Oculus Rift riscatta il rendering di The Elder Scroll

Elder Scrolls: Oblivion è il quarto capitolo della saga The Elder Scrolls, sviluppata da  Bethesda Softworks e iniziata nel 1994 con The Elder Scrolls: Arena. Chiunque abbia provato ad avventurarsi nelle terre di Tamirel, sarà rimasto più volte affascinato dai vasti e fantasiosi paesaggi che costituiscono l’universo di gioco, protagonisti assoluti di questo titolo, oltre all’avvincente narrazione e gameplay. Gli scenari ricostruiti ad arte dagli sviluppatori celano una caratteristica peculiare:  non era mai esistito un gioco con un campo di visione talmente ampio da permettere ai giocatori di percepire elementi grafici a una distanza così grande. La possibilità di potersi orientare in un mondo così vasto tra immense costruzioni medioevali come castelli, roccaforti, e villaggi, è uno dei motivi per la quale il prodotto Bethesda Softworks è tanto conosciuto e apprezzato.

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Durante la nostra avventura saremo in grado di riconoscere la nostra meta a chilometri e chilometri di distanza, osservando costruzioni e roccaforti che compaiono all’orizzonte. Non abbiamo una profondità di campo, in quanto gli elementi sullo sfondo avranno una risoluzione più bassa e appariranno meno nitidi e sfocati, così come avverrebbe nelle realtà qualora fossimo intenti nell’osservazione di un oggetto molto vicino e in primo piano. Per ottenere l’effetto di profondità è necessario in ogni caso renderizzare gli elementi del paesaggio due volte, a bassa risoluzione per quando saranno distanti rispetto alla nostra posizione, e completamente a fuoco per quando saremo più vicini. Entrambe le versioni potranno successivamente essere unite su un medesimo piano. Se fosse eseguito il render di una scena molto lontana assieme agli elementi in primo piano, cominceremmo a notare sullo schermo diversi oggetti che sfarfallano in prossimità del nostro campo di visione.

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Nella foto possiamo osservare nelle zone rosse tutto ciò che è considerato come elementi in primo piano. La domanda che sorge spontanea a questo punto è: come tutto ciò può essere collegato all’Oculus Rift? Per poter adattare Elder Scrolls : Oblivion alla visione stereoscopia si potrebbe pensare che debba essere necessario renderizzare due volte per occhio ogni sequenza. Il processo di adattamento diverrebbe però un lavoro di proporzioni esagerate, difficilmente realizzabile. Fortunatamente non è così.

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Quando gli elementi sono distanti da noi centinaia di metri, il nostro sguardo non noterà nessuna differenza in ciò che osserva anche se la scena fosse rielaborata una volta per ogni occhio. Sarà quindi possibile utilizzare lo stesso rendering per ogni lente senza che nessuno se ne accorga. In sintesi sono necessarie esclusivamente tre fasi di rendering, una per lo sfondo e due diverse per ogni occhio per gli elementi in primo piano. Nella figura possiamo osservare come le texture delle montagne e del cielo siano uguali e sullo stesso livello in entrambe le proiezioni del visore, mentre tutto ciò che è in primo piano è stato renderizzato due volte (zona blu per l’occhio destro e zona rossa per l’occhio sinistro). Una soluzione importante che incoraggia uno sviluppo più dinamico nell’adattamento di titoli compatibili con Oculus Rift

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Stefano Di Segni