Un corpo virtuale open-source

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Abbiamo già parlato del corpo virtuale inteso come l’impiego di protesi biomeccaniche in grado di oltrepassare i limiti fisici imposti da corpo umano. A raggiungere tale obbiettivo fu il progetto No Barriers Boston, avviato dal coordinatore del laboratorio di biomeccanica del MIT Hug Lerr, in seguito all’attentato avvenuto durante la maratona di Boston del 2013, in cui alcuni atleti persero gli arti. Tra i vari obbiettivi del progetto, c’era anche quello di rendere la tecnologia per le protesi biomeccaniche accessibili a tutte. Ebbene, anche altri nel mondo sembra stiano perseguendo questo obbiettivo, avviandosi verso una politica open-source delle tecnologie biomeccaniche. Tra le personalità che hanno aperto questa strada, spicca certamente il nome dell’inglese Joel Gibbard, fondatore dell’Open Hand Project, che sta lavorando alla realizzazione di un modello di protesi della mano stampabile. Diversi esperti in vari settori tra medicina, informatica e progettazione di modelli 3D, si sono negli ultimi tempi adoperati al fine di trovare un sistema per stampare non soltanto protesi biomeccaniche, ma anche organi artificiali, partendo da un progetto CAD.

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Tra i team che hanno intrapreso questa strada in tutto il mondo, ne spunta anche uno italiano, denominato Open Biomedical Initiative, il cui scopo principale è quello di fornire in maniera del tutto gratuita dei progetti di protesi biomedicali tramite internet, che chiunque possegga una stampante 3D può realizzare autonomamente e a costi bassissimi, al fine appunto di rendere quelle tecnologie al momento per i più inaccessibili, tecnologie open-source, alla quale chiunque può attingere in qualsiasi punto del pianeta. Fondatori del team e supervisori di questo progetto assolutamente no-profit sono l’ingegnere biomedico Bruno Lenzi e  il biotecnologo Cristian Padovano (il primo abruzzese, il secondo pugliese). Lenzi e Padovano hanno sintetizzato lo spirito dell’Open Biomedical Initiative in questo modo:

Open-source, low-cost e 3D-printable sono le nostre tre parole d’ordine […] Certo, non tutti possono permettersi una stampante 3D, anche se oggi il prezzo è relativamente abbordabile. Per questo stiamo collaborando con ospedali, organizzazioni benefiche e laboratori di stampa in tutto il mondo, per permettere a tutti di avere accesso a una stampante e ottenere ciò di cui hanno bisogno.

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Inoltre i due hanno sottolineato come la loro politica sulla divulgazioni di tali risorse faccia da contraltare a quell’industria che fa delle tecnologie biomeccaniche una risorsa per pochi facoltosi. Il team è già al lavoro su un modello di protesi della mano meccanica, che potrebbe divenire open-source già dal mese prossimo. Per un modello che implementi anche delle parti elettroniche bisognerà invece attendere ancora un po’.

La strada intrapresa da queste realtà indipendenti comincia a farsi più nitida. Con tecnologie quali la stampa 3D, la progettazione di modelli CAD o la programmazione tramite supporti semplici come ad esempio Arduino stanno portando l’open-source a un livello ulteriore, per la quale chiunque, a costi sempre più irrisori, sarà in grado di usufruire anche delle tecnologie più avanzate. Certo il campo della biomedicina è forse uno dei più urgenti in cui intervenire in questo senso, ma come la conoscenza è divenuta virtuale e alla portata di tutti in ogni momento, anche l’oggettistica di ogni genere sta assumendo una matrice “immateriale”.

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