Symmetrical: l’intervista di VR Gamer

Quest’anno sono rimasto piacevolmente sorpreso dal Romics, ormai era diventato ripetitivo per me, e non c’era nulla che mi motivasse a partecipare come visitatore. Il padiglione 6 era pieno di stand dedicati alla VR, e la cosa mi ha riempito di un’immensa gioia e di un’irrefrenabile voglia di mettermi in fila per provare tutto. Ed è lì che sono incappato in uno stand che ha subito attirato la mia attenzione, quello di Symmetrical. Leggo il nome del gioco: Gates of Nowhere. Errore mio è stato quello di confonderlo subito con Edge of Nowhere, e ci è voluto qualche istante per fare due più due: ma dov’è la neve? Perchè non vedo il personaggio? Ma è un orco quello? Ma che cosa sta succedendo? Per fortuna sono un pò tardo, ma alla fine alle cose ci arrivo, e ho realizzato che stavamo parlando di un prodotto diverso. Non è stato difficile avvicinarmi e fare subito amicizia con alcuni degli sviluppatori, chiacchierando del più e del meno, e infine ho rivelato la mia vera identità di giornalista in incognito, e ho deciso di andare a procacciarmi il Boss, alias Alessandro Sion Senes, anch’egli presente lì al Romics, perchè anche se non ero lì in veste di giornalista, un incontro con quei meravigliosi e talentuosissimi ragazzi italiani era d’obbligo. Convincerli non è stato difficile, anzi, si sono dimostrati gentilissimi e molto disponibili e persino fan di VR Gamer! La sorte è stata poco carina nei miei confronti, e a causa di una serie di eventi che non sto a spiegarvi, alla fine è stato Marco Mulinacci, il nostro instancabile e stimato PR, che si è reso disponibile ad incontrare il team ed è riuscito ad essere presente lì per l’intervista. Conosciamo un pò meglio Fabrizio Terranova, CEO di Symmetrical, e il suo team di sviluppatori.


Cosa vi ha spinto a mettervi in gioco e sviluppare un titolo in VR? Quali sono le vostre ambizioni?

Entrare nel mondo della VR è stato sostanzialmente un must, quasi un dovere per uno sviluppatore: è una nuova frontiera e, di conseguenza, sei costretto a misurarti con tecnologie che stanno nascendo adesso, nella consapevolezza che quanto prodotto oggi è un embrione di quello che ci sarà tra almeno 5 o 6 anni. Vale per HoloLens, lo stesso Vive, i sistemi di tracking completamente untethered, il mobile e tutto quanto ci ha portato a sviluppare un sistema di tracciamento della posizione 1:1 in uno spazio virtuale o addirittura ricostruito sull’ambiente reale. Andare a investire in questo segmento significa puntare su un’industria giovanissima e, di conseguenza, avere più probabilità di penetrare nel mercato. Quando, fra 2 o 3 anni, ci saranno centinaia di attori, alcuni dei quali molto grandi, per gli sviluppatori indipendenti come noi la possibilità d’entrare in quel mercato sarà molto minore. In questa fase, invece, hai la possibilità di sperimentare, fare ricerca e sviluppo. Infatti Symmetrical è impegnata anche nella progettazione di hardware e, tra i vari progetti, c’è una periferica tattile a bassissimo costo, in fase avanzata di sviluppo, al punto da poter essere fabbricata con una stampante 3D, a casa. Il primo prototipo sarà pronto entro il mese di novembre. Ricerca e sviluppo, ovviamente, comprendono anche sperimentare nuove soluzioni d’interazione utente-macchina: il leap motion fa il tracking delle dita, il Vive ha gli stick, Oculus il Touch, ma indipendentemente da tutti questi sistemi ci sono ancora tante cose che possono e devono essere fatte, per dare una nuova esperienza di gioco. Poiché l’utente è immerso in un mondo e non sta più guardando uno schermo, per uno sviluppatore è molto interessante trovare soluzioni d’interazione. Questo spazio, dunque, offre una grande opportunità commerciale, finalizzata a creare ricchezza, posti di lavoro e nuovi investimenti, per poter proporre prodotti di qualità sempre maggiore. Sin dall’inizio dei nostri 16 anni d’esperienza, sviluppare prodotti innovativi e di qualità elevata è stato l’obiettivo: invece di presentare una decina di giochi semplici e banali, preferiamo farne uno molto elevato dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

Quando è nato il vostro studio? Avete già lavorato ad altri progetti insieme, non necessariamente in VR? Raccontateci un pò di voi.

