Non posso nasconderlo, avere questo titolo riadattato per la VR sarebbe un sogno proibito che si avvera, e mentre ancora aspetto una ipotetica “Definitive Edition” che racchiuda tutti gli elementi aggiunti da Persona 3 FES e dalla sua successiva edizione Portable passo il tempo fantasticando su come sarebbe questo gioco in realtà virtuale.
Per chi non lo avesse presente, il titolo è un gioco di ruolo alla giapponese con molti elementi caratteristici delle visual novel, della cui potenziale fruibilità in VR abbiamo avuto modo di parlare poco tempo fa, ma ciò che renderebbe questo gioco particolarmente evocativo in VR non è soltanto questo.
Uno degli indubbi punti di forza del titolo, più della trama e dei personaggi in sè, comunque ottimamente realizzati e fondamentali per un gioco di ruolo, sono le atmosfere. Ogni singolo elemento, dalla sigla di apertura, alle vicende dei personaggi, alle azioni e le evocazioni dei protagonisti, tutto è legato da un fortissimo tema portante: memento mori.
Persona 3 è un gioco che fa della morte il suo leitmotiv, senza mezzi termini, e pur trattando l’argomento facendo ricorso a simbolismi e ad atmosfere oniriche, tenendosi dunque ben lontano dal realismo spiccio, riesce a veicolare in modo egregio un vasto spettro di emozioni, mettendo in evidenza anche i lati più oscuri dell’essere umano.
I protagonisti del gioco evocano le loro Personae puntandosi addosso un Evoker, una finta pistola, mimando in modo fin troppo evidente quello che, preso in un contesto “normale”, altro non è che atto di suicidio nudo e crudo, qui traslato in prova di coraggio necessaria per configgere gli Shadow, creature misteriose che si nutrono delle menti umane.
Ma non sono solo le scelte strettamente stilistiche, già di per sé incredibilmente potenti, a poter rendere questo gioco un’esperienza VR davvero profonda. Una scelta che contraddistingue questo titolo da altri esponenti del genere è la precisa scansione del tempo, altro elemento chiave sia in termini di trama che di gameplay vero e proprio. Le vostre attività non si seguiranno in un continuo ciclo di giorni e notti senza soluzione di continuità , ma saranno scandite da un calendario ben determinato.
I personaggi non saranno sempre a disposizione nello stesso punto, se vorrete parlare con loro dovrete ricordarvi quale giorno della settimana sono liberi, così come dovrete tenere presente le vostre attività scolastiche e non solo. La coerenza del gioco sta anche nel ricordarvi che, al di là dei vostri oneri da protagonista, siete comunque un liceale, e come tale dovete fare i conti con esami, attività extracurriculari e quant’altro venga previsto da una vita accademica”normale”.
Ok, ma allora tutto quel discorso sull’affrontare gli avversari? Quando è che ho tempo di salvare il mondo se mi tocca pure andare a scuola? La risposta è semplice: di notte. Non si tratta della gita fuori porta dopo cena, anche qui il gioco dà prova di stile introducendo il concetto della tredicesima ora, la cosiddetta Dark Hour, durante la quale tutto il mondo si ferma.
Nessuno è a conoscenza della sua esistenza, tranne coloro che hanno la capacità di evocare le proprie Personae, gli unici in grado di muoversi liberamente durante questa strana alterazione spazio-temporale. Durante questo lasso di tempo, quella che durante il giorno è liceo normalissimo, si trasforma in un’inquietante torre labirintica, il Tartarus, che i protagonisti dovranno scalare per riuscire a venire a capo della sua misteriosa apparizione.
Non sarebbe corretto nei confronti del gioco ridurre le vicende dei personaggi al semplice scontro tra bene e male, ma non voglio anticipare nulla nel caso qualcuno non abbia ancora avuto modo di provare questo titolo, perché ritengo che, pur con alcuni innegabili difetti in termini di meccaniche di gioco (riferendomi in particolare alla primissima release per PlayStation 2) e qualche ingenuità narrativa, Persona 3 resta una delle esperienze più evocative e affascinanti che mi sia mai capitato di provare nel panorama dei JRPG.
Ovviamente, non trattandosi di un’esperienza nativa per la realtà virtuale, vanno fatte le dovute revisioni. Il gioco è sviluppato mantenendo principalmente una visuale in terza persona (perdonate il gioco di parole) e le meccaniche di battaglia non sono in real-time, ma come abbiamo già accennato in più occasioni non si tratta di fattori che minano necessariamente l’immersione in un gioco VR.
Realisticamente parlando, vedere Persona 3 su Oculus (o Morpheus) è un sogno irrealizzabile, ma non sia mai che qualche volenteroso hacker abbia la mia stessa idea e cominci a pensare come potrebbe essere questo gioco in realtà virtuale.