Non ridarà la vista ai ciechi (per ora), ma sembra che Oculus Rift possa seriamente avere effetti benefici riguardo alcuni peculiari disturbi visivi. Questo, almeno, a giudicare dalla storia personale di Bobby Blackwolf, giornalista videoludico e conduttore del programma radiofonico “The Bobby Blackwolf Show”, raccontata in un lungo post su VOGnetwork.
Blackwolf ha sofferto di ambliopia da bambino ed è stato operato agli occhi all’età di 18 anni: pur avendo corretto in parte il suo problema, l’intervento ha ridotto notevolmente la capacità dell’uomo di vedere la profondità delle immagini tridimensionali (il disturbo è definito stereoblindness in inglese). Questo vuol dire che, pur soffrendo problemi relativamente trascurabili nella vita di ogni giorno, il protagonista della vicenda non reagisce in alcun modo al cinema in 3D, come a tutte le esperienze simili (sebbene lo scorso anno sia emerso il caso di un uomo “curato” da questo problema proprio da un film in 3D).
Blackwolf si era avvicinato con curiosità al Nintendo 3DS, solo per scoprire di non reagire nemmeno a quel tipo di visione; con un po’ di impegno, tuttavia, aveva realizzato di riuscire a percepire la profondità tenendo il display della console a certe distanza ed angolazione (anche il 3DS è emerso come dotato di proprietà taumaturgiche, come nel caso di George Kokoris di Rare).
Con Oculus Rift, tuttavia, Blackwolf ha notato di poter percepire ben più solidamente la profondità , in particolare nel caso di visuali con ampia parallasse: “Credo di avere speso circa dieci minuti a fissare queste candele”, spiega l’uomo, “potevo effettivamente avvertire il volume di spazio tra le candele ed il muro. Si allungavano verso di me come se potessi toccarle. Potrei camminare verso queste stesse candele nella realtà e non avere la stessa reazione. Posso avere quella reazione SOLO nella Realtà Virtuale.”
Bobby cerca di spiegare questo effetto con il fatto che le lenti di Oculus Rift lo costringono (come avviene, in misura minore, con lo schermo del 3DS) a tenere lo sguardo fisso dinanzi a sé, mettendolo in asse più correttamente di quanto avvenga in altri casi, e prospettando una ipotetica strada di ricerca nella quale il visore possa risultare un ausilio nel correggere il problema. Ma non solo.
Facendo riferimento a questa immagine, relativa ad una delle possibili conformazioni che Oculus Rift potrebbe assumere nella versione commerciale, insieme alla ipotetica presenza di una telecamera 3d (che mostri, all’occorrenza, a chi indossa il visore lo spazio all’esterno di esso) ed un sistema di tracking delle pupille, l’uomo prospetta una interessante possibilità : potrebbe vedere lo spazio intorno a sé esattamente come lo vede una persona che percepisce normalmente la profondità . Come guardare delle foto scattate appositamente sul Nintendo 3DS, ma in tempo reale.
Per quanto improbabile, si tratta di una prospettiva notevole, che ricorda ancora una volta quanto possano essere ampie ed importanti le applicazioni di una tecnologia rivoluzionaria.
(immagini tratte da vognetwork.com e bobbyblackwolf.com)