Dopo aver parlato con Joel Hakalax e Eleonora Lucheroni allo stand AESVI, siamo stati invitati ad una chiacchierata con Carlo Ivo Alimo Bianchi, CEO, cofondatore e creative director della Storm in a Teacup, nonché project director del loro ultimo titolo, Lantern.
Iniziamo con una piccola introduzione. Cosa sai dirci riguardo AESVI? Com’è nata la vostra compagnia e qual’è la vostra visione? Quali sono i vostri obiettivi? In che rapporti siete con AESVI?
Con AESVI siamo in ottimi rapporti, nel senso che comunque è l’organizzazione che ci rappresenta un pochino tutti in Italia, e senza di lei tante cose non sarebbero state possibili, soprattutto per i più piccoli. Io non faccio altro che ringraziare Thalita e gli altri. Detto questo, noi abbiamo un pò meno bisogno, per nostra fortuna, di alcuni tipi di aiuti, perchè ci muoviamo già in un settore internazionale, a livello mondiale, quindi… diciamo che è un do ut es con l’associazione, nel senso che se io posso dare qualcosa sono contento di darla, e se ho bisogno di qualcosa loro sempre prontissimi a venirci incontro. Scambio reciproco, sìsì, ed è giusto che sia così. In fondo è un’associazione, non una società .
E per quanto riguarda la vostra compagnia, quando è nata? Come è nata?
La compagnia è nata dopo che abbiamo finito di lavorare a Batman: Arkham Origins, praticamente io mi ero stufato completamente di stare all’estero e di lavorare per gli altri, un pò di soldini me li ero messi da parte, quindi sono tornato in Italia e ho fatto la società mia.
Si realizzano i propri sogni.
Su certi progetti io ho lavorato come capo dipartimento in Square Enix, Ubisoft, Warner Bros. Games, Crytek, ho lavorato per film tipo Avatar, Harry Potter. Ad un certo livello, se non riesci a fare carriera, poi ci perdi la salute. Quindi incameri soldi, poi quando cominci a vedere che la salute se ne va, te ne torni a casa e con quei soldi ci fai quello che ti pare, di base.
AESVI mira a dare un’identità al mercato italiano, ma anche a salvaguardarlo. Come opera, e quali sono, a tuo avviso, i punti di forza del mercato italiano?
Il punto di forza del mercato italiano è il numero delle vendite di videogiochi, che è una cosa mostruosa. Compriamo videogiochi come se non ci fosse un domani. Abbiamo ancora una mancanza dal punto di vista produttivo, ma è proprio là , in quel gap, che si va a ficcare AESVI. Cerca di aiutare anche e soprattutto i più piccoli a non chiudere dopo sei mesi, un anno, un anno e mezzo, ma a dargli un modo, effettivamente, di valorizzarsi come società , aiutandoli ad andare, per esempio, a San Francisco, alla GDC piuttosto che alla Game Connection, per venire alla Gamescom… Non è poco, eh, perchè in realtà , quelli come noi che si possono permettere di venirci da soli sono molto pochi in Italia, la maggior parte della gente è giusto che abbia modo per uscire ed approcciare le realtà internazionali, perchè mi ricordo che quando io lasciai l’Italia, le poche società presenti che sviluppavano, lo facevano per il mercato italiano, il che è un pò come darsi la zappa sui piedi. Io me la canto, e mi madre e mi nonna se la suonano, come si suol dire. Io però non gliene faccio una colpa, perchè servono contatti, serve stare su territorio internazionale, alle fiere… Tutto ha un costo. Tutto. Anche un euro in una società ha un valore. Cavolo: AESVI permette a piccoli sviluppatori magari di andare a San Francisco alla GDC con due spicci. Mica è poco. Ai miei tempi non esistevano queste cose. Magari fossero esistite! Ma magari! Ci mettevo la firma, guarda.
In Italia il videogioco è sempre stato un pò bisfrattato, un pò visto male, ha sofferto molto diciamo…
Non sono molto d’accordo. La gente può parlare, ma tanto sono le vendite che contano alla fine. E’ come quando la mia professoressa di italiano parlava: a me da un orecchio entrava e dall’altro usciva. Puoi parlare quanto ti pare, quello che conta è il risultato.
Tu quindi pensi che il risultato delle vendite in Italia sia ottimo?
