In molti sostengono che è un’esagerazione definire la realtà virtuale addirittura come la rivoluzione del nostro secolo, ed in effetti è vero. Non c’è nulla di rivoluzionario, ad essere onesti, nel costante sviluppo tecnico della tecnologia che ci circonda e che permea le nostre vite: se vogliamo vederla da questo punto di vista, la VR è un’evoluzione del tutto naturale. La vera, potenziale rivoluzione sta da un’altra parte, nelle idee e nelle possibilità che queste nuove tecnologie mettono a disposizione, stravolgendo radicalmente le abitudini e le convenzioni proprie fino a quel momento di un determinato settore. In particolare, soffermandoci sull’introduzione sul mercato delle videocamere a 360 gradi, pensate per creare contenuti in VR, è facilmente intuibile come queste siano destinate a cambiare completamente il modo in cui qualsiasi contenuto video viene girato. Senza addentrarsi troppo in tecnicismi, questi piccoli mostri possono apportare cambiamenti radicali al modo in cui cineasti e scrittori si approcciano allo storytelling. Il tradizionale modo di raccontare storie attraverso un qualsiasi medium che presenta contenuti visivi, sia esso un film o un videogioco, può di conseguenza essere del tutto stravolto. In che modo, direte voi? Beh, intanto ecco qui cinque spunti da cui partire.
- Lo spettatore ha un punto di vista totalmente libero.
Una telecamera a 360 gradi è in grado di riprendere una scena da ogni possibile angolo, quindi non è il regista a decidere il taglio della scena e dell’inquadratura. La progressione del film, da questo punto di vista, è totalmente libera e affidata allo spettatore, che può quindi, perché no, perdersi alcuni dettagli dell’azione o osservarne meglio altri, cogliendo dettagli che sono stati nascosti da un’altra parte. Usufruendo di tecnologie audio adeguate, magari con un bel sonoro posizionale, si possono dare indizi allo spettatore sulla zona in cui si desidera che egli punti lo sguardo. Insomma, occorre ripensare del tutto il modo in cui un film viene girato, e fare particolare attenzione alla presentazione e al disvelamento della storia, cercando di mantenere alta l’attenzione di chi guarda. Non è cosa da poco.
- I video a 360 gradi evitano qualsiasi pregiudizio nei confronti del regista, che si trova stilisticamente meno coinvolto nell’azione.
Non è un mistero che il giornalismo, specializzato e non, si sia interessato così tanto ai video a trecentosessanta gradi e alle possibilità che essi offrono. Entrambi, infatti, sono (o cercano di essere, almeno nel nostro caso!) il più possibile obiettivi, raccontando una storia o un fatto da un punto di vista e lasciando all’utente la possibilità di spaziare nell’argomento e farsi una propria idea. Se vogliamo, questo è esattamente quel che si fa nel girare video a 360 gradi, no? Ci riferiamo al porre la telecamera al centro dell’azione, girare la scena e consentire all’utente di guardarsi intorno senza alcun paletto. Da un lato questo toglie gran parte della loro libertà stilistica ai film maker, obbligati quindi a reinventarsi e a ritrovare un proprio stile. Dall’altro, dà questa libertà allo spettatore!
- I video a 360 gradi possono potenzialmente essere molto più coinvolgenti e memorabili rispetto ai video tradizionali.
Per loro stessa natura, i video a 360 gradi hanno una capacità  espressiva estremamente potente, in grado di coinvolgere in maniera molto forte gli spettatori dal punto di vista emotivo. Stabilire un legame empatico con il protagonista di una storia, calandosi nei suoi panni e osservando l’azione attraverso i suoi occhi è prerogativa di un film in VR… oppure, in alternativa, di chi ha una forte immaginazione, anche se il risultato non sarà mai lo stesso! Questa è forse la possibilità più grande che i creatori di contenuti a 360 gradi hanno per le mani, perché, si sa, sono le storie a cui siamo più legati quelle che poi ricordiamo maggiormente.
- Il pubblico non sta semplicemente osservando, ma vivendo un’esperienza.
Proprio come in un libro-game, ogni utente è in grado di vivere una storia dal suo personalissimo punto di vista, completamente differente rispetto a quello di tutti gli altri. In questo caso, non ci si limita semplicemente a giudicare un’opera dal punto di vista di un osservatore esterno, quanto a interiorizzare un’esperienza in modo del tutto personale, con la forte sensazione di averla realmente vissuta in prima persona.
- Non sempre una trama lineare può funzionare in un video a 360 gradi.
In un lungometraggio tradizionale, lo scorrere della trama è il principale filo conduttore che prende per mano lo spettatore e lo conduce ai titoli di coda. In un qualsiasi contenuto a 360 gradi le regole cambiano. Può essere difficile raccontare una storia nell’esatto modo in cui si desidera farlo, se la si può guardare da ogni angolazione. Imbastire una trama che può essere osservata da diverse prospettive e dare all’utente la possibilità di scoprirle tutte è probabilmente una delle più grandi sfide che gli addetti ai lavori si troveranno ad affrontare, e questo, ovviamente, vale anche per le trame raccontate nei videogiochi.
Le possibilità offerte dal filmmaking in VR non vanno sottovalutate, anzi, possono e devono essere sfruttate in diversi modi, senza dimenticare che anche i videogiochi possono subire un’influenza positiva dallo sviluppo di nuove tecnologie e nuove vie di realizzazione di contenuti video. Chi ha un’idea in testa, in tal senso, deve costantemente interrogarsi sul miglior modo di realizzarla. Le camere a 360 gradi chiudono una finestra, ma spalancano un portone: chi, tra i grandi publisher, avrà il coraggio di varcarne la soglia, dando l’esempio agli altri?
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