Valve è al lavoro sulla realtà virtuale da diversi anni ormai, avendo stretto una partnership con HTC per curare il lato software del suo Vive tramite Steam VR. La compagnia, negli ultimi tempi, sembra essersi concentrata principalmente sullo sviluppo delle librerie software per il visore e sulla distribuzione digitale di videogiochi, lasciando definitivamente, almeno per il momento, il ruolo di sviluppatore attivo per quanto riguarda i titoli estranei alla VR. Questo, a sentire le alte sfere di Valve, non sembra essere un problema, anzi è esattamente quel che Gabe Newell e colleghi intendevano fare. Del resto, perché sviluppare altro, se quel che già è presente sul mercato continua a rimanere sulla cresta dell’onda? Un’ottima occasione per parlare un po della realtà virtuale e rispondere ad alcune domande si è presentata con l’inizio dei campionati mondiali di DOTA 2, che dureranno sei giorni, dall’8 al 13 agosto, e che per la prima volta saranno visibili in VR, grazie all’hub dedicato presente nel gioco stesso. Il chairman di Valve è volato a Seattle per partecipare all’evento in qualità di presentatore speciale, e la sua è stata sicuramente la voce più importante e più attesa nella giornata di esordio della manifestazione, che, con migliaia di partecipazioni, ha riscosso un enorme successo di pubblico.
Durante il discorso di apertura, Newell ha posto una certa enfasi sulla realtà virtuale, sostenendo di aver sempre guardato ad essa come al futuro dei videogiochi, e ha tenuto particolarmente a ribadire di aver trascorso praticamente tutto l’anno passato, quindi fine 2015 e il 2016, fino ad oggi, a strettissimo contatto con il VR team di Valve. A differenza di quando parla di videogiochi e soprattutto dei progetti futuri che Valve ha in quel senso, situazioni in cui si mostra vago ed elusivo, in questo caso Newell è stato molto diretto. Del resto, come dargli torto? Ormai non ci si deve più stupire se il presidente di Valve parla quasi esclusivamente di VR, dato che è proprio quello l’interesse principale della software house da molto tempo a questa parte. Piuttosto che riprendere le proprie serie storiche, le poche volte in cui Valve si dedica ancora a sviluppare videogiochi lo fa creando nuove esperienze in VR (The Lab). Insomma, la filosofia che i programmatori sembrano aver abbracciato trovandosi a lavorare con un nuovo medium è quella di fare qualcosa di completamente inedito, invece che riesumare vecchie glorie dal passato. Valve, del resto, è conosciuta per essere una delle poche aziende senza una struttura gerarchica, con gli sviluppatori che possono fare quel che vogliono. Ecco perché non è affatto uno scandalo vedere il buon Gaben muoversi liberamente all’interno della software house, passando con nonchalance dalle decine di ore di testing in un VR lab al parlare davanti a milioni di persone di quanto Valve abbia le mani in pasta nella realtà virtuale. E, almeno stando alle sue parole, il presidente sembrerebbe non avere alcuna intenzione di ritirarsi dietro una scrivania!