Un buon risultato. Accidenti se è un buon risultato! Stavo parlando con qualche altro ragazzo qua di un diverso paese, e mi ha detto che nel suo paese i videogiochi non si producono né si vendono. Proprio zero. Non c’è confronto assolutamente. Io sono nato nell’81, in Brasile, ma sono venuto in Italia molto presto, quindi li ho vissuti tutti gli anni ottanta italiani. Noi abbiamo avuto la grandissima fortuna di avere le varie Teleciabatta che mandavano i cartoni giapponesi da quattro lire, che sembra una cavolata, uno potrebbe chiedersi cosa c’entrino i cartoni animati come Mimì la ragazza della pallavvolo coi videogiochi, ma in realtà fa tutto parte della stessa sottocultura. Noi siamo cresciuti con quel tipo di cultura, con quel tipo di cervello. Altri no. Se io dico Nino il mio amico ninja, Gigi la trottola, in Italia bene o male mi capiscono, esattamente come quando dico Zelda, Contra, Resident Evil… Più o meno mi capiscono. Ci sono paesi all’estero in cui se dici certi nomi non sanno neanche di cosa stai parlando. Da questo punto di vista, gli anni ottanta ci hanno molto preparato all’era dei videogiochi. Io gioco dall’86.
E per quanto riguarda invece gli investimenti nel nostro paese, in special modo verso la realtà virtuale?
La mia società investe di tasca mia. Vi spiego il perchè. A me piacerebbe tantissimo prendere investimenti da fuori, ma bisogna sempre calcolare se il gioco vale la candela. Visto che gli investimenti sono sempre investimenti europei, uno deve cominciare a capire qual è il tuo goal. Se il tuo goal è di avere 300.000-500.000€ di investimenti, allora non li prenderai mai. Forse, se ti dice bene, ne prendi 50.000, se ti dice benissimo, a fondo perduto. Per una società come la mia che costa annualmente molto di più, a me non conviene manco perderci tempo. Ma non per cattiveria, ma perchè preferisco investire quel tempo per produrre, piuttosto che per cercare soldi, ed ottenerli vendendo ciò che ho prodotto.
Quindi, paradossalmente, conviene prendersi il rischio personalmente piuttosto che con investimenti esterni?
Guarda, io adesso ti dico una cosa. Questa cosa la dico sempre, soprattutto per un certo tipo di target italiano. Mio nonno, che aveva la terza elementare e ha fatto casa a 10 fratelli, aveva perso i genitori durante la guerra, lui mi ha sempre detto Carlè: se tu vuoi investire, fallo di tasca tua, non con quella degli altri, perchè se investi di tasca tua, le cose forse le fai bene, se investi coi soldi degli altri, non è detto che le fai bene, perchè non sei tu quello che ci sta rischiando. Se vuoi le cose fatte per bene, falle per conto tuo. Un’altra cosa che dicono sempre dell’Italia è Le tasse, le tasse, le tasse… è verissimo, abbiamo delle tasse enormi. Tra poco forse arriva anche il tax break dal governo, no? AESVI se ne sta occupando, per fortuna. Le tasse è importante abbassarle, ma è altrettanto importante ricordarsi una cosa: se tu vai in India, vai in Gran Bretagna, vai negli Stati Uniti, se vai in Brasile, ovunque vai, ci sarà un sistema burocratico e di tasse completamente differente. Tu, se vuoi aprire un business là , ti devi adeguare alle leggi di quel posto. Vuoi farne uno in Italia? Perfetto: vuol dire che le tasse sono troppo alte? Verissimo. Allora dovrai fare un business sostenibile con questo sistema contributivo.
Si può dire che la scelta del paese è qualcosa di tattico?
No, non è quello in realtà , per molti lo è, ma se io voglio fare business in Italia, so benissimo che pagherò molte più tasse rispetto ad un francese o a un inglese. Il mio business dovrà essere in grado di adeguarsi a questo paese, cioè l’Italia. E’ inutile lamentarsi: produci di più, o meglio, quindi vendi di più, paghi le tasse tranquillamente e dormi tranquillo. E quando le tasse aumentano, perfetto, che facciamo? Bisogna fare un 5% in più quest’anno. Come lo facciamo? Trovi un modo per farlo, non che ti lamenti.
Il sistema educativo italiano si sta muovendo per supportare gli sviluppatori che vogliono lavorare con la VR?
