruppi a noi ostili, senza essere visti.
Here They Lie è un horror psicologico: gli incontri con i nemici non causano quasi mai spaventi veri e propri o improvvisi, ma suscitano un timore inconscio e irrazionale
Queste sezioni, che rappresentano, a dire il vero, una parte non molto ampia dell’esperienza totale, sono davvero ben riuscite in termini di gameplay e di gestione del ritmo e della tensione, grazie alla meccanica del peeking, già vista ed apprezzata con successo in titoli dello stesso genere come Amnesia: The Dark Descent. In tali occasioni saremo chiamati a sbirciare oltre gli angoli, inclinando la testa, per controllare che la via sia libera prima di procedere oltre. Qualcosa, insomma, che si sposa bene con la realtà virtuale, e che potrebbe rappresentare un’interessante base di partenza per costruire le fondamenta di molti altri titoli in realtà virtuale a tema horror. Ci troviamo di fronte ad un titolo che non offre poi molto altro da questo punto di vista, ma perlomeno quel che c’è è ben riuscito.
Prima di parlare delle cose che non vanno, è d’obbligo spendere due parole sulla buona realizzazione artistica. La città immaginaria nella quale è ambientata l’intera vicenda è ben caratterizzata, e a tratti si ha l’impressione che sia lei la vera protagonista del titolo, relegando tutto il resto in secondo piano. I toni cupi e quasi grotteschi da film noir tratteggiano un’atmosfera piuttosto originale, che non pesca a piene mani dai cliché dell’horror né si riduce a scelte stilistiche banali, andando invece a cogliere diversi spunti dai film d’autore, come il mai troppo apprezzato Eraserhead, diretto da David Lynch e risalente al 1977. La storia perde però rapidamente di mordente, e si risolve, soprattutto nelle ultime fasi, in un trascinarsi lento e stanco verso il finale, anche se non è certo il ritmo di gioco il principale problema della produzione.
L’atmosfera è piuttosto originale, non pesca a piene mani dai cliché dell’horror e non si riduce a scelte stilistiche banali, cogliendo invece diversi spunti dal cinema d’autore
Sfortunatamente, infatti, il gameplay minimale ma curato e l’art direction ispirata si sposano a veri e propri disastri sotto altri aspetti, principalmente tecnici. In Here They Lie, tutto quanto sembra essere ricoperto da un filtro sfocato che, se da un lato è in parte coerente con l’atmosfera generale del titolo, dall’altro rende particolarmente difficile distinguere i dettagli degli oggetti se questi si trovano a più di tre metri di distanza e affatica non poco la vista, obbligando a frequenti pause durante il gioco. Trovarsi in un’ambientazione così ben tratteggiata e non riuscire a percepirne correttamente tutte le sfumature è snervante: in un titolo come questo, sviare per un attimo dal proprio obiettivo per ammirare l’ambiente circostante deve essere un piacere, non un compito addirittura fastidioso.
Incredibilmente, non è neanche il maldestro quadro tecnico il principale problema che attanaglia la produzione di Tangentlemen, bensì la motion sickness. In fiera, qualche mese fa, ero rimasto positivamente colpito da questo aspetto, ma sono scampato agli enormi problemi che il titolo si trascina dietro per due motivi: stavo giocando in piedi, cosa che non è certo consuetudine fare, e la mia prova è durata meno di un quarto d’ora. Ora che ho potuto sviscerarlo maggiormente, invece, posso affermare con sicurezza che giocare a Here They Lie in modo continuativo e per più di un’ora è un compito davvero arduo, anche per gli stomaci più forti. Nel caso del sottoscritto, almeno ogni mezz’ora avevo bisogno di riprendere fiato. La sensazione che ho spesso avuto, giocando, è esattamente la stessa che ho provato la scorsa estate trovandomi su di un traghetto in un mare in burrasca. Perché un titolo all’apparenza così lento ha tutti questi guai da questo punto di vista? La risposta è molto semplice: la pessima telecamera.
Giocare a Here They Lie in modo continuativo e per più di un’ora è un compito davvero arduo, anche per gli stomaci più forti
Nel gioco, infatti, il movimento non è gestito in maniera fluida, ma, spostando lo stick destro del Dualshock 4, lo schermo si oscura per un attimo per poi ruotare improvvisamente di circa 45 gradi. Non solo: una volta fermi, possiamo direzionarci leggermente verso destra o verso sinistra nella camminata semplicemente guardando la direzione dove vogliamo andare, senza, invece, spostare l’analogico sinistro. Queste due componenti, messe insieme, rendono davvero problematico giocare da seduti e costringono spesso a combattere anche con la telecamera, ma non tanto per abituarsi al sistema di gioco, nel quale anch’essa è un vero e proprio ostacolo (come insegna la serie di Resident Evil), quanto per cercare di evitare nausea e mal di testa. Insomma, qui le lunghe sessioni sono davvero per veri eroi dallo stomaco di ferro. Here They Lie farà probabilmente la gioia dei detrattori della VR, che lo prenderanno a pretesto per affermare che il problema della motion sickness è insormontabile, quando in realtà non è affatto così, e già fra i titoli di lancio di PlayStation VR abbiamo avuto ottimi esempi in merito.
Cosa possiamo dire, tirando le somme, di Here They Lie? Se siete arrivati fin qui, il voto lo avete già visto: sfortunatamente, gli evidentissimi problemi tecnici che il titolo si porta dietro ci impediscono di assegnargliene uno più alto, che il resto della produzione avrebbe sicuramente meritato. Per gli amanti del genere (o, in alternativa, i più coraggiosi) ci troviamo di fronte, comunque, ad un’avventura horror che, in un genere enormemente abusato e pieno di cliché, riesce a proporre qualche idea originale. A differenza della gran parte dei titoli di lancio di PlayStation VR, però, questo avrebbe fatto bene a restare lontano dalla realtà virtuale, perlomeno per come è stato concepito e realizzato. Se siete rimasti stregati dall’atmosfera e dall’ambientazione e al contempo siete sicuri di non soffrire nel modo più assoluto di alcun problema di motion sickness, fatelo vostro senza esitazioni; altrimenti, pensateci due volte, e magari virate verso lidi più… tranquilli!