Sony ha immesso sul mercato il PlayStation VR accompagnandolo con una corposa lista di titoli di lancio, alcuni sviluppati e prodotti internamente, altri realizzati da studi esterni: una line-up, a conti fatti, più che discreta. Fra i diversi titoli made in Sony ce n’è uno che, invece di rappresentare in sé e per sé un’offerta ludica completa, è specificamente pensato per dare una panoramica a 360 gradi delle potenzialità del visore, come Wii Sports fece ai suoi tempi con l’iconico telecomando della bianchissima console Nintendo (che, tra l’altro, ha svelato ieri la sua nuova console, denominata Switch). Ci riferiamo a VR Worlds, raccolta di cinque esperienze che, sfortunatamente, sono più vicine a delle tech demo che a veri e propri videogiochi, fatti e finiti.

Si comincia venendo rapidamente introdotti ad un menu di scelta rapida, attraverso il quale passare da un titolo all’altro: simpatica la possibilità di interagire, tramite il giroscopio del pad o del Move, con una palla posta al centro dello schermo. Una volta presa confidenza con i comandi e dato il via all’azione, ci si rende immediatamente conto che i cinque titoli non rappresentano una vera e propria esperienza unitaria e legata da un qualche filo conduttore, ma sono completamente diversi tra loro. Non che sia un male, anzi, questa diversità fra le varie parti del pacchetto consente di mettere in maggior risalto numerose delle caratteristiche base di PlayStation VR: il buon campo visivo, l’interazione fra il visore, i controller di movimento e la PlayStation Camera, e via discorrendo.

I cinque titoli non rappresentano una vera e propria esperienza unitaria e legata da un qualche filo conduttore, ma sono completamente diversi tra loro

A testimonianza della sua natura di titolo di lancio, pensato per essere immediatamente associato al visore, tutte e cinque le esperienze che compongono VR Worlds sono immediate ed intuitive, e in nessun caso ci siamo trovati a dover ripetere qualche sezione per via di una complessità eccessiva o di meccaniche mal progettate o calibrate. Al di là della relativa pochezza a livello di contenuti di ogni singolo minigioco, l’azione scorre via con estrema naturalezza: ad un occhio più attento, però, dispiace constatare l’evidente disparità qualitativa fra le cinque esperienze incluse nel gioco, percepibile con estrema evidenza nel momento in cui, finita una sessione, si decide di tornare al menu principale e di passare ad altro.

Il più riuscito dei cinque è indubbiamente London Heist, che ci vede impegnati in frenetici inseguimenti contro decine di veicoli nemici, desiderosi del nostro scalpo. Seduti sul sedile del passeggero ed impugnati due PlayStation Move, dovremo rispondere al fuoco cercando al contempo di evitare i proiettili che ci sfiorano sibilando. Fortunatamente è presente una modalità alternativa nella quale si è del tutto invulnerabili ai proiettili nemici, consentendo quindi di godersi la storia e giocare in modo più hollywoodiano. Ocean Descent è, invece, forse il meno ispirato del gruppo: chiusi in una gabbia di sicurezza, veniamo spediti ad esplorare, per modo di dire, gli abissi. L’esperienza, infatti, è totalmente passiva, senza alcuna possibilità di interazione, benché si presenti molto bene dal punto di vista visivo. In una delle tre missioni disponibili, tutte più o meno simili, verremo attaccati da uno squalo: questo momento è l’unico realizzato con una certa cura ed attenzione, e ogni morso del feroce animale alle barre d’acciaio che rappresentano la nostra sola protezione spinge a ripararsi istintivamente con le braccia.

