Per quanto il web permetta di reperire pressoché qualsiasi informazione, capita spesso di imbattersi in pagine che non soddisfano la nostra ricerca. Questo è il concetto da cui parte Amoeba. Sviluppato da Sanya Rai, Carine Collé e Florian Peuch (studentesse del Royal Collage of Art e dell’ Imperial Collage di Londa), il dispositivo oculare dovrebbe permettere a chi lo indossa di filtrare i contenuti superflui e visualizzare soltanto quelli che lo interessano. Amoeba è infatti in grado di captare le nostre reazioni monitorando tre differenti segnali biologici: i sensori di calore posti attorno alla bocca consentono al dispositivo di registrare la velocità del nostro respiro; una fotocamera all’interno della lente monocolare misura la dilatazione della pupilla, mentre dei sensori innestati sul braccio misurano la sudorazione della pelle. Tramite un controllo incrociato tra questi tre elementi e le pagine che stiamo visitando, Amoeba è in grado di comprendere quali contenuti ci annoiano e quali invece ci appassionano.
Tale dispositivo renderebbe la navigazione in internet certamente più veloce ed intuitiva, ma come reagirebbe l’utenza all’idea di venire monitorata e “tarata” in ogni sua reazione? Tecnologie del genere sarebbero infatti in grado di monitorare la nostra risposta biologica non soltanto di fronte ad un normale contenuto, ma anche – ad esempio – ad un’inserzione pubblicitaria, mappando così in profondità i nostri interessi da arrivare a offrirci prodotti e servizi per noi impossibili da rifiutare…
A questo link potete vedere un video dedicato al progetto.
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