Spero di sì e spero di no. Vi spiego il perchè. La VR oggi è come il Brexit: nessuno sa come andrà a finire. Ci saranno sicuramente degli utilizzi nel futuro perfettamente consoni alla realtà virtuale, io penso alla medicina, per gli interventi e la chirurgia, penso alla visita di musei, anche alla visita di città , perchè no, cose del genere. Tutto comincia coi videogiochi in VR. Come succede molto spesso, se ci pensate, tutti hanno un GPS, o sul cellulare o stand alone, ma gli algoritmi di pathfinding dei GPS, per essere così veloci, da dove vengono? Vengono dagli algoritmi IA dei videogiochi. Il punto è che se tu oggi fai un gioco VR, non puoi prevedere quanto venderai. Ti butti e incroci le dita. Da questo punto di vista, ai piccoli sviluppatori lo sconsiglio, perchè purtroppo, appena fa un passo falso, chiude. Io non la consiglio questa cosa, la dovrebbero fare coloro che hanno un pochino più di soldi e che possono permettersi di inciampare, magari anche più volte. Lavorare ora in VR, non è un investimento per l’immediato. Io ho un gioco in VR, Lantern, che funziona benissimo anche senza visore, però di base è pensato per esserlo. Io non ho la certezza di farci i miliardi con questo gioco, perchè non posso prevederlo, però mi sto preparando per il futuro, è un investimento per domani. Io intanto mi preparo, i soldi per inciampare li ho, se va male io comunque resto qua e le mie società continuano a fare giochi.
Quindi è per questo che state lavorando a Lantern? Per sperimentare in un campo nuovo?
Assolutamente sì. Possiamo farlo e quindi lo facciamo. Abbiamo l’opportunità di dare una visuale nuova ai giochi VR che tutti pensano debbano essere necessariamente in prima persona con mani che prendono cose, che è interessantissimo, sia ben chiaro, io non blasto gli altri titoli. Sto solo dicendo… proviamo a fare qualcosa di differente.
Basandovi sulla vostra esperienza, avete consigli per chiunque si approcci alla VR per la prima volta?
Sperimentate il meno possibile, fate una cosa semplice e che funzioni. Se cominciamo a fare gli artistoidi su qualcosa ancora in fase così embrionale come la realtà virtuale, rischiamo di fare prodotti che non sono prodotti, che funzionano e non funzionano, potrebbero piacere e potrebbero non piacere… Semplice ma funzionale. Almeno secondo me. Non puoi rischiare oggi. Già stai rischiando se stai facendo una cosa VR, quindi: stai rischiando? Rischia il meno possibile e fai una cosa semplice.
Ottimo, grazie mille di tutto! Hai qualcosa da dire alla comunità italiana di VR Gamer?
Anzitutto, abbiate rispetto per quelli che sviluppano e comprate i giochi. Anche quando lavoravo in grandi società , quando vedevo i giochi su cui ho lavorato per anni sui torrent… ci si rimane male. La Square Enix, dopo che me ne sono andato io, ha licenziato 130-140 persone. Ci sono persone che danno da mangiare alle proprie famiglie dietro a quei progetti, non è che se stai cliccando Download non stai facendo del male a nessuno: in realtà a qualcuno lo fai del male. Magari non subito, però alla lunga potrebbe succedere.
E’ perchè molti gli effetti non possono a vederli, quindi credono di non aver fatto niente a nessuno.
Esattamente: è perchè non vedi gli effetti. Un’altra cosa che voglio dire è che se siete una community di VR e vi interessa così tanto la realtà virtuale, attaccatevici a questa tecnologia, perchè se non ci si attacca qualcuno, finirà nel dimenticatoio, per quanto riguarda i videogiochi.
Assolutamente. Noi siamo la top community italiana che si occupa di giochi VR. Siamo all’attivo da tre anni, prima eravamo Oculus Rift Italia, adesso abbiamo cambiato in VR Gamer perchè abbiamo abbracciato la realtà virtuale a 360 gradi.
Guarda, ne sono usciti talmente tanti di visori VR, dai nomi più incredibili e assurdi… Io aspetto tanto quello di AMD, devo dire la verità , quello con le due lenti a 4k.
Su quali visori girerà Lantern?
HTC Vive e Oculus.
Avete intenzione anche di portarlo su alcuni di questi tanti altri visori?
No, non c’è alcun motivo di mercato. Già vendono poco Vive e Oculus. E’ come ho detto prima: ogni ora-uomo ha un costo. Molto semplice. Se io devo spendere una settimana per integrare un altro visore, con altro codice, altro SDK… Per vendere quanto? Dieci o venti copie in più? Non è il caso.
Si conclude così la nostra intervista a Carlo Ivo, una personalità carismatica e professionale, capace di mettere chiunque a proprio agio grazie alla sua simpatia e buon umore! E’ stato divertente e soprattutto un piacere intervistarlo. Mi raccomando però: non crackategli il gioco!