The Town of Light: intervista a Luca Dalcò

Qualche articolo fa vi abbiamo parlato di The Town of Light, indie italiano in via di sviluppo per Oculus Rift che si ambienterà nell’ex manicomio di Volterra e che farà vivere ai giocatori le sensazioni di disagio esistenziale, angoscia e terrore provate dagli internati di questo ospedale psichiatrico dalla storia oscura.


the town of light volterra

Noi di Oculus Rift Italia abbiamo intervistato per voi Luca Dalcò di LKA.it, direttore di progetto di The Town of Light, che ci ha parlato del gioco, della sua genesi, e di Oculus Rift.

Ciao Luca, e grazie per aver accettato l’intervista. Innanzitutto vogliamo chiederti: come vi è venuta l’idea di realizzare The Town of Light?

L’idea nasce per caso: non conoscevo l’esistenza dell’ Ospedale Psichiatrico di Volterra, e quando l’ho scoperto la curiosità di andarlo a visitare è stata fortissima. Sono salito in macchina ed in un paio d’ore ero li… Entrare in quei posti è stata una sensazione speciale ed ho subito pensato che sarebbe stato fantastico riuscire a comunicare quelle sensazioni in un videogame. Mi sono messo poi a studiare cosa realmente è stata l’istituzione manicomiale in Italia, ho scoperto un mondo incredibile di orrore, sopruso e sofferenza e ho deciso di avviare questo progetto, ancora solo, ancora senza un nome… era marzo del 2012. Poi piano piano si è formata la squadra grazie a cui il progetto sta diventando una realtà:  Alessio, Arianna, Francesco e Lorenzo che insieme a me stanno mettendo l’anima in quest’avventura… non li ringrazierò mai abbastanza!

È stato difficile ottenere i permessi per fare sopralluoghi nell’ex manicomio e recuperare la documentazione a cui attingete?

C’è voluto un po di tempo, piano piano vieni a contatto con le persone giuste e tutto viene da sé. Ho trovato persone disponibilissime e sinceramente interessate all’uso di nuovi linguaggi di comunicazione, ma c’è stato anche chi al sentire nominare “videogame” ha alzato qualche muro…

Parliamo appunto del videogame, e nello specifico del suo gameplay. Dal trailer ricorda vagamente le meccaniche di Amnesia: The Dark Descent…

Dobbiamo esplorare gli ambienti per cercare di riportare alla luce la storia della protagonista e cercare di ricomporne la personalità. Esplorazione ed interazione con gli ambienti sono gli ingredienti essenziali del gameplay. La storyline principale avanzerà in modo lineare accostata da altre esperienze parallele; l’esplorazione sarà sempre molto libera, niente livelli o percorsi guidati insomma! Gli elementi che via via scopriremo saranno contenuti in una sorta di inventario mnemonico che prenderà forma nel corso del gioco anche grazie al nostro intervento, e che ci permetterà di raggiungere un certo livello di coscienza che determinerà il finale del gioco.

Quello che molti si sono chiesti vedendo le atmosfere cupe emerse dal trailer è: The Town of Light sarà un survival horror?

Niente fucili a pompa, coltellacci e visori notturni, anche se a qualcosa dovremo comunque cercare di sopravvivere… a noi stessi! Le modalità però non sono convenzionali, riusciremo a sopravvivere nella misura in cui riusciremo a capire cosa succede nella nostra mente.

Da ciò che dici, viene da pensare a un misto tra Silent Hill 2 e Anna. A questo proposito, ci puoi dire quali sono state le vostre ispirazioni per sviluppare The Town of Light?

La prima e principale ispirazione è stata ovviamente fornita dal posto stesso, dall’inquietudine e l’angoscia che sprigiona. Poi di conseguenza la sua storia e la storia, più in generale, dell’istituzione manicomiale. Ho letto moltissimi libri sulla materia, ne cito due particolarmente significativi: “Per le antiche scale” di Mario Tobino, e “Invito al manicomio” di Irene Lizza. Per i film: “La casa dei matti” di Konchalovsky e “C’era una volta la città dei matti” di Marco Turco.

Parliamo ora dell’argomento chiave, uno dei tanti punti di forza del gioco: Oculus Rift. Cosa aggiunge Oculus Rift all’esperienza di gioco?

Quando metti l’Oculus è come essere teletrasportati in quei posti. L’angoscia ti entra nel sangue, l’inquietudine ti avvolge…

Com’è stato approcciarsi ad un tool di sviluppo così nuovo come Oculus Rift?

Emozionante! Come tanti appassionati di realtà virtuale, aspettavo un tool del genere da una vita, da quando ci fecero vedere che si poteva fare, ma poi per anni, anni e ancora anni sono rimaste tecnologie fuori portata per costi e scarsa diffusione. Finalmente abbiamo uno strumento immersivo a basso costo (non quelle porcherie di occhialetti strobo e simili), immersivo al punto da creare a diverse molte persone problemi di adattamento, tanto è forte l’inganno sensoriale che si vive… favoloso! Speriamo solo che riescano a fare un salto in avanti con la risoluzione al più presto.

Il gioco funzionerà anche senza visore, su schermi tradizionali?

Sì. Il titolo è stato sviluppato inizialmente per monitor, l’Oculus è arrivato in un secondo momento. Stiamo però impiegando massimi sforzi per implementare la versione Oculus al meglio perché per noi da un grandissimo valore aggiunto.

Avete un ETA per l’uscita del gioco? E come pensate di muovervi dal punto di vista della promozione, distribuzione eccetera?

Prevediamo una demo per fine anno (attualmente stiamo per entrare in beta). La demo permetterà di giocare liberamente la prima parte della storia e di visitare una parte degli ambienti del padiglione Charcot. Abbiamo pensato che il miglior modo di promuovere il prodotto sia di farlo provare. La release per fine 2014. Per la pubblicazione abbiamo deciso di non rivolgerci ad un publisher perché vogliamo mantenere assoluta libertà e controllo, abbiamo la possibilità di autofinanziare il progetto e quindi preferiamo tentare la strada di Greenlight. Il vero problema è la promozione, che dobbiamo portare avanti con le nostre sole forze. Quando siamo usciti dalla fase riservata di sviluppo ero molto preoccupato a riguardo, ma dopo un mesetto siamo tutti molto soddisfatti di come stanno andando le cose e dell’interesse che si sta muovendo attorno a The Town of Light: grazie a portali come il vostro stiamo infatti rapidamente crescendo in termini di visibilità. Noi ce la mettiamo tutta, forse anche qualcosa di più!

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