La cinematografia viene definita la settima arte per un motivo: il termine, coniato da Ricciotto Canudo nel 1921, descriveva un media che avrebbe finalmente catturato, in una perfetta sintesi, lo spazio e il tempo. Il cinema sa cosa vuole, è cresciuto ma ha sempre mantenuto delle basi solide, o almeno è quello che si pensava fino all’arrivo della VR. La possibilità di visualizzare un filmato a 360 gradi ha colpito, in pochi anni di sperimentazione, un’industria multimiliardaria che faceva di certi stilemi il suo punto di forza, portando a rivalutarli in parte. Come si è evoluto, quindi, questo settore della VR nel corso degli anni? Ve lo anticipiamo, dovremo andare ben oltre gli anni ’50 per trovare le sue origini.
L’esempio più vicino alla realtà virtuale è quella stereoscopia che ha un pò accompagnato il media audiovisivo sin dagli albori, attraverso quei buffi binocolini con i quali era possibile osservare gli stereogrammi in prima persona. La sua ideazione la possiamo attribuire nel lontano 1832 a Charles Wheatstone, ma non è con lui che la tecnologia ha preso piede. La diffusione commerciale arriva infatti nel 1939 con View-Master, un centennio dopo la creazione originaria. Non dimentichiamoci poi del fallimentare Virtual Boy, arcinoto visore di Nintendo che uscì quasi 20 anni prima di Oculus Rift. La realtà virtuale non è, quindi, un mercato inedito, ed è ancora in crescita, soprattutto grazie a Palmer Luckey, CEO della fondamentale Oculus VR.
Qual è, però, il futuro del cinema su VR? Abbiamo già diversi esempi che possiamo citare, tra cui quella fortissima esperienza, tutta da vivere, dal nome di Clouds Over Sidra. Si notano chiaramente delle potenzialità per la realtà virtuale usata in quest’ambito e il problema rimane, ora come ora, di natura puramente economica. I visori di una qualità rispettabile si trovano attualmente ad un prezzo eccessivo per la maggior parte del pubblico disinteressato alla VR, così come le camere a 360 gradi, ma qui si parla di tempistiche. La Goldman Sachs ha però calcolato un cambio di tendenza, con la VR, che potrà garantire, nel giro di massimo 10 anni, un profitto superiore rispetto a quello legato alla TV. Ora come ora l’unica realtà ben imposta nella registrazione di un film è Jaust, una camera che riesce a catturare audio e video a 360 gradi con una qualità incredibilmente vicina a quella cinematografica, eppure anche Samsung si è impegnata ad entrare nella concorrenza, con il suo Samsung Gear 360. Come già detto precedentemente, è il tempo che aiuterà questa fertile tecnologia a maturare, con gli appassionati che si impegneranno a renderla economicamente competitiva.
Da queste parole fuoriesce comunque un potenziale ancora inesplorato che, quando raggiungerà il suo massimo splendore, potrà rivoluzionare anche la settima arte. Come in un videogioco, il pubblico non guarderà più lo stesso semplice film: potrà girare lo sguardo, spostarsi e attivarsi con il regista VR, che dovrà guidarlo con suoni, immagini e scene di transizione. L’obiettivo è ovviamente quello di raccontare una storia profonda e che possa entrare nel profondo. Attualmente la realtà virtuale è un mercato non ancora imposto a livello commerciale, ma analisti e protagonisti del settore preannunciano già grandi cose per questa tecnologia. In effetti, gli esperti dell’industria hanno calcolato che entro il 2020 la VR potrà rappresentare un’industria da oltre 20 miliardi di dollari annui. Queste previsioni si accosteranno poi ai fatti? Chissà, ma è innegabile che la realtà virtuale ha avuto un influsso fortissimo su media consolidati e storici. Il resto, poi, come diranno le prossime generazioni, è storia.