Se esiste un popolo che ha un’insana passione per la tecnologia sono i giapponesi. Sovente capita poi che questo amore si sposi con l’arte dell’illustrazione e allora vengono fuori prodotti come Sword Art Online. La realtà virtuale è un tema molto sentito nella terra del Sol Levante, non è un caso che il più grande fallimento in questo senso (e probabilmente il più grande fallimento del settore dell’intrattenimento interattivo) sia il Virtual Boy della Nintendo nel 1995. I tempi probabilmente non erano maturi all’epoca, ma ora, le cose sono diverse: Oculus Rift sta dimostrando che la tecnologia è finalmente all’altezza e il fiorire di produzioni narrative sul tema dimostra che il contesto culturale è pronto.
Sword Art Online sfrutta un contesto socio culturale ben preciso, per raccontare paure e titubanze dietro il fenomeno della realtà virtuale. Nata come una light novel (racconto illustrato per ragazzi), trasformato poi in un manga e un anime di successo, SAO (per i fan) racconta le avventure di un ragazzo che rimane intrappolato all’interno di un MMORPG basato appunto sulla realtà virtuale. Al di la delle lotte intestine (quasi scontate) tra i fan dell’opera originale e i due derivati, è interessante sottolineare come questa opera si differenzi da tutte le altre analoghe, vedi Accel World dello stesso autore, per il pathos e la drammaticità di alcuni momenti. Non sono pochi gli anime e i manga che parlano di connessioni neurali, combattimenti contro mastodontici e mostruosi nemici, ma era dai tempi di Neon Genesis Evangelion (con tutte le dovute dissimilitudini del caso) che tutti questi elementi non venivano mescolati con tanta maestria narrativa.
Fantasia e realtà si incontrano, e il futuristico device che viene usato dagli eroi digitale per muoversi in questo mondo non è poi troppo diverso da Oculus Rift. La differenza sostanziale è la tecnologia sulla quale è basato: il casco, chiamato NerveGear (successivamente nella serie ne vengono mostrati altri modelli) copre interamente la testa e la faccia del giocatore, e ne controlla completamente la coscienza reindirizzando i segnali che il cervello spedisce al corpo e trasmettendone di propri per stimolare i cinque sensi.
I protagonisti sono i soliti, giovani e carini, personaggi dei manga per ragazzi ma le ambientazioni fantastiche, tipiche dei più classici MMORPG, danno un forte contributo per creare un certo senso di familiarità nello spettatore. Chiunque abbia mai giocato ad un World of Warcraft a caso, si sentirà completamente compenetrato nel personaggio di Kirito, beta tester nella vita, eroe in Sword Art Online. La particolarità dell’anime è infatti quella di essere ambientato nella finzione di un mondo virtuale, ma le emozioni e i rapporti che si vengono a creare tra i personaggi umani che si muovono al loro interno sono concreti e significativi. In un mondo virtuale in cui il logout non è previsto e la morte interattiva corrisponde ad una morte fisica del giocatore l’unica soluzione è terminare il gioco, ed è questo l’unico obiettivo del protagonista e dei suoi compagni di viaggio.
Un meccanismo narrativo, questo del “se non completi il gioco non ne esci vivo” che ha sempre funzionato alla grande e che ha permesso a noi spettatori di combattere i leoni in Jumanji, evitare i missili russi in Wargames, e che, in questo caso, ci aiuterà a combattere al fianco di Kirito per salvare la bella Asuna.
I diritti per la serie sono stati attualmente acquistati da Dynit, e la trasmissione dell’anime in Italia è prevista per gennaio 2014, nello spazio Anime Morning di Rai 4. Nel frattempo, se volete vivere un’avventura molto simile a quella proposta da questo anime, tutto quello che vi serve è un Oculus Rift e uno dei tanti MMORPG in commercio, con cui cominciare a sperimentare l’integrazione. Su YouTube trovate tantissimi esperimenti in questo senso, e ve ne proponiamo uno sul sopracitato World of Warcraft:
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