La mia prima azienda è stata fondata nel 1999, quindi d’esperienza come sviluppatore ne ho accumulata molta. Nel 2005 è nata Illusionetwork e nel 2016 Symmetrical, con una missione ben specifica. Mentre Illusionetwork è una società dedicata in modo particolare al gaming, sviluppa tecnologia, fa ricerca anche in settori paralleli, soprattutto il mobile, Symmetrical nasce solo ed esclusivamente per il settore VR in tutte le sue declinazioni, ovviamente crossmediale e su tutte le piattaforme e i media a oggi conosciuti. Symmetrical, sebbene giovane, si avvale dunque di un’esperienza maturata in tanti anni di lavoro e in molti settori.

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Anche se il cartello del loro stand riportava male il loro nome, noi gli vogliamo bene lo stesso! Mi raccomando: diffidate delle imitazione. La vera e unica Symmetrical è quella con la Y!

Quali sono gli obiettivi del vostro studio?

Gates of Nowhere è il primogenito di Symmetrical ed è il primo di una serie di prodotti digital. Uno dei nostri focus principali è ovviamente Steam, perché è una piattaforma da circa 130 milioni di account. Certo non ci sono ancora altrettanti Vive, ma resta comunque la più grande piattaforma di digital distribution al mondo: esservi presenti significa avere una grande visibilità. A questo, logicamente, vanno aggiunti anche l’Oculus Store e lo store di HTC. Dopo Gates of Nowhere ci saranno almeno altri tre progetti. Quello che vogliamo cercare di fare è coprire i quattro generi principali: horror, sci-fi, fantasy e cartoon; quest’ultimo potrà essere giocato dai bambini fino agli adulti, com’è successo nel caso di Fantastic Contraption. I primi tre, invece, avranno molto più facilmente contenuti non adatti ai più piccoli, come il gore. Va considerato come l’horror in VR faccia davvero paura, perché manca la sensazione di distacco creata dalla presenza di uno schermo: qui il mostro te lo ritrovi proprio in faccia e ci puoi girare intorno, sempre che si riesca a non essere uccisi prima… L’immersività fa decisamente il suo dovere, insomma.

Quest’anno avete avuto il vostro stand al Romics per poter mostrare il frutto del vostro lavoro.
E’ la prima volta per voi? Come è stato recepito il gioco dal pubblico? Che impressione avete suscitato secondo voi? Parteciperete ad altri eventi simili?

Il feedback del pubblico è stato totalmente positivo: siamo riusciti a far giocare, stringendo un po’ coi tempi, circa 500 persone e purtroppo non è stato possibile far giocare tutti quanti stavano in fila. La demo di Gates of Nowhere, per essere apprezzata, non poteva limitarsi a pochi minuti, poiché già soltanto prendere confidenza con il Vive necessitava tempo. La versione completa sarà almeno di due ore e non è stato facile concentrare per la fiera quanto volevamo mostrare. Abbiamo filmato chi ha sperimentato Gates of Nowhere per registrare il suo feedback immediatamente dopo aver finito la prova: oltre ad aver registrato un entusiasmo generale, abbiamo raccolto moltissimi suggerimenti. Alcuni di questi, soprattutto inerenti l’interfaccia, sono già stati applicati e ringraziamo tutti i nostri tester di Romics. Il parere di coloro alla prima esperienza col Vive è stato, poi, particolarmente prezioso: sono rimasti rapiti ed euforici e ci hanno fornito opinioni interessanti su alcuni elementi che ai loro occhi apparivano come semplici dettagli, ma che in realtà risultavano essere problemi seri d’usabilità dell’interfaccia. In sintesi, Gates of Nowhere è stato accolto con curiosità, entusiasmo e ha permesso di creare un clima molto proficuo di scambio con tutti i gamer: mettendo da parte ogni falsa modestia, è stata una delle demo più giocate e apprezzate di Romics. Di fronte allo stand, infatti, due schermi mandavano in diretta quanto vedeva il giocatore impegnato nella prova: chi dall’esterno osservava uno strano soggetto dimenarsi nel vuoto, sudare, menar fendenti o saltare dallo spavento, poteva immediatamente constatare come non si trattasse di un effetto da stress fieristico, ma di qualcuno totalmente immerso in un mondo nuovo, altro. Un’esperienza talmente intensa, da convincere molti gamer a ripetere la prova il giorno successivo alla prima.

