La NASA ha una stazione spaziale virtuale

Tante volte abbiamo discusso di NASA e realtà virtuale e di come l’agenzia spaziale lavori incessantemente per ricostruire alla perfezione sulla terra l’assenza di gravità e le forze di inerzia tipiche dello spazio. La VR ha da sempre dato un grande contributo in tal senso.

Nel Johnson Space Center (JSC) a Houston, in Texas, il Reality Lab, in cui la Nasa crea i suoi mondi virtuali incredibilmente complessi, unisce alla VR le meccaniche di avanzatissimi robot, jet-pack e incredibili telescopi. Questo è il posto in cui gli astronauti ricevono la stragrande maggioranza della formazione hi-tech che deve essergli impartita sul pianeta Terra.

Qui è possibile anche far conoscenza con DOUG, che non è un cowboy del futuro, ma l’acronimo di un software: il Dinamic Onboard Ubiquitous Graphics.
Esso è un programma di rendering dettagliatissimo che crea impeccabili modelli di tutta la stazione spaziale, dalle linee idriche a quelle elettriche, passando anche dalle più banali decorazioni dell’ambiente.

Ecco cosa racconta James Tinch, Manager del NASA VR Lab:

Qui viene modellato e riprodotto tutto ciò che l’equipaggio potrebbe vedere  sulla stazione spaziale, in maniera tale che quando gli astronauti saranno lì, si sentiranno in un ambiente familiare, già vissuto in VR“.

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Ciò significa che sia che gli astronauti dirigano i movimenti di un braccio meccanico, sia che lavorino su una parte del circuito idraulico, saranno in possesso di una prospettiva corrispondente alla realtà, sperimentando tutte le eventualità con largo anticipo.

Questo dà loro la possibilità di capire se il cantiere soddisfa le loro esigenze o gli permette di esercitarsi a trovare il luogo esatto della ISS per sostituire un pezzo di ricambio o ancora provare come utilizzare gli utensili e sperimentare se funzioneranno come previsto. La missione intera, poi, sarà ricalcolata e riscritta, gli strumenti di bordo e i materiali riadattati in base a ciò che gli astronauti richiedono dopo averli provati in VR.

Quando si indossa il visore super avanzato della NASA e i guanti ricchi di sensori viene naturale ed istantaneo monitorare il movimento delle proprie mani e vederle nel mondo virtuale.

I guanti hanno anche dei sensori di forza sui palmi in modo che, stringendo le mani nel tentativo di afferrare un oggetto virtuale come uno strumento o un corrimano, i guanti stessi si chiudono intorno ad esso riproducendo la sensazione di toccare qualcosa. Tali sensori non sono articolati ad ogni singolo dito, ma fanno divenire sufficientemente realistiche le simulazioni.

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La realtà virtuale, invece, offre una visione completa di tutto ciò che è sperimentabile negli ambienti reali e tutte le componenti sono nella stessa relazione spaziale della stazione. Il visore utilizzato offre agli utenti un display di 720p e un ottimo dispositivo di tracciamento.

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Il Dr. Tinch spiega che quando è stato inventato, Oculus Rift non aveva ancora alcune caratteristiche richieste. Di conseguenza, uno degli ingegneri del VR Lab ha costruito il visore attualmente in uso nel suo garage. Dice però anche che la NASA sta osservando l’evoluzione commerciale della VR perché sarebbe molto utile lo scambio di informazioni e idee tra gli inventori dei prodotti che a breve saranno immessi nel mercato e gli scienziati.

Attualmente è un sistema magnetico che gestisce il tracciamento del movimento per la testa, il petto e le mani. Il sensore a esso dedicato è montato sul soffitto sopra l’utente ed è capace di percepire gli spostamenti rispetto a un punto cardine specificato.

I ricercatori NASA sostengono che è difficile, comunque, combinare VR e assenza di gravità, ma stanno tentando di far lavorare a stretto contatto alcuni laboratori per riuscirvi.
L’agenzia aerospaziale, poi, utilizza anche simulazioni senza visore che riguardano la cupola robotica della ISS, grazie a tre monitor che simulano tre finestre della stazione. Non è un’esperienza totalmente immersiva, ma gli utenti possono comunque avere una vista abbastanza ampia dell’ambiente.

La combinazione dei punti di vista delle finestre e le immagini trasmesse da altre telecamere permettono all’equipaggio di monitorare il movimento del braccio meccanico esterno e assicurarsi che esso non entri in contatto con qualsiasi parte della struttura. Ovviamente, questo è ancora più importante se un membro dell’equipaggio lavora all’estremità del braccio. Si sta cercando, adesso, di integrare tale visione a schermi con le simulazioni VR per permettere ad astronauti e scienziati di lavorare o controllare strumenti e aree della ISS.

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Essere in grado di vedere l’organizzazione spaziale della ISS è importante, ma esistono altri particolari che la VR non riesce a simulare. Secondo i laboratori NASA sarebbe molto interessante, invece, riuscire a riprodurre il comportamento esatto degli oggetti in assenza di gravità. Fuori dalla stazione un pannello di due tonnellate diventa leggerissimo e gli astronauti hanno bisogno di testare prima della partenza come si comporteranno gli oggetti nello spazio per evitare che questi ultimi corrano il rischio di rompersi o disperdersi nell’infinito universo.

Il robot Charlotte è composto da otto motori separati, ciascuno dei quali controlla un cavo. I cavi si collegano tutti ad un oggetto centrale e i motori sono tutti controllati a loro volta da un computer che utilizza dei modelli fisici avanzati per determinare come l’oggetto nel mezzo dovrebbe muoversi a seconda delle dimensioni e della massa del pezzo della stazione che esso rappresenta. Il robot può muoversi diversi metri su tutti i sei assi e ruotare realisticamente.

Se, ad esempio, un astronauta dovesse rimuovere una grande struttura di quattro di metri cubi dalla stazione, l’oggetto centrale di Charlotte potrebbe essere grande solo un metro cubo, ma in realtà virtuale, sarebbe possibile all’astronauta avere un oggetto con delle dimensioni reali, e lo stesso concetto è applicabile a tutti i rapporti fisici del resto della stazione.

Oltretutto la simulazione della rotazione degli oggetti messa in atto dal robot Charlotte potrebbe essere ben simulata anch’essa in VR, permettendo di abbattere i costi delle apparecchiature.
Il laboratorio VR della NASA ha due robot Charlotte separati, ed essi possono lavorare insieme. Così si potrà simulare la rimozione e la sostituzione di un oggetto molto grande che richiederebbe il lavoro di due astronauti insieme. Ogni astronauta potrebbe indossare il suo visore di realtà virtuale e testare bene le sessioni di lavoro di gruppo già sulla terra.

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Un altro possibile scenario che gli astronauti sono molto felici di sperimentare in VR è il malaugurato distaccamento dalla stazione spaziale. In quel caso gli astronauti sarebbero costretti ad attivare l’unità di arresto SAFER che arresterebbe la loro rotazione, puntare la stazione attivando il JetPack, e tornare salvi nella loro base spaziale. In quel caso l’astronauta avrebbe circa 30 secondi per impostare tutto e le simulazioni in VR potrebbero davvero salvare delle vite.

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