1987 – “Capelli bruni. Occhi Cupi. La spada in mano. Un predone. Un saccheggiatore venuto a calpestare sotto i suoi sandali i troni di ogni terra…” E’ ancora una volta il celeberrimo Conan di Robert Erwin Howard a celarsi dietro la creazione di uno degli Arcade Heroes più amati di tutti gli anni ’80. Nato barbaro e divenuto re delle terre di Maranna sopravvivendo a migliaia di battaglie e altrettante avventure, Rastan non si limitò tuttavia ad essere la mera controfigura pixellosa del mattatore della letteratura Heroic Fantasy, ma ne rappresento di fatto la più riuscita incarnazione videoludica.
Approdato nelle sale giochi di tutto il mondo nel 1987 in sella ad un massiccio Coin-Op marchiato Taito questo granitico straniero dal fisico imponente salutava i giocatori dell’epoca dall’alto del suo trono, prodigandosi poi in un preambolo atto a conferire all’intero gioco i connotati del racconto epico: memorie di un ex-vagabondo, assurto al rango di sovrano facendo appello solo alle proprie forze e all’acciaio della sua lama. Nel corso dei minuti successivi, la storia degli hack ‘n slash sarebbe quindi cambiata inesorabilmente e per sempre.
Per un appassionato del genere in questione, mettere le mani su un Code tanto ispirato significava di fatti imbattersi in tutto cio che si potesse desiderare: vestire i panni di un eroe carismatico, solcare panorami degni delle Terre Hyboriane, avvalersi di numerose armi per annichilire orde di avversari e, soprattutto, lasciarsi guidare la mano da un gameplay solido come nuda roccia che, miscelando i succitati schemi da action game a calzanti reminiscenze platform, avrebbe chiuso il cerchio su una produzione tanto spettacolare quanto bilanciata.
Opera maxima a tutto tondo, nonché mirabile esempio di arte grafica a là bitmap, Rastan sarebbe ovviamente assurto ai massimi vertici dell’industria dei videogame, il che gli favorì presto il diritto ad una pronta discendenza.Come accade di sovente in casi del genere, nessuno dei suoi due eredi diretti riuscì però ad eguagliarne lo splendore: gli effetti collaterali della perfezione, dirà qualcuno.