Dopo l’acclamato Limbo, Playdead ha ampliato i suoi sforzi per produrre una nuova e più grande storia. Sono riusciti ancora una volta a narrare una vicenda senza utilizzare una sola lettera o un singolo dialogo, ma tramite l’uso di ambientazioni che lasciano molto spazio all’immaginazione. Come il suo predecessore, Inside è capace di sorprendere e tenere con il fiato sospeso, grazie ad un forte senso di perenne pericolo. Noi lo abbiamo provato per Nintendo Switch, ed ecco cosa ne pensiamo.

Il nostro piccolo eroe, privo di nome ed identità, inizia un viaggio all’interno di quella che pare essere la base di un organizzazione che mira a controllare la mente di tutte le persone del mondo. Non ci sono personaggi, oltre il protagonista, che non facciano parte di questa società, il cui preciso intento rimane celato e mai confermato. Noi però abbiamo notato che, all’infuori dell’immensa struttura, non c’è segno di vita: infatti ogni area prima di quest’ultima è apparentemente abbandonata, ad indicare che un qualche tipo di crisi mondiale è ormai alle porte. La narrazione minimale lascia molto spazio alla fantasia, senza un presentatore che accompagna vicende, dialoghi o una trama definita, e attribuisce agli eventi e a ciò che il giocatore vede il compito di rendere un quadro complessivo della storia. Non è chiaro cosa porti il ragazzino a giungere ad un finale tanto cupo, ma il susseguirsi di pericoli e disastri fanno in modo che ogni utente capisca cosa stia accadendo in quel preciso capitolo. La mancanza di un evidente filone narrativo libera la nostra immaginazione, portandoci a presupporre cosa succederà da un momento all’altro. Un piccolo semplice difetto può essere riconosciuto nella longevità dell’esperienza, che percepiremo presto come moderatamente corta. In meno di tre ore è possibile completare la storia, ma i più lenti a risolvere le sfide proposte da Inside potrebbero impiegarci più tempo. Sicuramente non c’è da preoccuparsi, perché terminata l’avventura principale si può rigiocare i vari capitoli per cercare dei nuclei collezionabili e disattivarli. Questi, sotto forma di curiose sfere connesse a dei fili, sono posizionati nei posti più nascosti della mappa e, dopo averli trovati tutti, si sbloccherà il finale alternativo. Questo, secondo alcuni, va a spiegare la vera natura degli eventi e dell’organizzazione stessa.

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La mancanza di un definito filone narrativo libera la nostra fantasia, portandoci a presupporre cosa succederà da un momento all’altro

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Si tratta principalmente di un platform con elementi puzzle e stealth. I rompicapo non ci hanno messo alle strette, ma anzi ci hanno spronato ad approfondire le meccaniche per capire cosa potevamo fare e cosa no. Parliamo di enigmi semplici e dalla breve durata, che non risultano mai troppo noiosi o complessi l’uno rispetto l’altro. Il nostro ragazzino dovrà avanzare nelle diverse strutture e spesso sarà chiamato a lottare contro maiali feroci e cani rabbiosi. L’unica difesa contro i vari pericoli è la capacità di reagire velocemente e di sfruttare la situazione a proprio vantaggio, ad esempio soggiogando i nemici. Sin dai primi minuti l’opera ci abitua a rimanere vigili e pronti a muoverci in brevissimo tempo: i rischi sono in agguato dietro ogni angolo e possiamo trovarci in circostanze difficili molto facilmente. In caso falliate, nessun problema, perché potete ricominciare poco prima della vostra sconfitta. Le uniche creature che ci saranno utili nel corso della storia sono proprio gli umani su cui vengono fatti dei curiosi esperimenti, che li hanno trasformati in esseri simili a marionette, portandoli a muoversi e reagire quasi come degli zombie. Questi potranno essere controllati con l’uso di un casco con cui il protagonista può “collegarsi” alle persone, così come accade in Oddworld: Abe’s Odyssey. In questo modo può far sì che gli uomini lo spostino da una piattaforma ad un’altra o che lo aiutino a saltare più in alto. Questa meccanica, però, poteva essere sfruttata meglio, per permettere agli utenti un controllo maggiore di più soggetti. Magari si potevano ideare rompicapi ancora più complessi, capaci di rubare anche più tempo per essere completati.

La mancanza di una colonna sonora ci ha spinto a riflettere molto, dal momento che in Inside è quasi del tutto assente: ci sono delle musiche quasi impercettibili ed effetti che si riproducono nei vari colpi di scena, ma forse un qualche brano o anche un tema principale avrebbero potuto dare maggiore risalto alle numerose vicende all’interno del titolo. Per fare un esempio, possiamo immaginare un sottofondo più triste in fasi dove è evidente la follia dell’organizzazione, oppure uno più raccapricciante in altre dove siamo tenuti a fronteggiare un pericolo. Una volta completato, la prima domanda che ci siamo posti è stata: i ragazzi di Playdead potevano fare di più? La risposta è si, ma non molto. Avevano la possibilità di approfondire ulteriormente le meccaniche da puzzle e stealth game, per renderlo leggermente più complesso. Poco perché, già così com’è, può richiedere del tempo agli utenti meno attenti.

Tutto sommato, Inside è una di quelle esperienze che non si possono dimenticare facilmente. Pieno di colpi di scena, immagini forti e tristemente inquietanti, è capace di regalare ai giocatori sensazioni uniche, tra lo sconforto, la necessità di scoprire e un’ansia quasi perenne. I colori, gli effetti sonori improvvisi, le luci e le ambientazioni riescono ad entrare nel cuore di chi prende in mano Nintendo Switch e prova questo capolavoro per la prima volta. Quest’opera ci ha stupiti come poche altre sono riuscite a fare e speriamo che in futuro potremo mettere le mani su qualcosa di inedito, sempre prodotto dallo studio di Playdead. Inside è riuscito nel riproporre i pregi di Limbo in un contesto completamente diverso. Se non lo avete ancora giocato, su Nintendo Switch potrebbe essere la vostra occasione, perché è disponibile da oggi all’acquisto sul Nintendo eShop. Intanto, se siete interessati al suo predecessore spirituale, potete leggere la nostra recensione di Limbo qui.