https://www.youtube.com/watch?v=RrX7G-1xPLs
Proprio in queste ore si sta diffondendo a macchia d’olio su Internet un nuovo trailer, dedicato a un videogioco destinato a far sicuramente parlare di sé. Stiamo parlando di Hatred, il lavoro di un fantomatico team polacco chiamato Destructive Creations. Un titolo talmente controverso che Epic se ne è dissociata (Hatred sfrutta infatti il famoso Unreal Engine, che viene pubblicizzato all’apertura del trailer). Si tratta all’atto pratico di uno shooter isometrico, completamente incentrato sull’omicidio di massa.
Il protagonista è un oscuro figuro in giacca di pelle nera, carico di odio per il mondo, che, armato fino ai denti, scatena con sconcertante violenza su dei normali cittadini e sulle forze dell’ordine. Non ci sono nemici in questo gioco, o meglio: voi siete il nemico, e dovrete abbattere persone completamente inermi. L’atmosfera del gioco è decisamente disturbante: vediamo il protagonista sparare all’inguine di un poliziotto, uccidere con un colpo alla testa una donna… E il tutto non è neanche descritto in maniera autoconsapevole o ironica, come poteva avvenire con Postal dei Running with Scissors. La cosa che fa più paura di questo gioco è che qui l’ultraviolenza è celebrata e compiaciuta, e non a caso il gioco nei commenti è stato accolto con entusiasmo da parte dei più giovani, un target a cui sembra evidentemente rivolgersi.
[su_pullquote]La cosa che mi fa più paura di questo gioco è che qui l’ultraviolenza è celebrata e compiaciuta.[/su_pullquote]
Il che ci porta a una considerazione: sarebbe accettabile un gioco del genere in realtà virtuale? Abbiamo già avuto più volte dimostrazione empirica che le esperienze vissute con Oculus Rift sono molto più incisive rispetto a quelle tradizionali, dove la barriera dello schermo impedisce una totale immersione. Prendiamo per esempio Alien Isolation: noi l’abbiamo provato, e possiamo dire che non c’è paragone con la versione console, al punto da essere praticamente ingiocabile per quanto fa paura. Al momento non ci sono dimostrazioni scientifiche definitive che contenuti videoludici di matrice fortemente violenta possano aumentare i livelli di aggressività in un individuo. Non esiste letteratura in merito nemmeno per quanto riguarda la realtà virtuale, un medium ancora troppo acerbo per porsi degli interrogativi di stampo etico. Ma arriverà il momento in cui dovremo cominciare a preoccuparcene?
Per quanto riguarda i videogiochi tradizionali, in molti osservano come i nativi digitali siano perfettamente in grado di distinguere tra ciò che è reale e ciò che è fittizio; è il motivo per cui anche chi scrive non crede che un gioco come Grand Theft Auto possa deviare le giovani menti. Il discorso cambia completamente quando andiamo a sfruttare un dispositivo che permette di annullare le distanze tra ciò che è vero e ciò che non lo è.
[su_pullquote]Nathan Drake è il buono, ma anche lui si lascia dietro scie di cadaveri come neanche un omicida di massa.[/su_pullquote]
Che effetto potrebbe avere una sessione prolungata di Hatred, in realtà virtuale? Non lo sappiamo, e questo è preoccupante. Sono fermamente convinto che il videogioco debba essere completamente libero da ogni forma di vincolo espressivo, esattamente come già avviene per il cinema o per la letteratura. Posso condannarli a livello morale, ma sono idealmente d’accordo con l’idea che qualcuno possa avere la libertà girare A Serbian Film o scrivere American Psycho. Ma nuovi medium impongono nuove questioni etiche. Il caso Hatred mi porta anche a una successiva riflessione: quello che vediamo nella maggior parte dei videogiochi non è poi troppo distante dal gioco della casa polacca. Certo, Nathan Drake è il buono, ma anche lui si lascia dietro scie di cadaveri come neanche un omicida di massa. Mi chiedo se, senza arrivare ai livelli di Hatred, anche un normale sparatutto in realtà virtuale, alla Call of Duty, sarebbe accettabile, e se lo farei giocare, per esempio, a un ragazzo nei suoi anni di formazione.
Credo che uno degli effetti più positivi della realtà virtuale potrebbe essere un rinascimento a livello di game design. Una volta che ci sarà messa in faccia l’autenticità e il peso delle nostre azioni, in VR, forse uccidere sarà meno facile. E, a quel punto, i game designer dovrebbero cominciare per forza di cose a proporre nuove meccaniche di gameplay, che non ruotino intorno all’uccisione. La palla, ora, passa a voi: pensate che potreste sopportare di giocare un gioco come Hatred in realtà virtuale? E pensate che sia giusto lasciare gli sviluppatori liberi di progettare un’esperienza altrettanto violenta, sfruttando Oculus Rift?