Recensione The Mooseman

Perm’ è una città della Russia europea orientale, capoluogo del territorio di Perm’, al giorno d’oggi al centro di un grande distretto amministrativo, industriale, scientifico e culturale. È anche il posto dove sviluppa il piccolo team Morteshka (unione delle parole “mort”, morte in francese e di “matreshka”, matrioska, in russo). Una squadra di due persone, Vladimir Beletsky (codice, lato artistico) e Mikhail Shvachko (musiche, effetti sonori), che ha visto nella propria terra lo spunto per dar vita al primo titolo, The Mooseman. Scelte artistiche di livello elevato e una narrativa convincente riportano il giocatore indietro fino al dodicesimo secolo, facendogli conoscere un mondo legato alle decorazioni del cosiddetto Perm Animal Style, antiche raffigurazioni animali in bronzo. Un viaggio in cui farsi trasportare da suoni e immagini, chiudendosi momentaneamente dal mondo esterno.

Ovviamente lo spunto storico non può non essere fondamentale per cominciare il tutto. Lo stile si lega indissolubilmente a quelle raffigurazioni di animali tenute nel museo regionale di Perm Krai. I due sviluppatori si sono documentati, andando a ricostruire il mito del Perm Animal Style che era andato perso nel tempo, basandosi sulla cultura delle popolazioni komi, sami e mansi. Il tutto sintetizzandolo, a livello narrativo, in un mito legato al sole attraverso il viaggio del Mooseman, un mezzo dio/mezzo umano. E l’idea di viaggio è proprio il punto forte del titolo: lo sviluppo narrativo e le meccaniche di gioco (di cui parleremo più avanti) si sposano perfettamente con l’idea del cammino, di un percorso da seguire. Ancor più, in parte, di un’altra opera, Journey, il quale pone la parola viaggio proprio all’interno del titolo. Andando avanti nella vostra strada troverete degli idoli che, oltre a fungere da checkpoint, vi sbloccheranno degli scritti che vi parleranno della storia, facendovi conoscere le sfaccettature di questo pellegrinaggio, tra il mondo di sotto, quello di sopra e quello di mezzo.

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The Mooseman è un’esperienza che vi migliora dentro, assolutamente risucita.

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Perché il leggere e il far conoscere questa storia al giocatore sono sicuramente tra gli obiettivi che si sono posti i due di Morteshka, andandolo a sottolineare ancora di più scegliendo la voce narrante in Komi-Permian, lingua uralica, e lasciando le scritte in alfabeto cirillico (con ovviamente la traduzione, che ahinoi non vede però l’italiano). Il tutto per immergere il giocatore ancora di più all’interno del mito di Perm’, e la soluzione ci è sembrata in linea con il cuore vitale del titolo. Per certi versi, ricorda il viaggio di Nuna e la sua amica volpe artica attraverso il racconto “Kunuuksaayuka” della tradizione Iñupiat, popolo nativo dell’Alaska, in Never Alone. Solo che in The Mooseman c’è l’idea che la ricerca artistica e il tutto sia maggiormente riuscito. Perché The Mooseman è un esperienza che vi migliora dentro, assolutamente riuscita.

Simboli, artefatti, strane creature: il cuore pulsante di The Mooseman.

Ma in tutto ciò quindi, come si gioca a The Mooseman? Il titolo di Morteshka è un’avventura con frangenti da puzzle game che non disdegna qualche momento (raro) con più azione. Non è il titolo per chi cerca movimento costante, velocità e cadaveri. E’ un opera riflessiva, in cui il camminare supera il combattere, il leggere supera la skill, ma che, come detto prima, è in perfetta sintonia con l’idea di fondo. Camminerete con il vostro protagonista in un mondo in due dimensioni, e dove il camminare è così fondante che potrete anche scegliere (con il doppio click della croce direzionale) di andare avanti automaticamente, guardando come si sviluppa lo sfondo sotto i vostri occhi. Alcune aperture, a livello registico, saranno così forti a livello visivo da farvi pensare che i soldi appena spesi siano stati ampiamente giustificati da qualche attimo di meraviglia. Il tutto accompagnato da scelte musicale che raggiungono vette elevatissime, con i cori della Student Choir of Perm Krai College of Arts e Colture da far venire, scontato dirlo, ma in questo caso dovuto, i brividi.

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L’azione non è molta, e la difficoltà non è elevata, ma lo scopo è ben altro.

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Avrete la possibilità, fin dall’inizio del gioco, di cambiare tra due mondi (quello di sopra e quello di sotto) schiacciando il tasto X (versione provata quella PlayStation 4), che presenteranno diversità tra di loro (un po’ come succede in Guacamelee). Mettendovi una particolare maschera in testa, infatti, compariranno figure e personaggi colorati di bianco prima non visibili, che vi permetteranno di andare avanti nel vostro cammino o, al contrario, ostruiranno la strada, facendovi quindi rispingere X per togliervi la maschera. Più avanti nel gioco sbloccherete anche un’abilità con il bastone che servirà ad allontanare alcuni mostri, per dare più dinamicità al gameplay. Sono presenti anche delle piccole boss fight, che si risolvono però più come rompicapi che come vere e proprie battaglie. Come detto prima, l’azione non sarà molta (ci sono alcuni brevi frangenti in cui usare l’arco), e la difficoltà non è elevata, ma lo scopo è ben altro. Nascosti, troverete anche dei segreti raffiguranti gli artefatti degli animali: una volta trovati, sbloccherete la descrizione degli stessi.

A volte, l’immagine statica non basta per descriverne la bellezza…

Il titolo, c’è da dirlo, è molto breve. Potrete completarlo nel giro di 1 ora e mezza due ore. La ricerca di tutti gli artefatti può però, lievemente, aumentarne la durata. Difficilmente (uno o due casi) potreste trovarvi bloccati, e comunque per poco. Ma le intenzioni degli sviluppatori non sono certo queste. E la questione pone un problema: la brevità di un titolo può giustificarne l’acquisto? (anche solo a prezzo budget, 7.99, su PS4). La nostra risposta è: assolutamente si. Se un opera, anche solo per brevi attimi, riesce a dare una scarica di emozioni che giochi da 100 e passa ore spesso non riescono ad avvicinarsi neanche lontanamente, allora bisogna consigliarne l’acquisto, e bisogna valutarlo come titolo di valore, reale.

In conclusione, quindi, The Mooseman è un gioco assolutamente consigliato a chi vuole un momento di riflessione fatto di immagini e suoni prima ancora che di velocità e frenesia. Un’opera riuscitissima che racconta miti di terre lontane che riescono a risvegliare ricordi ancestrali tenuti nascosti da qualche parte della propria testa. Sconsigliato a chi si annoia anche solo a camminare (e non correre) all’interno di un videogioco.