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Tra le varie armi che è possibile utilizzare in gioco troviamo la classica spada, lo scudo, l’arco, il mazzafrusto e molto altro.

Il gioco gira a 44 FPS medi, ha una grafica davvero impressionante ed è incredibile che un gioco in VR sembri così fluido scendendo al di sotto dei 60 FPS. Qual è il vostro segreto?

Secondo gli standard attuali, per avere il massimo dell’esperienza possibile è necessario arrivare a 90 FPS. Se hai una scheda grafica molto potente, come una 1080, ovviamente ci arrivi, ma il problema non risiede tanto lì, ma anche nel software, in quanto dipende pure dalla performance della piattaforma software che si sta utilizzando. La VR, in termini d’ottimizzazione, ha ancora molta strada da fare. Gates of Nowhere è stato testato a partire dai requisiti minimi, ovvero processore i5, 8 GB di RAM e una scheda grafica GTX 970; riusciamo comunque a far girare il tutto a 44 FPS, ovvero la metà di quello che è considerato lo standard ottimale. Abbiamo notato che tutto si muove in modo perfettamente fluido, eccezion fatta per gli stick, che in alcuni momenti lasciano un piccolo effetto scia. L’importante per noi non è arrivare a 90 FPS, ma che l’esperienza non sia mai fastidiosa: a 44 FPS i giocatori non sperimentano nessun problema di salute, trovano graficamente appagante il tutto e non hanno alcun problema. Sotto i 45 FPS, ovviamente, potrebbe risultare meno giocabile, a volte durante i nostri test siamo arrivati pure a 20 FPS e in questo caso l’esperienza è impossibile. Nessuno dei nostri visitatori a Romics ha avuto problemi e la cosa ci rende estremamente orgogliosi. La grafica di Gates of Nowhere ha sorpreso molte persone, eppure è stata ottenuta su macchine con l’hardware minimo per la VR. Naturalmente esiste un lavoro di grafica migliorata, pensato per computer più potenti: che si abbia una scheda grafica di fascia alta o di fascia media, nessuno rimarrà deluso.

Post Romics, contate di partecipare anche ad altri eventi?

Ovviamente il GameRome, in quanto Symmetrical è basata a Roma. Per il resto, siamo in attesa di conferme da diverse fiere ed eventi nazionali e internazionali: tra l’altro proprio a Romics abbiamo avviato una partnership con MSI ed è certamente un ottimo biglietto da visita.

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Gli scenari sono chiaramente ispirati alla tradizione fantasy più classica, e per tutti gli amanti del genere, Gates of Nowhere rappresenta davvero la possibilità di realizzare il sogno di entrare dentro quel mondo.

Su quali piattaforme gira il vostro gioco?

Al momento Gates of Nowhere è solo per HTC Vive. Quando bisognava scegliere tra Oculus e HTC Vive, puntammo sul secondo, perché più interessati alle opportunità offerte, quali il room scale e il tracciamento delle mani, cosa che purtroppo Oculus ha introdotto successivamente con la commercializzazione di Oculus Touch. Certo, in quanto sviluppatori avremmo ricevuto, insieme al visore, anche i prototipi del Touch, ma si trattava comunque di un prodotto non disponibile al pubblico: sarebbe stato inutile sviluppare un gioco basato su quel controller. Ovviamente, quando si avrà accesso al Touch, fare il porting non sarà un problema: il framework che usiamo già prevede l’uso di svariati sistemi VR, Touch compresi, e saremo ben felici di portare Gates of Nowhere anche su Oculus. Ci interessa molto anche OSVR, che è già riconosciuto nativamente dalle maggiori piattaforme di sviluppo. Infine, non bisogna dimenticare le console, perché ci interessa moltissimo andare anche su PSVR, un contenitore da 35 milioni di utenti, sebbene non tutti abbiano ancora i visori. I preorder sono comunque tantissimi. L’idea è: meglio avere un prodotto completo prima di qualsiasi altra cosa, poi fare il porting.

