Newsgame. Con questo concetto si intende un videogioco nato per veicolare un contenuto di stampo giornalistico. Ne abbiamo alcuni esempi, come nel caso di Darfur is Dying, un’opera che permetteva ai “giocatori” di riflettere sulla tragica situazione dello stato africano.
Immaginate ora che rivoluzione se le persone potessero sperimentare in prima persona le notizie. Vivere sulla propria pelle i drammi del nostro mondo, ed esserne profondamente cambiati. Questo permetterebbe di squarciare il velo dell’indifferenza che solitamente si frappone tra noi e i telegiornali.
Tutto questo sarà possibile grazie alla realtà virtuale. Il progetto, ambizioso sicuramente, nasce dalla volontà della giornalista e documentarista Nonny de la Peña, che sta usando la tecnologia dietro Oculus Rift per creare delle esperienze giornalistiche immersive, che metteranno gli utenti direttamente al centro della notizia. Nonny de la Peña punta per esempio trasformare le persone in testimoni diretti della guerra in Syria, o far scoprire loro com’è la “vita” nella prigione militare di Guantanamo.
[youtube id=”jN_nbHnHDi4″ width=”600″ height=”350″]
Se è vero che il giornalismo è una questione di catturare il momento, ha detto de la Peña, quale modo migliore per farlo se non in tre dimensioni?
Il primo progetto di de la Peña si chiama “Gone Gitmo”, e usa del materiale documentaristico raccolto per ricostruire il centro di detenzione e le esperienze dei prigionieri, creando una simulazione estremamente realistica di come ci si sente a essere rinchiusi. Supporti audiovisivi aiutano l’inquietante illusione, come delle clip audio che ricreano certi suoni, mentre pagine di diario raccontano il comportamento delle guardie e degli altri prigionieri. Un altro progetto di de la Peña racconta invece l’esistenza di un bambino rifugiato in Siria.
Un’altra interessantissima frontiera da esplorare, un’altra dimostrazione delle potenzialità della VR al di fuori delle applicazioni strettamente ludiche.