The Machine To be Another: Pensavo di essere qualcun altro

Negli ultimi decenni si è reso sempre più diffuso nell’ambito delle neuroscienze lo studio di tutti quei fenomeni legati alla simulazione incarnata e all’empatia.


Senza addentrarci nel vasto campionario di ricerche che gravitano e prolificano attorno a questi argomenti giorno dopo giorno, coinvolgendo ambiti diversi dalla psicologia cognitiva alle arti visive come il cinema, con The Machine To be Another anche la realtà virtuale è in qualche modo scesa in campo.

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Si tratta di un esperimento, di un gioco o di una dimostrazione, priva di  particolari metodologie scientifiche strutturate alle spalle, in cui  si mescolano la classica curiosità nei confronti di una nuova tecnologia e il potenziale interesse relativo all’applicazione pratica. BeAnotherLab è un piccolo team di giovani intraprendenti che stanno raccogliendo fondi per implementare questo progetto. Nello specifico  Philippe Bertrand e i suoi compagni hanno ideato un sistema di telepresenza (The Machine To be Another), ispirandosi alle prime ricerche di Marvin Minsky risalenti al 1979. Molti altri ci hanno già provato, ma questi ragazzi hanno utilizzato un visore Oculus Rift per rendere assolutamente immersiva e realistica l’esperienza di poter vestire i panni di qualcun altro.

Nel concreto un partecipante al test (A), che indossa il visore stereoscopico, è imitato in tutti i suoi movimenti da un complice del gioco che lo impersona (B), equipaggiato a sua volta con una telecamera direzionata verso il basso che mostra al primo individuo A, mani,corpo e piedi.

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Chi ripete i movimenti e le azioni del soggetto A, non deve però necessariamente essere qualcuno che gli rassomigli. L’originalità di questa idea sta tutta qui. Questa secondo individuo B, potrebbe avere un colore della pelle diverso dal nostro, di età diversa, o addirittura essere di un altro sesso. La nostra sensazione, una volta immersi nella realtà simulata, sarà quella di cominciare a credere di non essere più con la testa sulle proprie spalle, ma di essersi improvvisamente trasformati in un qualcun altro. Come diceva Marvin Minsky, per ottenere un effetto di telepresenza non è sufficiente ingannare solo la vista, ma stimolare tutti e cinque i sensi.

Oltre al visore Oculus, infatti, il partecipante indossa anche una cuffia stereo in grado di riprodurre la voce del suo imitatore. Per il tatto invece sono necessarie altre due persone (C e D) e un doppione di ogni oggetto presente nello spazio circostante A e B.

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Anche in questo caso C che interagisce con A, imita D che a sua volta si rapporta con B. In questo modo tutto ciò che facciamo, vediamo, tocchiamo, ascoltiamo o odoriamo sarà ripetuto contemporaneamente dalle persone che imitano i nostri movimenti.

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Roberto Coxon, un professore di experience-based designing presso l’University of Southern Denmark, è stato protagonista di questa esperienza. Le ricerche di questo studioso si focalizzano sul concetto di “ecology of care“, ovvero conoscere l’esperienza degli altri come presupposto per comprendere meglio i loro bisogni e le loro necessità. Il ricercatore sta cercando di scoprire una via per comprendere come gli altri vedono il mondo.
L’esperienza di BeAnotherLab ci permette, in parte, di raggiungere l’obiettivo di Coxon, anche se la strada da percorrere è ancora molto lunga.

The Machine To be Another potrebbe trovare un’applicazione concreta in campo medico e sociale. Persone che si confrontano con una disforia di genere, per esempio, otterrebbero da questa esperienza numerosi vantaggi nella comprensione di se stessi e potrebbero essere facilitati nel difficile percorso che devono affrontare.

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Tra i vari esperimenti su soggetti diversamente abili, una ex ballerina sulla sedia a rotelle ha potuto rivivere per qualche istante la sensazione di riuscire muoversi come un tempo, e sono ancora tante gli esempi che si potrebbero menzionare.

Il visore Oculus e The Machine To be Another, ci proiettano verso un’evoluzione. Riuscire a fare esperienza del mondo dalla prospettiva di un’altra persona è un’occasione importantissima, in grado di espandere gli orizzonti della coscienza del singolo e collettiva. 

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