Il fatto che i grandi publisher stiano aspettando di lanciarsi in anbito VR lascia spazio a sviluppatori più piccoli di conquistare il terreno anticipo. Tra questi c’è CCP, i creatori di EVE, e della killer application EVE: Valkyrie.
Hilmar Pétursson, CEO di CCP Games, è stato appena intervistato dal magazine Fortune, dove ha espresso un approccio comunque cauto allo sviluppo VR, nonostante l’ampio endorsement fatto già dalla compagnia. Ecco le sue parole: “Per i primi tre anni guarderemo in maniera ancora cauta alla VR. Quando sei ancora all’inizio in un mercato come questo, è estremamente comune sopravvalutare quello che succede nei primi 10 anni e sottovalutare quello che succede nei successivi dieci… È difficile portare indietro l’orologio, ma è molto più facile correre in avanti”.
Sempre secondo Pétursson, i primi tre anni dopo l’arrivo della VR sugli scaffali saranno un po’ come il selvaggio West. Successivamente, come in tutti i fenomeni tecnologici, l’hype comincerà ad assestarsi e i content-creator cominceranno a lavorare in maniera più consapevole sul medium. Tutto questo considerato, anche se CCP Games ha già messo al lavoro 40 dei suoi uomini sulla VR, non è ancora intenzionata a mettere lo studio a tutta forza su questo nuovo medium.
Dobbiamo anche considerare il particolare modello di business di CCP Games, che con EVE è abituata infatti al cosiddetto “games as a service”. A quanto pare, Valkyrie potrebbe seguire la stessa filosofia: anche se non sono state ancora fatte delle decisioni definitive, sembra che CCP Games voglia utilizzare un sistema di pagamento ricorrente per il simulatore di combattimento spaziale VR. “Ci saranno tante esperienze dove è sufficiente pagare una sola volta” ha dichiarato Pétursson “ma quelle esperienze non saranno quelle chiave. C’è un limite a quello che puoi fare seguendo quel business model. Generalmente, vogliamo costruire dei giochi come servizi, che possono essere fruiti per anni”.
Un altro problema ricorrente di chi sviluppa in realtà virtuale è: quale sarà il pubblico a cui si rivolgerà? Si tratta di un dilemma non indifferente: al momento, l’audience della VR è composto da visionari un po’ folli (ehi, siamo noi!), che vedono il potenziale della piattaforma e ci credono ciecamente. Ma si tratta di una demografia fidelizzata a prescindere, trainata dalla novità tecnologica. Gli early adopter, del resto, ci sono stati anche per i Google Glass. Ma quando si saprà chi sono le persone non techno-feticiste che adotteranno la VR? Si arriverà mai davvero a un’adozione di massa? Tutto questo non sembra preoccupare CCP, che vuole invece concentrarsi sulla tecnologia. Per Pétursson, infatti, è sciocco cercare di creare dei giochi con dei consumer in mente.
“Quello che è più importante è focalizzarsi sulla piattaforma individuale, sui suoi punti di forza e sulle sue debolezze. Stiamo facendo questo piuttosto che cercare di indovinare chi sarà il pubblico. Perché, al momento, nessuno sa davvero chi sarà il pubblico della VR”.