Il più riuscito dei cinque è indubbiamente London Heist, che ci vede impegnati in frenetici inseguimenti in autostrada contro decine di veicoli nemici, desiderosi del nostro scalpo

In Scavenger’s Odyssey assumiamo invece il controllo di un grosso tetrapode, alla ricerca di un misterioso manufatto all’interno di un’astronave aliena. Pur non essendo la meglio realizzata in senso assoluto, questa è forse l’esperienza che meglio sfrutta e si addice alle caratteristiche del visore di Sony. Danger Ball e VR Luge, infine, hanno in comune il sistema di controllo: entrambi infatti prevedono l’utilizzo del solo visore. Il primo è una sorta di clone in VR e in 3D di Pong, nel quale rispedire la pallina indietro con i movimenti del capo. L’idea, potenzialmente ottima, è stata sfruttata solo a metà, dal momento che manca una modalità multiplayer: giocare contro un avversario umano avrebbe avuto tutt’altro significato. In VR Luge, invece, dovremo compiere una discesa a folle velocità giù per una strada estremamente ripida alla guida di uno slittino. Il mezzo è controllabile unicamente inclinando la testa, in modo da schivare il traffico e gli oggetti che ci si parano di fronte.

Per quanto riguarda la motion sickness, i cinque minigiochi se la cavano con alti e bassi. Forse, chi ne soffre meno è proprio quello che, ludicamente parlando, è il migliore: London Heist. Provandolo, infatti, non abbiamo rilevato alcun problema da questo punto di vista, forse per via del fatto che durante il gioco non si ha alcun controllo sul movimento, ma esclusivamente sulla telecamera. Il ridotto campo visivo, considerata la nostra posizione di passeggeri in auto, è un’altra componente di grande aiuto nel ridurre al minimo qualsiasi malessere o giramento di testa. Anche Ocean Descent esce bene da questo complicato esame: l’unica differenza, qui, sta nel fatto che è possibile avere una vista a 360 gradi dell’ambiente circostante, rendendo forse leggermente più lungo l’adattamento alla nuova realtà. Nulla di problematico, comunque.

Il ridotto campo visivo è, in London Heist, una componente di grande aiuto nel ridurre al minimo qualsiasi malessere o giramento di testa

Danger Ball e Scavenger’s Odyssey sono invece collocabili nella media dei titoli per VR: nel caso soffriate particolarmente di motion sickness, qui potreste avere qualche grattacapo in più, causati da movimenti più repentini che sarete chiamati a compiere e, nel secondo caso, di una telecamera gestita in maniera non esattamente ottimale per evitare il problema. Dove invece sono rilevabili seri problemi di motion sickness è in VR Luge: l’altissima velocità e il dover al contempo girare la testa possono causare più di un problema anche ai più avvezzi alla realtà virtuale. In questo caso, per me è stato di grande aiuto il giocarlo da sdraiato, simulando quindi la posizione assunta dal mio alter ego all’interno del gioco. Provate a farlo anche voi!

Un discorso a parte va fatto per la longevità. Nessuna fra le esperienze qui proposte brilla particolarmente da questo punto di vista, e anche volendole spolpare tutte, difficilmente si va oltre le due ore di gioco. Se non altro, la rigiocabilità è buona, e più di qualcuno ripescherà VR Worlds dalla propria libreria per farlo provare agli amici. La scarsa lunghezza non sarebbe neanche un problema così insormontabile, se non fosse che ad eclissare completamente le (non troppe) note positive del pacchetto giunge un aspetto chiave: il prezzo. VR Worlds viene venduto a ben 40 euro, assolutamente troppi per cinque tech demo che si esauriscono in così poco tempo.

Ad eclissare ulteriormente e completamente le poche note positive del pacchetto giunge un aspetto chiave: il prezzo, decisamente inappropriato per cinque tech demo che si esauriscono in troppo poco tempo

Siamo onesti: questo titolo avrebbe potuto (e dovuto) essere incluso all’interno della scatola del visore, e decidere di venderlo separatamente non è stata una mossa furbissima da parte di Sony. Un gran peccato. A chi consiglieremmo, in definitiva, VR Worlds? Benchè sappia regalare qualche momento divertente, ora come ora sono ben poche le ragioni per dare una possibilità a questo prodotto: se avete appena comprato PlayStation VR, ci sono titoli di lancio ben più meritevoli di essere acquistati. Se invece volete andare per gradi con il vostro nuovo, fiammante headset e vi importa relativamente poco del prezzo, entusiasti di ciò che avete appena portato a casa, potreste anche considerare l’idea di acquistarlo. Ma non dite che non vi avevamo avvisati!