Da quanto tempo lavorate a Gates of Nowhere?

L’idea di puntare sulla VR è stata discussa intorno a ottobre dell’anno scorso. Al Vive siamo arrivati solo successivamente, intorno a maggio di quest’anno. Ufficialmente, il lavoro è iniziato dopo l’arrivo del Vive nei nostri studi e a oggi abbiamo sviluppato gran parte del prodotto, anche se non lo abbiamo mostrato tutto.

Avete qualche consiglio per tutti coloro che si approcciano per la prima volta ad un gioco in realtà virtuale? Cosa devono tenere a mente gli sviluppatori? Cosa deve aspettarsi invece il pubblico?

È una domanda molto articolata. Il giocatore deve aspettarsi un’esperienza completamente diversa da qualsiasi altra provata finora. Non sei seduto, non hai un joypad in mano, non hai uno schermo davanti: hai un visore in testa, è più facile stancarsi, sei immerso come non mai, nel bene e nel male. Nel bene, perché è davvero qualcosa di fantastico ed entusiasmante, nel male in quanto alcune persone potrebbero non entrare in confidenza con la modalità stessa in cui si gioca l’esperienza, cosa più che lecita. Alcuni giocatori che hanno provato Gates of Nowhere, per esempio, si sono proprio spaventati, hanno tolto il casco e hanno giurato di non farlo mai più! Per chi è abituato a giocare anche 8 ore di fila, tentare l’impresa col Vive è molto più arduo: stai in piedi, ti muovi, ti guardi intorno e nel nostro gioco ti obblighiamo persino a rannicchiarti, stare sulle ginocchia, quasi a strisciare per passare nei cunicoli più angusti. La VR room-scale prevede tutto questo e, quando torni nel mondo reale, chiaramente ti senti stanco e hai sudato. Il gameplay, poi, è completamente diverso da qualsiasi altro sperimentato finora. L’interazione è differente e basta portare a esempio il sistema di teleport che usiamo per muoverci, pensato per scongiurare il motion sickness: nel momento in cui ti muovi 1:1, rimanendo coerente con le percezioni del cervello, si evita ogni sensazione di malessere, caratteristica che tra l’altro permette il fascino dell’esplorazione, elemento imprescindibile per un’esperienza di gioco totale. Pensare e giocare in VR è qualcosa d’assolutamente nuovo e si sta ancora sperimentando molto. Dipende tutto dall’approccio del singolo sviluppatore: se sei un amatore, puoi avvalerti di engine d’alto livello, molto accessibili e facili da usare; a partire da qualche template, praticamente chiunque può fare un gioco in VR, ma di roba messa su Steam che ci ha davvero imbarazzati soltanto a guardarla ce n’è parecchia…

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La commistione tra teletrasporto ed esplorazione è davvero notevole: girando per il dungeon, è possibile incontrare corridoi sbarrati, porte inaccessibili, trappole e tutti quegli elementi che rendono davvero accitante ficcanasare dentro le segrete.

Per noi di VR Gamer, è stato un grandissimo piacere poter chiacchierare un pò coi ragazzi di Symmetrical, ed è nostro dovere sentitissimo continuare a ricevere notizie da loro. Inoltre, per tutti i possessori del Vive, è possibile andare sul loro sito per iscriversi alla pre-beta e avere la possibilità di essere estratti per una key su Steam della versione early accesso del gioco. Ci auguriamo presto anche di poter recensire il gioco completo, e tutti gli altri in cantiere. Ancora un grazie, e speriamo di rivederli al GameRome di novembre!

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