Chakan: The Forever Man

1992 – Con quei luccicanti occhi ben piantati nel cranio, la grinzosa pelle a stampargli sul viso un ghigno sardonico e il cappello color notte a gettare una tetra ombra sulla sua figura, il putrescente Chakan sarebbe stato il soggetto ideale di una copertina dei Maiden –semplicemente micidiale, in effetti, la sua somiglianza col mitico Eddie.

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Elegante, ben modellato e animato con una certa cura, lo sprite di Chakan trasudava charme da ogni singolo pixel.

Spiaccicato sulla cover di un action-game di foggia Megadrive, l’arcigno cavaliere nero creato dal fumettista Robert A. Kraus pareva invece ostentare toni provocatori: una vera e prorpia sfida ad uno star system videoludico che voleva solanto eroi baldanzosi, dal ciuffo birbante e il viso d’angelo. Ben ancorato ai classici capisaldi che rendono solido ed avvincente un hack ‘n slash, The Forever Man viveva del carisma del suo atipico protagonista e in quanto tale ne rifletteva il particolare look in ogni singolo aspetto: lungo la via che l’avrebbe condotto a fronteggiare nient’altro che la morte stessa, questi avrebbe pertanto solcato panorami dai tratti oscuri, lasciando alle proprie sciabole – e a una pletora di altre armi da taglio –  il compito di svuotarli aberrazioni che le affollavano.

Accolto con un certo interesse da stampa e giocatori dell’epoca, Chakan venne encomiato non solo per la reattività del suo gameplay o per la semplice efficacia dei suoi comparti visivo e sonoro, ma anche per il level design che lo caratterizzava: a quanto pare, non troppi titoli del tempo sapevano amalgamare sequenze di combattimento a segmenti platform con la medesima armonia. Come alcuni non mancheranno di ricordare, dette qualità favorirono al progetto una certa visibilità, che si tramutò ben presto nell’attesa di un seguito. Per motivi mai del tutto chiariti, Sega avrebbe tuttavia rimandato questa eventualità diverse volte, e  più nel dettaglio fino al 1999, anno in cui i portavoce della compagnia annunciarono l’avvio dei lavori su un promettente reboot poligonale da destinare al Dreamcast.

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Affidato alle cure degli And Now Studios di Ed Annunziata, il reboot Dreamcastiano di Chakan presentava diverse analogie strutturali con le serie di Soul Reaver e Blood Omen.

Curata dallo stesso produttore dell’originale, la versione beta del gioco venne mostrata più volte nell’ambito di varie kermesse mediatiche, per poi sparire da ogni catalogo agli inizi del 2001. Ancora una volta, il vecchio Chakan si vide dunque negare un erede e il fatto che buona parte del codice del gioco sia stata prima venduto alla Crystal Dynamics e quini riutilizzata nell’ambito di un titolo valido come Blood Omen 2 (2002 – PS2 / Xbox / Cube) contribuisce senz’altro ad alimentare la stizza di avrebbe vissuto volentieri una nuova avventura al fianco del nero cavaliere.

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Le sciabole di Chakan sarebbero state foriere di evoluzioni molto spettacolari. Nel corso del suo viaggio, questi avrebbe tuttavia potuto utilizzare anche altre armi, quali martelli da guerra, falci e spadoni.

Per come la vedo, il reiterato fallimento di ogni iniziativa volta alla serializzazione del brand, ha in realtà finito col recargli grande beneficio: se l’ipotetico Chakan 2 a 16Bit fosse stato mediocre o se il suo eventuale revival poligonale avesse fatto un buco nell’acqua, oggi non staremmo probabilmente qui a parlarne col tipico tono che si conviene ad un opera di culto. E questo è un privilegio che vale molto più di qualsiasi sequel.

Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.