E.T. atterra allo Smithsonian, ma potete ammirarlo anche in Italia

Il videogioco è arte e cultura, e tutti noi lo sappiamo bene. Ma ormai è anche storia, e anche i più scettici devono farsene una ragione. Se vi è difficile pensare al concetto di archeologia del videogioco, preparatevi a cambiare idea. Il caso più emblematico in questo senso è il ritrovamento delle cartucce di E.T. The Extra-Terrestrial, un gioco talmente pessimo da diventare materia di leggenda nonché simbolo del crollo dell’intera industria videoludica. Leggenda che, ad aprile scorso, si è rivelata realtà in seguito a un vero e proprio scavo archeologico: nel deserto del New Mexico sono infatti state ritrovate le copie sepolte dell’infausto gioco, prodotto in quantità abnorme, in larga parte rimasta invenduta o restituita ai negozianti.


Il viaggio di questi veri e propri tesori non si è fermato tuttavia in un polveroso deserto. Lo Smithsonian, celebre istituzione museale statunitense, ancora una volta si dimostra attento osservatore del videogioco (aveva già organizzato una mostra dal titolo “The Art of Video Games” nel 2012), annunciando che ospiterà all’interno della propria collezione videoludica una di queste cartucce disseppellite.

Il tecnico dello Smithsonian Drew Robarge ha spiegato sul sito ufficiale del museo il motivo dietro la decisione di includere le cartucce dentro alla collezione.

“La cartuccia è uno degli artefatti che definiscono il crollo di Atari e di un’intera era. In aggiunta al crollo, la cartuccia può raccontare molto storie: la sempre attuale sfida di creare un buon adattamento da film a videogioco, il declino di Atari, la fine di un’era per la fabbricazione di videogiochi, e il ciclo di vita di una cartuccia da gioco.

La cartuccia serve anche come chiusura di molte cose: la leggenda urbana della sepoltura, gli anni d’oro di Atari, di un’era dove le compagnie americane dominavamo la scena console. Tutte queste possibili interpretazioni ne fanno un oggetto ricco e complicato. Come si dice, la spazzatura di un uomo è il tesoro di qualcun altro”.

E.T. The Fall low

Il riconoscimento da parte dello Smithsonian è un altro importante tassello nella costruzione di un’identità culturale del videogioco. Ma, tuttavia, a detenere il primato nella conservazione di questo reperto è l’Italia. VIGAMUS, Museo del Videogioco di Roma, è stato infatti il primo istituto al mondo a ricevere le cartucce disseppellite. La città di Alamogordo ha inviato gli artefatti al Museo, assieme a un certificato di autenticità che garantisce la provenienza dal sito del New Mexico. Gli oggetti sono stati poi allestiti nella mostra permanente  E.T. The Fall. I Tesori Sepolti di Atari (E.T. The Fall. Atari’s Buried Treasures) a partire dal 28 ottobre 2014, dove è possibile osservarli conservati nella sabbia proveniente dal New Mexico, accompagnati dalle foto dello scavo.

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Una lettera firmata da Joe Lewandowski, consulente locale dello scavo, e inserita all’interno della rassegna, spiega la verità dei fatti oltre la leggenda. Se infatti in tutto il mondo quella di Alamogordo era conosciuta come una misteriosa e affascinante leggenda metropolitana, tutti gli abitanti del posto sapevano benissimo cosa stava accadendo. Lo dimostrano i numerosi ritagli di giornale sepolti e ritrovati insieme all’invenduto di Atari, fotocopiati e presenti all’interno della rassegna, che vede anche la presenza di una selezione delle opere più sfortunate del periodo, giocabili nelle apposite postazioni interattive (E.T. The Extraterrestrial, la conversione di Pac-Man per VCS, Q*Bert!).

 

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