Palmer Luckey non sta passando proprio un periodo di vita idilliaco. Dopo aver subito delle forti critiche per il ritardo delle consegne di Oculus Rift, e con la recente rivelazione del suo supporto a Nimble America, sito noto per il sostegno che offre alla politica controversa di Donald Trump, ecco che la pazienza del fondatore di Oculus VR ha raggiunto il limite, forse. Palmer Luckey non si sta facendo più sentire, né su Twitter, dove il suo ultimo post risale al 24 settembre, né in forma pubblica, evitando addirittura il famoso Oculus Connect, fiera dell’azienda che si concentra espressamente sulle novità del futuro legate alla realtà virtuale. Cosa si cela, però, dietro il dileguamento di Palmer Luckey? Ne ha parlato Jason Rubin, noto impiegato di Oculus VR.
La dichiarazione di Jason non ci fa comprendere fino in fondo quali saranno le scelte future di Palmer, ma ci danno sicuramente un’idea sulle decisioni che sta prendendo Oculus VR per evitare ulteriori discussioni:
Palmer non voleva agire da distrazione, per questo motivo non ha voluto partecipare alla terza edizione di Oculus Connect. Per quanto concerne la sua condizione lavorativa, sì, Luckey rimane ancora un effettivo lavoratore all’interno di Oculus VR.
Nessuna reazione decisa, quindi? Non proprio. L’assenza di Palmer Luckey dovrebbe farci comprendere quanto di quello che è stato detto sul ragazzo c’entra con Oculus VR. Tra le repliche, le dichiarazioni e il favorimento di alcuni siti, si è perso completamente il punto del visore, e a cosa puntava lo stesso fondatore. Si è persa la dignità di voler giudicare un artista non solo per le sue opere, ma anche per delle vicende esterne e superficiali alla base creativa di Oculus VR. Abbiamo perso molto, e la colpa è solo nostra.
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